giovedì 9 dicembre 2010

Progetto Acqua .

Di mare, di fiume, di lago, basta che allontani quella porcheria .

Dopo un po di latitanza dal Blog ( molti impegni mi hanno distratto), ritorno presso le sponde dell'Isola di Melee per pubblicarvi .
E' il primo post di un nuovo progetto che proprio oggi è nato discutendo con una mia amica e cioè: Il progetto Acqua. All'interno vi si trovano le rifelssioni e le considerzioni nate attorno all'elemento acqua, gli effetti comportati, oltre alle piacevolissime sensazioni provate e vissute al suo interno: dall'immersione che permette di guardarsi e sentirsi dentro alla resistenza e controbilanciamento percepite muovendosi nel mezzo. Quest'ultima sensazione permette di viversi anche i momenti più duri e difficili travestiti sotto mentite spoglie di piacevoli, alias fasi Up .
Buona condivisione e lettura a tutti.

Nota: La foto ritrae uno scorcio del Capo di Milazzo in località Rotolo. Andate a vedere voi stessi, si stà preparando un presepe.

venerdì 12 novembre 2010

Rabbia .

E brucia...

Per ora c'è rabbia che brucia, si brucerà l'isola? Non credo, ma voglia di starmene a guardare non ne ho. Vivo e vado avanti.

venerdì 29 ottobre 2010

Emozioni .

Galleggiano!

Le emozioni potrei definirle come dei corpi, più o meno belli. Alcuni di forma e colore gradevole, altri sgradevoli a vedersi o sentirsi. Nell'immagine ho preso un palloncino colorato per dare un'idea.
Ognuno di noi ha un subconscio, che in parte è paragonabile ad un mare interiore che ognuno di noi porta dentro. Questo lago salato ogni tanto fuoriesce con le lacrime (sia per dolore ma anche per ridere), ma in generale è solcato e vi galleggiano questi corpi dette emozioni.
I corpi nel mondo esterno galleggiano sul mare in virtù del principio di Archimede, tale principio recita:

Ogni corpo immerso in un fluido (liquido o gas) riceve una spinta verticale dal basso verso l'alto, uguale per intensità al peso del volume del fluido spostato.


Tale principio se la trasponiamo nell'ambito del mare interiore ci potrebbe dire che:

Ogni emozione immersa nel mare interiore (subconscio umano) riceve una spinta verso il basso, uguale per intensità al peso morale addossato alla stessa.

Il ragionamento è per assurdo e per assurdo in questa discussione potremmo chiamare il principio di galleggiamento “il principio di Umberto Pitagora”.
Partiamo dal presupposto che le emozioni tendono a salire a gala, a fuoriuscire; ma lo fanno in virtù della presenza o meno del peso legatovi, per cui possono galleggiare a pelo d'acqua, o più, o meno in profondità.
Come abbiamo detto prima le emozioni di per se stesso tendono ad essere esteriorizzate, fuoriuscire ed esser visibili, cioè sganciarsi dal peso morale (ove sia presente) che le trattiene e venire a galla.
Cosa mette il peso affondante alle emozioni? Forse sono i rapporti umani quali conoscenze, amicizia, rapporto di coppia, fidanzamento, convivenza, matrimonio, rapporti di lavoro, di volontariato, di comunità ed associativi, sono sicuro di scordarmene qualcuno. Una volta messo il peso sulle emozioni, queste vengono trasportate in basso, oppure verso le profondità del mare interiore.
Dall'altra parte possono accadere degli eventi umani, in base ai quali questi pesi vengano sganciati e quindi le emozioni collocate volontariamente/involontariamente sott'acqua possano riemergere a galla.
Ciò che può determinare lo scollamento del peso morale dall'emozione, può essere un incontro, una lettura, una spiegazione, un evento traumatico, un evento piacevole, il sonno, il risveglio, un lutto, una scoperta e quant'altro di dinamico e vivo ci sia nella vita di tutti i giorni.
Nel momento in cui si ha lo scollamento del peso dall'emozione, questa come un galleggiante tende a riemergere verso l'alto. L'emersione sarà tanto più veloce e violenta di pari passo all'intensità del peso e del livello di profondità in cui era stata relegata, in pratica può uscirne fuori una bella bomba esplosiva, per cui una persona vinta e convinta delle sue idee può benissimo trovarsi con la merda fino al collo per un evento che ne ha sganciato il fermo.
Morale della favola: In questi ultimi tempi noto di aver conosciuto delle persone che hanno imbrigliato alcune o molte delle loro emozioni. Una di queste in particolare, durante la fase terminale del periodo delle scuole superiori dove c'era casa, chiesa e 'zzito (fidanzato), tutti ambienti caratterizzati da una forte tendenza a metter carichi morali, venendo a conoscenza di un'altra persona e piacendogli molto, come si è trovata? Si è trovata con una serie di emozioni che ritornavano a galla, scuotevano il suo mare, lo affollavano e la confondevano, tanto da mettere in dubbio molte cose della sua vita. Come si è risolta la situazione? Semplice ha legato alle emozioni pesi ancora più pesanti credendo di poterle mandare ancora più a fondo, ma ci sono momenti, quali prima di andare a dormire che la persona si ricorda dell'altro e si fa sentire.
Cosa fare in queste situazioni? Meglio esser chiari dal primo momento e dire le cosa in maniera diretta, senza perdersi nelle tagliole e gabbie dei discorsi dedotti ed indiretti.

giovedì 21 ottobre 2010

Sempre e Mai .

