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“ Letali”. |
“Molti di loro sono morti per l'esposizione a dosi letali di radiazioni. Uno dei piloti, costretto a sopportare condizioni fisiche estreme, perse il controllo del velivolo e urtò uno dei tralicci, schiantondosi al suolo.”
I pompieri di Chernobil, per spegnere l’incendio nel nocciolo della centrale nucleare ormai andata, si esposero ad una quantità di radiazioni che gli risultarono letali. Tutti morirono, chi prima o chi dopo, per i danni riportati dall’essersi esposti a dosi di radiazioni.
Valentina era come un nocciolo di centrale nucleare impazzito, sparava le sue “radiazioni” letali.
Le “radiazioni” erano i suoi problemi, versati addosso a chi aveva accanto. Andavano dall’assenza di coraggio per i sentimenti provati, alla mancanza di fiducia verso l’altro, passando per la mancanza di rispetto per la persona vicino a Lei. Comprendevano le reiterate fughe dalla storia ed assenze ingiustificate, senza scordarsi delle accuse verso l’altro, delle richieste continue ed ossessive, delle proposte inverosimili per andare avanti, insulti rivolti all’altro circa la persona, il corpo, l’altrui passato, presente e futuro; le scelte fatte, la famiglia, i genitori, il fratello fino a giungere alla nipote.
Insulti verso le persone che uno ebbe accanto, verso gli amici, verso le cose fatte, verso il lavoro altrui, le scelte.
C’erano pure le allucinazioni e tante altre cose a cui mi sono esposto per quasi due anni. Tutto poi finì.
Al momento in cui scrivo la “mia” storia con lei è chiusa. Ribadisco la “mia storia” perché nel crederci alla fine c’ero Io.
Ho trascorso più di 967 giorni in quella Non-relazione, esponendomi a “radiazioni” che mi fecero a pezzi.
Mi ritrovai tra due sentimenti contrapposti “il restare perché l’amavo” ed il “fuggire per sopravvivere”.
Sono rimasto lì per quasi 1000 giorni della mia vita, giorni che nessuno mi porterà indietro, durante i quali ho sperato, combattuto, dimenticato, ascoltato, regalato, donato, capito, proposto, domandato, chiesto, ovviato, tolto occasione, come i pompieri di Chernobyl ho spalato quintali di merda psicopatica a più non posso, fino al cuore della notte, appellandomi ad ogni mia fibra di pazienza e resistenza, inventandomi storie per raccontare in modo omogeneo l’assurdità e follia altrui, ma alla fin fine è finito che lei se n’è andata via, lasciandomi una carcassa di carne putrida, dolorante e radioattiva.
Alla fine dei conti la responsabilità delle scelte fatte era e resta mia, sarei potuto andarmene via prima, ma lo sto scrivendo ora seduto comodo sulla sedia, davanti al PC, nella veranda, dopo un lunghissimo percorso intrapreso, fatto di Km macinati a camminare, a piedi, in bici, albe, tramonti, notti, giorni, ore di sonno, incubi e sogni, fotografie, libri, terapia, ascolto, cadute e rialzate, marce in avanti finché la promessa di una fine non fosse diventata realtà.
Oggi Valentina mi manca, perché ancora dentro ho quella parte di Me che ha rimosso tutta la montagna di merda che mi ha riversato. Ma ho bisogno di vivere ed andare avanti, far finire questo dolore interiore e sperare nel meglio di Domani.
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