sabato 2 luglio 2011

2011 04 16 Silenzio e Solidutine .

Nella 'Ricchia .

Stefano D'Arrigo scrive a pag 707 nell'Horcynus Horca:

Il silenzio deserto della 'Ricchia se lo sentiva dentro nel sangue, come ridotto in forma di un ago, un ago dalla punta di gelo rovente che gli camminava nel sangue e si muoveva verso il cuore, e il peggio era che se lo sentiva come sarebbe stato sempre così, sempre come in punto di trapassargli il cuore, sempre a quel punto.

L'autore gioca con tre figure, la solitudine, il gelo e quella parte di animo dove risiedono i sentimenti caldi chiamato cuore.
La solitudine viene rievocata più volte da Stefano D'Arrigo, come una bestia dietro l'angolo pronta ad uscir fuori e ad espandere il suo carico di gelo. Gelo penetrante, intenso, che scivolando si fa strada nelle corde dell'animo a ghiacciarle una ad una. Ghiacciata la prima, congela la seconda e così via, fino a trovarsi con un parte di se stessi ibernata.
A poco a poco ti ritrovi tu fermo solo soletto in un angolino, ibernato poco a poco. Vorresti alzarti, ma intorno trovi vuoto e solitudine. Provi a suonare le tue corde dell'animo, ma appena le tocchi con dita gelate, incallite e dalla sensibilità intorbidita, non senti sotto i polpastrelli la loro vitrea consistenza, la fragilità del nuovo stato in cui si sono evolute.
Si vorrebbero suonarle con ruvide e mezzi assiderati arti, ma si sgretolano tra le dita in tante piccole schegge di ghiaccio diffuse intorno. Si sparpagliano in ogni dove portando con se un briciolo di animo or ora smembrato. Si sprigiona un dolore profondo, intenso, nero, becero, sordo, che non da tregua, non conosce anestesia, non da calma o grazia, incalza come una marea nera che invade e rovina, guasta, scassa, smembra.
Vorresti gridarlo questo dolore, come una donna grida il dolore che prova nel dare la vita, ma l'urlo ti si gela in gola e se ne esce, fuoriesce un fievole gemito impercettibile tra le labbra.
Come un fischio di vento del nord che suona dei flauti di pan in bambù, appesi per un filo alla porta e cosparsi di ghiaccio, mentre il vento li smuove facendoli tintinnare tra di loro.
Brutta bestia la solitudine, cammina assieme al gelo, di cui ne è cane da compagnia..

giovedì 30 giugno 2011

Qualcosa di profondamente oscuro .

Come un elenco.

  • Carattere particolare, terribilmente chiuso, riservato, scontroso .

  • L'evento del lutto ebbe una influenza negativa sul suo carattere .

  • Si dedicò totalmente ad una persona .

  • Non uscì più di casa .

  • Comportamento infantile .

  • Non voleva riconoscere la realtà .

  • Non voleva riconoscere la morte del padre .

  • Paura .

  • Paura di restare sola .

  • Paura di restare orfana .

  • Paura di non avere qualcuno a cui potersi aggrappare .

Un elenco di cose nere, profonde, sdegnose, difficili da affrontare, problematiche da discutere, un po appartenenti, un po distanti, un po te stesso, un po diverso, non proprio te ma in cui potersi specchiare.

mercoledì 29 giugno 2011

Scelta di come ...



Morire .

