sabato 8 novembre 2014

Tramezzini .



Fatta pace .
Sono un bambino e mi ritrovo a fare la spesa con i miei in un supermarket di una grossa città. Forse Catania, o meglio Firenze. Gli scaffali trasbordano di merce simil-Americana, pronta ad essere comprata e consumata.
L'attenzione è attirata dai tramezzini nelle scatole di plastica. Chiedo ai miei di comprarmene uno ma mia madre si oppone dicendo che è meglio un panino. Ieri la maledicevo tra me e me, ma oggi so che mi ha protetto all'inverosimile da questa roba, dandomi nel bene e nel male una cultura culinaria.
La scatola finisce nel carrello ed Io diligentemente attendo l'uscita per consumarlo. Sorpassata la linea dei carrelli mi avvento sul prodotto, lo scarto e mi gusto con la vista il prodotto.
Vuoi odori, nuove forme, poi il modo di presentare: scarta e mangia, incuriosiscono tanto. Tiro fuori il tramezzino e lo addento. Un gusto orribile invade la bocca, niente a che vedere con la mia cultura di “panini da bottega” dove sapori dalla mortadella appena affettata, al prosciutto magari accompagnato da olive verdi nei giorni di festa si presentano alla soglia del palato. Un pane orribile, asciutto e dal retrogusto di alcool invade il palato molle. Un condimento affogato in una maionese lenta e senza sapore mi imbratta la lingua. Butto il tramezzino sotto le urla materne “ TE L'AVEVO DETTO!”.
Mi ritrovo in una stazione di servizio dell'autostrada. Stavolta i miei non hanno portato i panini e dovremmo mangiarci quello che c'è dalla panineria. Guardo il banco-frigo verticale e trovo un altro tramezzino, la cosa mi incuriosisce nuovamente.
Il ricordo orribile della prima volta torna a galla, ma stavolta non credo si ripeta nuovamente. Lo inforco e vado alla cassa. Scarto, annuso gli odori e qualcosa mi mette in guardia. Gli odori sono i medesimi. Addento il vertice del triangolo ed un pancarré troppo asciutto si presenta alla bocca. Mi incazzo ripetendomi “Fottuto nuovamente!”. Vado avanti con il panino ed il condimento che trovo all'interno non è dei migliori, uovo che puzza di marcio e farinoso sovrasta l'immancabile maionese lenta e senza gusto. Me lo finisco, non ho altro da mangiare e non ho voglia di sentirmi una ramanzina materna. Maledico i tramezzini e mi riprometto di non comprarne “mai più”.
Passano lustri su lustri, diciamo decenni. Le occasioni di incontrare tramezzini si ripresentano a riprese ed Io sistematicamente li evito, “Quella merda nella bocca non ci entrerà mai!”.
Alù me ne parla bene, come un possibile pasto di rifugio al volo quando attorno non c'è nulla se non un distributore. Accetto l'idea un po di più, ma se devo farmi 1km per un panino, preferisco farmelo e prendermelo piuttosto che ingurgitare uno di quei cosi.
Sono al telefono sul balcone, la temperatura inizia ad abbassarsi e la chiacchierata finisce sull'odierno pranzo. Un tramezzino preso alla macchinetta. Io sdegnato e “schifiato” domando come abbia fatto a mangiare una cosa del genere per pasto. Una risposta sibillina mi fa notare che quello che Massimo gli aveva dato l'altra sera era finito e non aveva modo di andar a comprare del sushi. “Ci vuol coraggio a mangiar sta roba”, mi dico tra me e me.
Treno di ritorno, un saluto drammatico ai binari della stazione centrale di Milano, baci, carezze, abbracci, quanto ne vuoi e basta, ma giunte le 20 e passa all'altezza di Roma la sensazione di fame fa capolino. Il cameriere porta i menù, non ci sono prezzi. Mi domando quanto verranno a costare un piatto di pasta su un freccia Rossa. Mi alzo e vado in direzione del vagone BAR. Chiedo se hanno da mangiare e l'unica cosa che mi propongono sono dei Tramezzini. Scarto l'idea di mangiare sul treno, forse alla stazione successiva troverò qualcosa di aperto e potrò mangiare.
Lasciato andare con tanti baci, carezze ed abbracci, ma senza un panino. I baci non costano, i panini si; figuriamoci una bottiglia d'acqua. Alù è lontana anni luce ed il paragone scatta.

