O almeno spero .
"...Credo nelle rovesciate di Bonimba, e nei riff di Keith Richards.
Credo al doppio suono di campanello del padrone di casa che vuole l'affitto ogni primo del mese.
Credo che ognuno di noi si meriterebbe di avere una madre e un padre che siano decenti con lui almeno finché non si sta in piedi.
Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.
Credo che non sia tutto qua, però prima di credere in qualcos'altro bisogna fare i conti con quello che c'è qua, e allora mi sa che crederò prima o poi in qualche Dio.
Credo che se mai avrò una famiglia sarà dura tirare avanti con trecento mila al mese, però credo anche che se non leccherò culi come fa il mio caporeparto difficilmente cambieranno le cose.
Credo che ci ho un buco grosso dentro, ma anche che il rock n' roll, qualche amichetta, il calcio, qualche soddisfazione sul lavoro, le stronzate con gli amici ogni tanto questo buco me lo riempiono.
Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx.
Credo che non è giusto giudicare la vita degli altri, perché comunque non puoi sapere proprio un cazzo della vita degli altri. Credo che per credere, certi momenti ti serve molta energia." .
Così scriveva e ripeteva all'inverosimile un mio compagno di classe quando uscì e fu il tempo di Radiofreccia, credo, credo, credo. Parole strappate dal film, modi di dire, frasi e pensieri ripetuti all'inverosimile, come se dovesse colmare un vuoto, il vuoto che ci portavamo dentro e trapelava dai nostri volti.
Prese queste parole e se le appiccicò addosso, come quando da piccolo indossi un maglione di tuo fratello maggiore (troppo largo) o la giacca di tuo padre (smisuratamente gigante) e li scimmiotti. Sembrava questo l'intento, ma mi accorsi e solo oggi riesco a trovare le parole per dire che non indossava vestiti larghi, bensì stretti, logori. Vestiti/idee / pensieri vecchi, che puzzavano di naftalina, come quando riesci a trovare il coraggio di tirare fuori un vestito sepolto nell'armadio e lo indossi. Io ne sentivo il tanfo di naftalina, quando provarono a farmelo indossare lo rifiutai perché sentivo che mi stava troppo stretto, era logoro, vecchio e sopratutto passato, strangolava. Un po come se oggi andassi al matrimonio di un tuo caro amico indossando un vestito anni '70 americano: pieno di pizzi, merletti e strasse.
All'epoca mi rifiutai, ma quel vuoto mirabilmente descritto nel film non seppi con cosa colmarlo ogni tanto. Capita..