giovedì 7 marzo 2024

Confondere .

Il cxxxo per un farmaco .
Il cxxxo per un farmaco .

Finiamo di farlo. Forse ti è piaciuto, o almeno credo. 

Ti rilassi, come una gatta che ha appena mangiato a sazietà, ti lasci andare alle coccole, con un musino da bimba mi dici “mi fai stare bene”. 

Da una parte, ieri, ne vedo il lato positivo, bello, romantico della cosa; dall’altra, oggi, riguardandolo, mi rendo conto del pericolo di questa affermazione. Lo stare assieme ti permette di tranquillizzarti, di calmare l’ansia, di frenare le idee, di rilassarti, come se fosse/i un tranquillante, un rassicurante, come se fossi un farmaco che ti allevia l’esistenza. 


 

giovedì 29 febbraio 2024

Giorno bisesto .

Giornata buona.


Mattina, devo andare al corso di catalano, sono stanco e non vorrei recarvi. Ogni cazzo di giorno è un problema alzarsi dal letto, ma qualcosa oggi cambia. Una di queste è nel prima di uscire, mi concedo un po di televisione, vedere cosa passa per il mondo prima di buttarmici. 
Ritardo l’uscita da casa. 
Mentre chiudo la porta di casa, sento per la tromba delle scale un suono familiare di portone in chiusura, seguito da un latrare di cane dalla taglia piccola, credo di sapere chi sia. Vado per la mia strada. Una curiosità mi prende, mi piacerebbe vederLa, sapere come sta. 
La incrocio con la vista sulla rambla, mentre mette fretta a Nuka per i suoi bisogni, sa che sto uscendo e non vuole incrociarmi. Mi rendo conto di questo particolare e mi dico “So che lei non sa che Io so un particolare e cioè on disturbarla”. 
Rallento, non attraverso la strada, non mi innesto la sua stessa traiettoria; ne prendo una differente, più larga, come se volessi prendere tempo sul da farsi.
Non voglio dare molto nell’occhio, mi calo la visiera del berretto sul volto e prendo le distanze, la studio. Entrambi abbiamo la spazzatura da conferire, lei è davanti a Me e si dirige allo stesso gruppo di cassonetti. 
Qualcosa dentro si muove, ma perché devo incontrarla per forza? Ho un altro gruppo di cassonetti dove buttare il cartone? Si, nella via de la Creu. Prendere tempo e distanza mi ha aiutato, attraverso la strada e cambio direzione. Di questa stronza e miserabile non voglio avere più niente a che fare, mi comincia a fare schifo.
Questo livello di considerazione nasce dalla chiamata telefonica di ieri con mia madre. Erano settimane che volevo uscire a camminare per i fatti miei e ci son riuscito. So che mi piace parlare e mi dico “chiamo mamma”. Mi risponde e riusciamo a parlare, no da figlio a madre, ma da uomo a donna e finalmente mia madre mi da un consiglio “Te lo dico da donna, quella ti vedeva come una scopata per riprendersi”. “Mà , a me sta cosa fa schifo, è da miserabili, perché io da uomo ho messo tutte le cose che potevo in chiaro, che a me queste cose in questo periodo difficile non mi vanno e per di più che lasciandoci ci dovevamo sedere da persone adulte per lasciarci”. “Lo so Fabio, sono come cose che ti fanno male e poi si convertono in vagoni che si portano dietro”. Mi si illumina un punto luce nella nebbia. 
Il punto luce mi si riattiva oggi guardando il treno passare. Perchè caricare un altro vagone di miseria alla mia vita? Cambio strada ed almeno questo vagone di miseria me lo evito di incrociarla per la strada.
La giornata continua, a lezione c’è lo studio delle “queixes i reclamacions”. L’occhio mi cade sulla frase “Aquest silenci genera molta rabia” mi dimentico del successivo “perquè”, non devo dare specificazioni, ora non più. Scritto e descritto il meccanismo della mia vita che mi ha portato ad intossicarmi di rabbia. Rossana, Loli, Valentina, Alessandra, fino a mia madre, persone che si sono chiuse nel loro silenzio, lasciandomi abbandonato come un cane e mettendo in moto la mia rabbia. A 44 anni prossimi forse ho trovato una pista saltata del mio cervello.