Era il 19 Maggio del corrente anno, mi ero appena dinito di vedere la serie Survivors, e dopo un lungo ragionare e pensare presi il PC ed iniziai a scrivere:
C'è stato un periodo della mia vita, non saprei dire precisaemnte quando, ne tanto meno per quanto, o forse lo so ma non voglio ridestarlo dalle acque profonde dell'oblio, in cui vissi come un sopravvissuto. La sensazione di esser in un campo di sterminio e non in un contesto familiare si faceva avanti passo dopo passo.
Le urla, le privazioni, il dover combattere per un posto a tavola, per esser ascoltato, per avere un paio di pantaloni, di calze, di libri o quant'altro, vedeva una escalation di violenza.
Le urla erano all'ordine del giorno, i nervi tesi, le grida erano il pane quotidiano, a volte non si arrivava alle mani perché mi facevo piccolo – piccolo e cercavo di scomparire, discorsi propagandistici erano il pane quotidiano e problemi su problemi si sommavano sul tavolo della casa all'inverosimile.
Non saprei quando, ma si insinuò una strana idea nella mia mente, piuttosto che reagire ed esplodere, non reagii ed implosi. Mi chiusi dentro me stesso, mi trincerai come un sopravvissuto nipponico in un isola del pacifico, iniziai a grattare e racimolare frustoli di pane qua e la, spazi, angoli, libri, manga, fumetti, scrivere, pezzettini sparsi qua e la di me stesso, dove la sera a luci spente nelle altrui stanze potevo andare furtivamente a recuperare e cibarmene.
Poi venne un nuovo periodo di magra (però mi son perso il preriodo di grassa), la risposta fu nuovamente la medesima, implodere e resistere chiuso in un angolino, in me stesso, sempre più asfittico, sempre più serrato, sempre più muto, sempre più vuoto.
Purtroppo in quel periodo non ci fu chi bussò alla porta dell'uscio dicendomi:
- E' la cosa peggiore che le sia mai successa.
- Ma non sarà la cosa peggiore che accadrà a lei.
- Non so quanto cibo abbiate lì dentro, ma...
- Quando scarseggerà, non si arrenderà facilmente.
- Cercherà di farlo durare più a lungo. Sempre più a lungo.
- Sarà veramente, veramente lenta.
- Ma questo lo sa, giusto? Già. Lo sa, è tutto ciò che potrà offrire al suo bambino.
- Oppure può scegliere oggi.
- E' uscito il sole.
- Fa un po di freddo, ma cosa ci aspettiamo in questo periodo dell'anno, no?
- Come sua figlia ha detto, nessuno sa cosa succederà.
- Non è più obbligato a nascondersi così.
- Può decidere di vivere.
Mi viene il freddo a leggere le righe del discorso tradotto. Mi viene il freddo perché all'epoca non sarebbe stato un soliloquio ma un discorso che pressappoco avrebbe avuto queste risposte:
- E' la cosa peggiore che le sia mai successa al suo Ragazzo.
- Lei non sa quante privazioni sono andato in contro per salvarci la pelle.
- Ma non sarà la cosa peggiore che accadrà al suo Ragazzo.
- Non so quanto cibo abbiate lì dentro, ma... Quando scarseggerà, non si arrenderà facilmente.
- Cercherà di farlo durare più a lungo. Sempre più a lungo, perchè le hanno insegnato con la violenza a non chiedere aiuto.
- Sarà veramente, veramente una morte lenta, lentissima, per lei e per il suo Ragazzo.
- Ma questo lo sa, giusto?
- No, non lo so e non so a quale strada mi porterà questa strada di fame e privazioni che ho intrapreso per me ed il mio Ragazzo. Ma ho paura, tanta paura, una paura nera, che mi imbavaglia, mi cuce le labbra, mi smonta in mille pezzi e mi congela dal di dentro.
- Già. Lo sa, è tutto ciò che potrà offrire al suo Ragazzo. Oppure può scegliere oggi.
- E' uscito il sole.
- Fa un po di freddo, ma cosa ci aspettiamo in questo periodo dell'anno, no?
- Come sua figlia ha detto, nessuno sa cosa succederà.
- Non è più obbligato a nascondersi così.
- Vorrei crederle. Vorrei non nascondermi più, trovare una famiglia che mi dia una mano, che mi aiuti, ascolti, sostenga in questo periodo difficile. Ma qui tutti nascondono tutto, nascondono l'impossibile, anche il sole con le reti alla luce del sole. Per poi esplodere come degli zombie avventandosi come delle bestie a farti a pezzi in mezzo alle urla.
- Può decidere di vivere...

Oggi ho scelto di vivere.