venerdì 15 novembre 2013

Pensare al buono della mia vita .

E ricordarselo .
Erano le 22 passate, quando su Facebook l'occhio mi cade su una foto condivisa da Rossella: Una pila di buste sopra il letto testimoni di uno scambio epistolare tra amici. Mi soffermo un attimo a pensare, riflettere e far spazio dentro di me. Affondo tra i ricordi, la memoria va ad una sera di fine estate, quando due ragazzini appena 14enni si scambiarono su 2 foglietti di block-notes i rispettivi indirizzi, assieme alla promessa di scriversi.
Quello fu l'inizio di uno scambio epistolare durato quasi 10 anni, tra un ragazzo Italiano ed una ragazza Francese che si scrissero in Inglese. Lui Fabio, lei Anne, fecero scorrere litri di inchiostro su pagine di fogli ora a righe, ora a quadri, ora non so proprio in che formato, ora su postcard.
Ricordo la gioia dell'attesa della risposta, l'euforia nel intravedere una busta tra le grate della cassetta delle lettere. Quanto ero orgoglioso di estrarre dalla mia tasca il mazzo di chiavi e poter aprire Io, con la mia copia delle chiavi, la cassetta.
Salire di fretta la rampa delle scale, valutando se la busta era più piena del solito oppure se era magra. Aprire il portone di casa, correre nel corridoio fino alla stanza, aprire il comodino ed estrarvi dal secondo cassetto il tagliacarte regalatomi da Natalina e Pietro per la comunione.
La punta scorreva sulla piega superiore della busta, il caratteristico suono onomatopeico “riiiip” della carta tagliata correttamente mi annunciava che la lettera era “fresca”, le dita tremanti afferravano il contenuto e gli occhi avidi leggevano quelle righe in Inglese scritte con una calligrafia minuta e precisa.
Ricordo la precisione con cui mi segnavo i punti di cui poi volevo rispondere e dire la mia, oltre al cipiglio espresso se non mi si rispondeva.
Oggi queste lettere fanno la nanna in una scatola di latta. Custodiscono un ragazzo ed una ragazza che si sono addormentati per sempre. Ogni tanto apro il coperchio per fargli prendere un po d'aria e quell'estate di sentimenti per un momento mi riscalda l'animo.
Proprio ora che tante vanno cose storte.
Una cosa mi è chiara, chi vuol soffrire lo faccia, pianga per esser stata causa dei propri mali, tiri fuori le lacrime per quella persona che non è riuscita a trattenere nella propria vita, faccia suonare una nota mai musicata da un carillon regalatole, ma Io ho voglia di vivere. Ho voglia di continuare a vivere, di costruirmi una mia vita, un mio presente, sperare per il meglio, che questo periodo di “merda” cessi, per dei figli, una famiglia mia, un “buco” mio, voglio innamorarmi, fare l'amore, amare e sentirmi amato, voglio però prima curare le mie ferite, sentire il vento in faccia ed il sole che mi penetra nell'animo, “non voglio più scappare da me stesso”, perchè alla fin fine da te non puoi scappare.
Buona fortuna a te che leggi. Sii prudente dalle deduzioni, potrebbero farti più male di quanto ti sia già fatto leggendo le mie righe.
AVE ATQUE VALE e Buona fortuna.

martedì 12 novembre 2013

I miei tre anelli dell'Enrico di ferro


Foto, scrittura e lettura. Ne aggiungerò un quarto per ricordarmi della musica.
Ne sento i morsi di ghiaccio agli arti la mattina, verso le 4. Mi rannicchio su me stesso, ma non percepisco calore.

Ultime bottiglie di vino .

Invecchiate da oltre 15 anni.
La sensazione provata è quella di un contadino, che per anni ha custodito gelosamente le ultime bottiglie di vino nelle profondità della sua cantina. Tenute, curate, controllate e nascoste per oltre 15 anni.
Un giorno difficile, mentre fuori impazzisce l'estate, bussa alla porta una viandante, è subito intesa. E' estate, c'è bisogno di dimenticare, di vivere, di far festa. Risate, bei pensieri, vita che scorre, felicità, voglia di fare, costruire, esserci e noi. Il contadino sente che è giunto il momento per stappare quelle bottiglie messe a riposo per tanti anni. Saprà che avranno un sapore genuino. Va nel profondo della cantina, prende le ultime bottiglie e stappatele, le offre al conviviale.
Chi è dall'altra parte, buona bevitrice, capisce la qualità del vino, invecchiato sapientemente ma nonostante tutto ancora vivace e forte. Ha bevuto troppo in questi ultimi anni e vino di pessima qualità, avvelenato e fatto non per forza con l'uva. Assapora dal bicchiere e presa dall'estasi si tracanna la prima bottiglia, la seconda, la terza e così via. Se ne riempie la pancia fino a colmare le fratture che porta appresso e sentirsi finalmente piena come non mai prima d'ora. Si rifocilla, ricompone e poi se ne va via, scomparendo a poco a poco.
Le bottiglie sono finite ed ora la cantina è vuota, capita, ma vendemmierò nuovamente ed altre e più buone bottiglie la riempiranno.
Un  grazie a Catia, per avermi insegnato ad assaporare il vino.