mercoledì 19 settembre 2018

Sensibilità .

Antenne.
Monte Trino, Milazzo. Nel punto più alto della città natia, si ergono le antenne dei ripetitori TV. Hanno la funzione di captare i segali, amplificarli e ri-trasmetterli ad utenti o altre stazioni. Strumenti sensibili dediti ad intercettare, captare, cogliere, individuare, scovare, informazioni, elementi, segnali.
Da bambino, in concomitanza di festività quali pasquetta, venticinque aprile, primo maggio, in famiglia eravamo soliti salire sulla collina della Trinità sul finire della giornata, in modo da ammirare il tramonto dal punto panoramico più alto di Milazzo con tanto di vista sulle isole Eolie.
Quando salivamo in vetta era un’avventura ed una sfida, per un bambino la salita era impegnativa e difficile dato il sovrappeso. Arrivato in vetta lo spettacolo della vista ti ripagava degli sforzi compiuti ed era una caccia a cercare una particolarità per chiudere la giornata in bellezza; fiori, asparagi, un bastone, una fotografia o anche dondolarsi e giocare sul parapetto della ringhiera. Si, perché l’angolo formatosi dalla convergenza dei due lati della ringhiera potevano dare l’idea di essere una prua di nave.
La prua era rivolta verso i due golfi che lambiscono la penisola ed avendo a disposizione un’abbondante fantasia, l’inferriata diventava la prua di una nave che solcava i mari.
Mettiamoci un’altra dose di immaginazione e le antenne dei ripetitori televisivi ricordavano le altissime torri di controllo di una nave da combattimento. Siccome  la fantasia non mancava, la nave immaginaria diventava magari una “nave spaziale” e siccome era il periodo di Capitan Harlock, diventava la punta tagliente dell’Arcadia. Non mancava nulla, bastava salire a cavalcioni della ringhiera e si faceva rotta verso innumerevoli dimensioni fantastiche.
Passano gli anni e sul posto torno, il posto è il medesimo, ma sono Io a cambiare. Le funzioni sono differenti, una tra queste è imboscarmi. All’allora ragazza il posto non rassicurava e con il fatto che stando lì in macchina gli scoppiava un gran mal di testa, inficiando la serata intima, lì non ci mettemmo più piede. Anche se per lei ogni occasione era buona per tirare i remi in barca e dire di No ad un momento intimo tra Noi, ma questa è un’altra storia.
Trascorre del tempo e le antenne le vedo come ecomostri. Complice uno scatto del profilo della collina antecedente alla costruzione delle strutture metalliche. Guardondolo mi rendo conto che il posto doveva essere un paradiso. Da superficiali ricerche vengo a sapere che sul posto delle antenne vi era un piccolo altarino da cui si benediceva il mare nel giorno della Santissima Trinità. Vi lascio immaginare la gioia nel sapere l’esito della demolizione della struttura votiva.
Passano gli anni e mi rendo conto che le antenne sono strumenti per captare i segnali. Più le antenne sono potenti e più segnali captano. Nel frattempo durante la terapia, faccio i conti con la mia sensibilità, questa sconosciuta e messa da parte.
Immaginiamo che la sensibilità di una persona sia paragonabile a delle antenne “montate” sopra. Più la persona è capace di intercettare, captare, cogliere, individuare, scovare, informazioni, elementi e segnali, maggiore  è la sua sensibilità e quindi più grandi le sue antenne della sensibilità “montate” .
All’inizio immaginavo le mie antenne della sensibilità paragonabili alle antennine di falena e fino ad un certo punto il parallelismo ci è potuto stare. Finchè gli elementi da individuare sono pochi, questa potente antenna capace di intercettare i segnali, ti da una marcia in più rispetto a gli altri. Capti di più ed hai un quadro più completo su cui poter ragionare. Poi però ti imbatti in alcuni momenti in cui queste antenne aumentano la portata, la potenza di captazione, si ingrandiscono, si innalzano, diventano più grandi e più ricettive, rilevando ogni minimo particolare, troppi elementi.
Nella normalità i segnali captati potrebbero essere 100, in virtù di una buona sensibilità allenata, come dote personale, figlia di una vista acuta, di un sesto senso interiore. In determinate situazioni di pericolo l’antenna si potenzia, si ingrandisce, innalza e aumenta la capacità di captare ed i segnali intercettati diventano 1’000, 10’000, 100’000!
Ogni elemento trasmesso o che si trova nell’etere queste potentissime antenne lo individuano, lo raccolgono, lo impacchettano e lo mandano alla centrale come elemento di comunicazione, come dato importante, come elemento di primaria importanza. Ora, chi è in cabina regia, quando la comunicazione viaggia sui 100 segnali, ci si può crogiolare di avere una buona ricettività, superiore agli altri che permette di avere più elementi su cui ragionare rispetto a gli altri. Ma quando a quello alla cabina di regia, vedi Io, durante una situazione di ansia, di pericolo, di difficoltà, di mettersi in gioco, arrivano 1’000 segnali, o addirittura 10’000, il lavoro di discernimento ed analisi dei dati diventa difficile ed arduo. Quando poi siamo nel bel mezzo di una bufera, le antenne sono scosse da raffiche di vento e pioggia di urla, violenza e problemi, la salsedine infuria dal mare, le fondamenta vengono scosse dal più profondo e la struttura oscilla e beccheggia, chi è alla cabina di regia si ritrova su un tagatà di ballo, una sensazione paragonabile a mal di mare, nausea, dolori, crampi all’addome, vomito e 100’000 dati di trasmissioni captate da smistare ed analizzare!
Lì vado in tilt e la sensibilità da che è un vantaggio, diventa un handicap. Per cui persone insensibili o poco sensibili fanno più strada e vanno avanti, mentre Io resto ubriaco, dolorante, confuso e smarrito nella cabina di regia a smistare informazioni su informazioni, magari il più delle volte inutili per quel momento.
Se ci riesco qualcosa la metto da parte, ma la stragrande maggioranza di notizie la cestino, la butto per sgomberare la scrivania, perché le troppe informazioni provenienti dalla sensibilità diventano un problema ed un ostacolo nel decidere sul da farsi, caricando di peso una struttura già di per se stesso fragile.
C’è da fare i conti con la propria sensibilità ed Io ne ho preso coscienza. Meglio tardi che mai.

