lunedì 27 febbraio 2012

La tavola svuotata .


Ed una casa ghiacciata .

C'era una volta una sala da pranzo, dove un uomo ed una donna si sedevano a tavola per mangiare assieme. Il tavolo ben apparecchiato e pieno di vivande, calda la stanza, risate, gioia e calore umano accompagnavano i commensali .
Un giorno l'uomo si sedette al desco assieme alla sua compagna e pranzarono. Ma qualcosa non gli quadrò, invece del solito antipasto, primo, secondo, frutta e dolce, la compagna portò in tavola solo una misera minestrina appena scaldata. L'uomo rimase sorpreso e gli chiese cosa era successo, ma lei non rispose. Il Silenzio varcò la soglia e si sedette al tavolo, facendogli compagnia per tutta la durata del pasto.
Il giorno seguente l'uomo si aspettava di rifarsi una volta seduto a tavola, aveva un po di fame e di certo la sua amata l'avrebbe soddisfatto. Si sedette, notando che non era apparecchiato come negli altri giorni, solo un cencio lercio e sgualcito era buttato sul tavolo per servirvi la stessa minestrina del giorno prima. Alla compagna seduta alla sinistra le chiese se aveva bisogno di aiuto, ma anche stavolta il Silenzio, vestito del solo mantello etereo, entrò dalla porta e si sedette al desco per tutta la durata del pasto. L'uomo un po preoccupato guardò la compagna, le fece altre domande ma solo il Silenzio rispose. L'uomo aveva fame e si accontentò della minestrina, pensando "Tanto c'è questa bella stufa che riscalda".
Il giorno dopo quando fu orario di mangiare l'uomo entrò nella sala da pranzo, ma con sua grossa sorpresa non trovò ne i piatti sul desco, ne la tavola imbandita e ne tanto meno la tavola. Solo la sua compagna che teneva stretto al grembo un pezzo di pane da cui non voleva staccarsene. L'uomo le chiese cosa avesse, o come avrebbe potuto aiutarla, ma in quel preciso momento nella stanza entrò il commensale Silenzio e prese posto tra i due, rispondendo lui per la compagna. L'uomo più sbigottito che altro si tirò una sedia lontano dai due, si sedette vicino a dove era la stufa, ma con suo rammarico scoprì che era stata portata via. Andò in cucina, cercò nelle credenze vuote e vi trovò solo un pezzo di pane secco, lo prese e cominciò a mangiarlo a poco a poco, mentre Silenzio parlava per entrambi.
Il giorno a seguire l'uomo entrò nella stanza, ma della sala da pranzo non c'era più ombra. Ne piatti, ne tavoli, ne sedie, ne mobilio o stufa. Entrò un attimo nella stanza la sua compagna, gli tirò per terra un pezzo di pane e chiuse la porta a chiave. Lui le accennò qualche parola, ma proprio nel momento in cui si stava per chiudere la porta, il commensale Silenzio sgattaiolò dentro. Raccolse il tozzo di pane per terra con le sue gelide mani, lo porse all'uomo, mentre risa isteriche dall'altra parte della porta si allontanavano per la tromba delle scale.
L'uomo rimase perplesso ed infreddolito, la stufa era scomparsa assieme agli infissi delle finestre. Un'aria gelida entrava dai buchi ed i crampi da fame gli provocavano forti dolori all'addome. Mangiò il pezzetto di pane ammuffito ed un sonno di torpore misto a gelo lo assalì.
Quando si svegliò vide la stanza deserta, senza più niente. Solo il Silenzio gli faceva compagnia, mentre lui si sentiva stranamente leggero e senza più i crampi all'addome. Entrò in quell'istante la compagna, che in maniera furtiva tolse l'ultimo oggetto rimasto nella stanza, un orologio a muro. Lui provò a chiamarla, ma lei neanche accennò a rispondergli. Come se fosse stato etereo, la donna gli passò attraverso, dirigendosi alla porta, chiudendo a chiave quando ne uscì.
L'uomo rimase in compagnia del freddo, etereo e solitario Silenzio. Per far trascorrere il tempo cominciò ad aggirarsi per la stanza per tutta la notte. Gira, che gira, che gira intorno a quello che una volta era stato il posto del tavolo, i primi raggi del sole illuminarono la stanza. Con orrore l'uomo si accorse che la compagna aveva tolto anche la porta nottetempo e che in un angolo giaceva il suo corpo in avanzato stato di decomposizione con una addome incavato ed un viso svuotato come un uovo bevuto.
L'uomo si mise ad urlare dalla disperazione, ma non sentì nulla uscire dalla bocca. Voleva urlare e gridare, ma nulla di tutto questo poté farlo. Dalla porta entrò un topolino, piccolo ed impaurito. Riuscì a prenderlo e ad accarezzarlo. Il piccolo cuore gli batteva all'impazzata dalla paura, la gabbietta toracica si espandeva e raccoglieva come un mantice in miniatura. Lo spettro dell'uomo lo tranquillizzò, lo accarezzò e lui a poco a poco gli portò nella stanza dei piccoli bocconi. Lo spettro era grato all'esserino che si era preso cura di lui e cominciò a volergli un bene dell'anima. Ma i bocconi erano strani, amari, difficili da buttar giù, come se il topolino gli portasse gli avanzi di un desco avvelenato.

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