Venerdì pomeriggio ( 08 del mese scorso ) mi squilla il telefono, Daddo mi diceva quatto – quatto di prendere maschera e boccaglio per andarcene a mare. Partito il Vespone e salito per il Capo di Milazzo, arrivo a casa sua e suono.
Pochi minuti e Davide non si fa attendere, destinazione baracca di Antonio. Fatta una discesa ripida e difficile ( che in seguito scoprirò fatta regolarmente da Antonio con il motore ), un angolo di paradiso marittimo capiciano si apre ai nostri occhi.
Salutato il padrone di casa e fatto il punto della situazione, inforchiamo pinna e maschera per un tuffo in acqua, alla ricerca di chissà cosa.
Un paio di immersioni vanno a vuoto, poi Davide trova una maschera. Incuriosito da un relitto di ferro a circa 5 m di profondità, mi immergo per scrutarlo. Era un pezzo di una nave con avvinghiate intorno reti morte. Non ci vedo nulla di particolare se non un relitto ingombrante in ferro, ma Davide scorge qualcosa di più.. Si immerge subito a gran velocità, sguainando il coltello e mollando fendenti in un anfratto del relitto. Finita la riserva di ossigeno risale e gli domando:
- Che hai troavato?
- Un polipo!
Non me lo faccio ripetere 2 volte che parto alla ricerca del pesce. Il grandissimo figlio di buona donna va a rintanarsi ancora di più nell’anfratto, gli molliamo colpi di coltello, scuotiamo il pezzo di lamiera, ma lui nulla, niente lo smuove. Indispettiti arriviamo all’idea di portare in secca tutto il
pezzo, polipo all’interno, ma dopo un paio di immersioni e pochi metri l’idea viene cassata: nulla da fare siamo troppo stanchi.
A Davide viene l’idea dell’erba per stanare il polipo, così mentre lui va a riva per prendere il vegetale necessario, io resto di guardia all’imboccatura della tana. Durante l’attesa mi viene un’idea: E se giocassimo d’astuzia, nell’attenderne l’uscita dalla tana, ricoprendo il varco con il retino?
Finisco di formulare il concetto e già vedo Daddo immerso ad inserire l’erba nella tana. Il polipo tutto inferocito sbuffa fuori acqua ed erba, sabbia e detriti, nonostante tutto il trambusto l’erba irritante non lo stana. A questo punto Davide punta all’arpione ricurvo per stanarlo, ma per prenderlo deve tornare a riva, nel mentre io gioco d’astuzia: Tendo l’agguato al polipo.
5 minuti di attesa con calma e a debita distanza dal rifugio del mollusco, mi permettono di avere ragione. Mette fuori il primo tentacolo, il secondo, il terzo, quando è uscito tutto non ha neanche il tempo di capire che è in trappola, perché gli chiudo la via di uscita alle spalle: Il pesce è in trappola.
Tutto orgoglioso faccio rotta per la riva, guardo ed ammiro il
polipo battuto in furbizia, ma è troppo presto per cantare vittoria. Il retino è bucato, il polipo fermo non sta e come un forsennato cerca una via di uscita. La trova, la allarga, esce i tentacoli uno dopo l’altro e a me non resta che accorge mene con la coda dell’occhio mentre scappa. Incazzato nero gli mollo una coltellata, ma lo stronzo di tutto punto mi sputa il nero in faccia e si dilegua.
Rammaricato della perdita torno dagli altri, meno male che “ci consoliamo” con pane caldo, ricci e patelle. Una merenda da favola.
L’esperienza mi ha permesso di vedere un capiciano pescare il polipo, se avessi avuto un mezzo di ripresa subacqueo, avrei girato il mio primo documentario intitolato “ La pesca del polipo capicina”. Pur non avendo il mezzo di registrazione le sequenze si sono impresse indissolubilmente dalla mente, per cui quando voglio è come riviversi quella avventura e giocare d’astuzia con il polipo.