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L’aspetto sembra disgustoso, ma il sapore è buono! |
Durante il penultimo Sabato di Maggio ( era il 24 ) mentre girovagavo per i vicoli di Lecce, sul Corso V. Emanuele fui colpito da un ristorante: La magiàda locanda.
Il modo di presentare il menù del giorno mi ricordava tanto Firenze, la corte che si apriva prima di entrare nel salone mi sapeva tanto di Sicilia ed i nomi dei piatti erano curiosissimi. Tenendo conto di questi particolari e che l’altra prospettiva era mangiare al Mc Donald, la decisione era presa, cenavo a “La magiàda locanda”.
Portato il menù e consultatolo, con gioia nel cuore, scoprì che erano tutti piatti locali! Visto che a pranzo mi ero mangiato un panino e volevo un po’ di verdura, consultai la voce minestre / zuppe. C’era di tutto e di più, dove la parte principale erano l’accostamento di verdure a legumi e forti sapori. Già ora mentre scrivo ho l’acquolina in bocca al ricordarlo.
Tra i tanti nomi invitanti e poco comprensibili ( se non ricorrendo a quel minimo di greco antico fatto per i fatti miei ), la scelta cadde sulla zuppa chiamata: Cecca maritu.
La cameriera, dall’aspetto giunonico e gentile nel modo di fare, mi spiegò perfettamente e senza fretta il contenuto della zuppa. Avevo già deciso, ma l’aggiunta di questi particolari mi fecero ulteriormente confermare il piatto.
Una abbondante bruschetta con pomodori aprì la danza culinaria, accompagnata da un buon boccale di birra alla spina ghiacciata. Quando arrivò il piatto, ci rimasi un po’ male, l’aspetto non era dei migliori, dato che come si evince dalla foto sembrava una paccottiglia di roba verde con cose bianche. Un po’ deluso dall’aspetto inforcai la forchetta ed assaggiai.
Tripudio del palato! Verdura dolce accompagnata da farro, disseminati delicati pomodorini di pachino ( siciliani… ci siamo sempre ), tocchetti di pane fritto giustamente dosati per dare quel rinforzo di gusto e dulcis in fundo un olio dal sapore fragrante, come un bacio dato sotto un ulivo, le cui fronde nascondono i cuori di due amanti all’occhio del sole autunnale, mentre la brezza di mare sposta le fronde ed accarezza i volti dei due. Davvero squisita!
Mentre mangiavo facevo una considerazione sul nome del piatto e la terra dove venne creata, il Salento. La fantasia correva verso un’epoca non molto lontana, magari la prima età del secolo scorso, quando l’economia del posto era contadina.
Immaginavo una giovane ragazza, tutta intenta a preparare questa minestra dai poveri ingredienti ( verdura di campo soprattutto ) e l’amore che ci avrebbe messo nel realizzarla. Amore e passione per preparare il piatto per quell’uomo seduto al suo desco tutto intento ad esaminarla, per capire se era una donna da prendere in moglie o no. Pensavo alla ragazza che ce la metteva tutta per preparare bene, perché con quel piatto si giocava il suo futuro che sarebbe stato con un uomo in una loro casa con figli attorno, o da sola nella casa paterna, aspettando la morte e seccandosi giorno dopo giorno.
Penso proprio che quella ragazza, per convincere quell’uomo a prendersela, abbia proprio cucinato la zuppa Cecca maritu.
Il mio consiglio spassionato è semplice:
Andate a “La magiàda locanda”, prendete un tavolo, sedetevi comodi e godetevi il concerto di sapori che vi presenteranno, perché lì si mangia davvero bene.