Buon compleanno .

Al taccagno .
2 e passa di notte. Il sipario cala in una giornata piena lavorativamente parlando. Poco tempo per riposare, almeno la mattina un’uscita in bici e nel pomeriggio vado a ritirare la torta a Barcellona dal collaudato pasticcere.
E’ il compleanno paterno, ma non ho voglia di rimetterci più soldi del dovuto, già gli faccio la torta e l’idea di andare a ‘mpizzare i soldi del servizio non mi va. Faccio due conti e ok ti pago la torta e mi levo il peso di farti un regalo, ma l’idea di perdere ancora del tempo e del denaro con lui non è che mi alletti. Sopratutto dopo il fallimento finanziario, in base al quale si è fatto liquidare i soldi investiti in titoli tossici dalla banca. Capitale che diciamocelo, se l’è tirato taglieggiando e tirchieggiando su Me, mio fratello e mia madre. Basta, si suona una nuova melodia, ci perdo quanto dico Io, non un centesimo di più.
La deduzione è presto fatta, a lavoro non chiedo la sera libera, mi organizzo nel pomeriggio per andare a ritirare il pezzo e presentarmi in tempo a lavoro.
E’ fatta, lavoro tutta la serata e mi rompono il culo dietro al bar. Meglio, così non posso pensare a niente. Mia cognata manda delle foto di famiglia ( almeno lei cerca sempre di salvare il salvabile) e vedere il vecchio taccagno sorreggersi su i suoi taglieggiati mi fa una gran pena e schifo. Fatti aiutare da loro, ma a Me non cercare il becco di un quattrino bucato. Ti sei già preso viscere, ossa, emozioni, tempo, carne e tendini della mia vita su cui poter fare soldi e poi farteli fottere dalla banca .