Distributore di Napoli :-D
Arrivo a Napoli di notte, nell'attesa del treno intravisto partire da Milano, mi guardo attorno per cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Mc donald chiuso, bar, tavole calde, tutto serrato alla stazione centrale. Vorrei addentrarmi nella città, ma camminare con un borsone alla mano non mi sembra un'idea buona.
Mi indirizzo verso le macchinette automatiche delle pensiline. Salamini & crechers? Ma anche no. Succo di frutta e biscotti? Dopo un paio di ore muoio di fame. L'occhio cade sui tramezzini. Una voce dentro me dice “No!”, un'altra mi suggerisce “Cosa mangerai?”. Ok vada per il tramezzino, ma l'acqua mi prendo della effervescente naturale. Almeno avrò di che bere un gradino sopra la normalità e se fa proprio schifo, mi laverà il palato.
Resto a studiare i tramezzini per una decina di minuti. Neanche dovessi espugnare Fort – Noks. Opto per quello uovo, tonno e maionese. Sembra il più commestibile rispetto ad accoppiate incredibili. Inserisco le monete, scelgo i prodotti e li recupero dal cassetto blindato. Una percezione di piacevole frescura avvolge la mano mentre stringe la cena.
Siedo a terra, come un punkabbestia, non me ne frega molto del giudizio altrui. Scarto la confezione di plastica ed un piacevole profumo di uovo ben cotto, frantumato a dovere, miscelato con del tonno, tenuti da una maionese densa che li idrata mi avvolge le narici. Addento il vertice della piramide di pane. Il pancarrè è morbido ed elastico, non puzza di alcool ed è mangiabile.
Un sorriso mi attraversa il volto, si può mangiare, la cena è salva. Mangio lentamente, sperando la sensazione di sazietà insorga prima, se no qui oltre ad andarsene un putiferio di soldi resto intossicato.
Arriva il treno e guadagno la cabina. L'accoglienza non è delle migliori dai coinquilini, gente vecchia e rompicoglioni che sta male con se stessa. Non faccio tanto rumore e cerco di prender sonno tra un sms, una lettura del libro, un treno che scivola sulle rotaie e la pace fatta con questa pietanza.. A Napoli!

Compleanno 2014 .


Il caso ha voluto che la camminata a monte Scuderi venisse spostata la domenica del mio compleanno. Quale migliore occasione di continuare la bella abitudine inaugurata l'anno scorso, di trascorrere la giornata come meglio mi aggrada? Cioè compagnia, camminare, parlare e condividere. L'occasione mi permette pure di spuntare uno dei buoni propositi fatti per il 2014 e cioè salire su Monte Scuderi, mentre altri propositi mi attendono.
Organizzo la partenza a mio solito, punto l'orario di arrivo e come un salmone risalgo a ritroso le varie tappe. C'è una piacevole sorpresa, il papà di Paola, Pasquale, da subito si mostra esser una persona squisita.
La giornata promette bene, ma il tempo non è dei migliori. Nuvole e vento si ammassano nella vallata della Santissima, ma fortunatamente ho l'attrezzatura per fronteggiare la situazione, fino ad un certo punto però, in quanto poi inizierà a tirar mal tempo forte e dovrò riorganizzarmi al meglio per resistere e proseguire con la camminata, cioè niente più macchina fotografica reflex e vestiario rimodulato per affrontare un tempo da lupi, con raffiche di vento e pioggia. Ma il richiamo della montagna è forte e la voglia di proseguire in questa avventura tanta.
Continuo a camminare, cerco un compagno di viaggio con cui poter confrontarmi e parlare, provo prima a chiacchierare con Melania .

Resistenza .


Del Sub-conscio
I preparativi fremono da settimane. Pacchi, costi vettori, sessioni on – line lunghissime per capire come funzioni la Ryanair, panico, spese su spese, conti che non tornano ed un dubbio atroce in sottofondo.
Un tarlo che rode dentro, di notte, quando meno te l'aspetti, quando l'inconscio viene a galla ed urla, quando la piazza è libera e le urla possono essere gettate, tanto nessuno le ascolta. “Ma non è meglio che non parta?”, il mio Marte interiore ha già gridato la sentenza “Non partire!”, seguito da un ululato di dolore quando all'ultima telefonata sento un non proprio disinteressato <> Il Marte interiore impugna la sarissa e grida “Morteeeeeee! Stai andando verso la morte! Testa di cazzo!”. Un dubbio ingenuo risponde al quesito postosi <>, una furba risposta evasiva di cambiar argomento è la conferma indiretta.
I pezzi sono molti, troppi, non riesco a ri-assemblarli tutti. E' un'impresa, preferisco chiudere gli occhi ed affidarmi al sentimento, ma il sentimento è un lumicino di stoppa dove l'olio sta finendo in una notte sempre più buia e via – via piena di bestie fameliche.
Programmo il più ragionevolmente possibile i passi da fare. Mi do delle scadenze programmate, in base alle quali mi prefiggo dei risultati da raggiungere e predisporre delle copie di backup di dati, appunti, biglietti, non si sa mai con gli imprevisti.
Il primo segnale di restar dove sono arriva, o genericamente resistenza dal subconscio. Una sera di ritorno a Milazzo, mi fermo a far benzina e dimentico il portafogli sopra il tettuccio dell'auto. Un gesto di testa tra le nuvole, si, ma perché? Ieri non sapevo, troppo confuso e preso dalla partenza a gli sgoccioli. Oggi posso dire perché, il Marte interiore urlava scagliato nel Tartaro di “non partire. Senza soldi, documenti e quant'altro, vediamo come farai a metterti in strada?” Riesco ad organizzarmi lo stesso. Il sistema a tappe graduali e con copie di sicurezza procede, senza freni. Come una vite proseguo il percorso e vado avanti, troppo, mi stritolo con le stesse mani.
La torta era stata ordinata e pagata con largo anticipo, prima della perdita del portafogli. Il biglietto era stato comprato con largo anticipo e restava solo il chek-in on-line. Il sistema di riserva permette di andare avanti, impegnerò il passaporto per l'identificazione, dato che la carta di identità se ne è andata a farsi strabenedire con il portafogli.
Nuovo panico, o meglio resistenza del subconscio, non trovo la carta d'imbarco stampata, neanche i file pdf. Me ne accorgo alle 9 di mattina del giorno prima di partire, ci metterò una mattinata intera per rintracciare una scansione in pdf salvata sul cellulare a scanso di equivoci come ultima spiaggia. Il Marte interiore scagliato nel Tartaro cerca di dare un altro colpo, ma il mio meccanismo di proseguimento senza sosta non si placa. Costi quel che costi si deve andare avanti, “marciare per non marcire! Verso l'obiettivo”. Stampo il file salvato sul cellulare verso le 2 di pomeriggio e tiro un sospiro di sollievo. Posso fare in chek-in on-line.
Ti telefono, non mi sembri tanto contenta della notizia che abbia perso il portafogli, sarà per cosa mi domando “soldi o altro?”. Cerco di sdrammatizzare, ma mi ritrovo da solo a combattere con una parte di me stesso che “non capisco” come mai non mi voglia far partire, senza un minimo di empatia da chi è dall'altra parte della cornetta. Un attonito “Mha..” riecheggia nel vuoto del Tartaro, mentre il mio Marte lancia urli di guerra e di allarme.
Superate le varie problematiche presentatesi lungo il percorso, riesco ad arrivare a destinazione. Lì si apre l'ultimo atto, già raccontato in altra occasione.
Tornato dalla città delle 2 città, gli eventi prendono il loro verso ed una profonda coltre di nebbia grigia scende. Sofferenza, depressione e chi più ne ha e più ne metta diventano pane quotidiano, aggravato dalla perdita del posto di lavoro.
La sera del 2 marzo, rovisto nelle cartelle alla ricerca di indizi o pezzi del puzzle che mi permettano di ricomporre la situazione, dargli un senso. Sono giorni che scrivo, scatto foto, vedo film, taglio video, faccio riprese, ascolto musica, radio, bevo tisane, mi do delle ferree regole di sonno, modulo il caffè e cerco di tirar dritto, prendendomi cura di me principalmente. Quella sera in una cartella di non mi ricordo quale supporto di memoria, trovo la carta d'imbarco. Un senso di pace e tranquillità mi pervade, come se avessi stretto la mano in segno di pace senza obblighi esterni, voglio festeggiare. E' come se avessi fatto pace con me stesso.
Forse tutte queste mattonelle saltate sul mio percorso era la resistenza del mio subconscio/marte interiore che mi tratteneva, mi fermava dal compiere il passo. Forse avrei potuto restar a casa, forse avrei potuto non partire, ma non è da me e questo mi avrebbe creato problemi ancor più pesanti di quelli in cui mi sono andato a ficcare.
Il punto è che più le complicazioni si ampliano tra raziocinio e subconscio, più le reazioni di quest'ultimo sono pesanti e forti. Il primo può instaurare tutto il meccanismo logico – deduttivo che vuole per affrontare al meglio gli eventi, ma se non fa pace con l'inquilino del piano di sotto la vedo proprio dura.
Da quella sera capii che dovevo prendere in mano nuovamente il badile ed il piccone e tirar fuori il mio ragazzo dalla valanga di cemento/ragionamento sotto cui ero andato nuovamente a seppellirlo.
Capita, vedrò di non farlo capitare più.

giovedì 6 novembre 2014

Zuru


Ho visto “La scelta di Catia - 80 miglia a sud di Lampedusa” ed il ritratto delle persone è forte, vivo. Dal comandante, nella persona di Catia Pellegrino aka Zuru che con la sua passione ed il sentimento messi in campo guida il vascello, al Comandante in seconda Santonocito che parla di "bimbi addormentati in mare". Un tuffo nel mare delle emozioni umane.