Due parole che utilizzo come il sale ed il pepe.

Una cara amica in una discussione l'altro giorno mi fece notare come su certe parole Io salti in aria, o meglio rimango particolarmente colpito. Tra queste ne risultano due: Sempre e Mai. Queste due paroline mi danno particolarmente fastidio e di conseguenza le uso nel mio linguaggio moderatamente come impiego il Sale ed il Pepe nel cucinare (per gli ovvi motivi medico sanitari che comportino) .
Perché questa mia scelta di utilizzarle moderatamente? Semplice, sono due parole assurde da intercalare nella vita quotidiana come il concetto di Infinito e Zero per la Matematica.
Fintanto che lo Zero e l'Infinito restano nell'ambito dei fogli a quadretti, non fanno male, i problemi nascono quando si vorrebbero mettere in pratica nella realtà.
Alla stessa maniera le due paroline Sempre e Mai rasentano semplicemente l'assurdità nell'intercalarle nella quotidianità, dato che difficilmente una persona sensata può sempre o mai fare o non fare un comportamento, dire, parlare, agire o qualunque altra azione rigidamente come un robot .
C'è da notare che di solito gli oratori pletorici, quelli che iniziano un discorso partendo dal basso medioevo per arrivare ai giorni nostri, sono soliti iniziare o concludere le loro arringhe con un un bel “Sempre” o un bel “mai”. Queste due parole fanno in modo che la loro elucubrazione mentale possa esser nascosta dietro a questi due lasciapassare per le menti altrui e poter esser accettate pedissequamente da chi ascolta. Peccato che parlare per anatemi o per concetti monolitici non è che servi molto nella vita.
Aggiungo che l'utilizzarli nel proprio discorso di risposta in presenza di pletorici oratori espone al rischio di esser facilmente manipolati nella discussione instaurata, dato che gli oratori pletorici sono abili nell'utilizzarle e le impegnano a loro piacimento, rischiando così di farti cadere nella ridicola contraddizione dei concetti, tanto sono abili nel maneggiare questi 2 concetti assurdi, per cui il loro impiego rischierebbe di dare un ingiusto ed inutile vantaggio a chi hai davanti.
Poverini quelli che ricorrono al loro utilizzo.

Mezza...

Sega...

Il simbolo ricorda quella della “SEGA”, nota casa di produzione console giapponese degli anni ottanta e novanta del secolo scorso, ma il post non si riferisce ai videogiochi, vorrei solo fermare un momento, scriverci sopra, dargli una immagine e metterlo nel dimenticatoio.
Era la mattina del 22 Luglio, ero in stanza in uno stato di rincoglionimento totale, dato che tra i miei alti e bassi, quella mattina ero proprio in fase Down. Aggiungo che erano appena trascorsi 21 giorni precisi – precisi dall'ultima sfuriata di mio padre sulla mia vita, sulle mie scelte, sul Blog, sul lavoro (che iniziava), sull'università (ferma) sulla mia vita che a suo avviso è “persa”.
Per cercare di ricomporre i pezzi ero seduto al PC, come al mio solito cerco di svuotare la mente o giocando al PC, o scrivendo, o cercando di parlare con i cari, guardando foto, immagini, filmati, ascoltando musica .
Di punto in bianco mi ritrovo un Coso in stanza che urla, grida, impreca, mi insulta dandomi dalla mezza sega (vedi immagine), al fallito, passando per il coglione.
Oggi ripensandoci mi viene da riderci su, ma vivere quel momento non è stata la fine del mondo, dato che sembrava di essere sopra una lancia di 3 metri e mezzo in vetroresina in mezzo al mare forza 6.
L'ho lasciato parlare e discutere, appena ha toccato l'argomento Alessandra (su come lei potesse stare con un fallito come me), mi sono incazzato come una bestia.
Come un cane a cui qualche passante di merda prova a dare un calcio alla compagna, sono scattato ed ho iniziato a mordere. Dovevo avere un volto davvero terrificante, dato che ho finalmente sciolto la lingua cominciando col dire che il Coso non si doveva permettere mai più di tirare merda su di lei, che con tutto questo porcile del Coso, Sandra non ci entra proprio nulla e che già si sono permessi di pensare di poterle tirare merda di sopra uscendosene con la felice scelta della Cosa: voi non vi dovete vedere più qua. Ma questa è un' altra storia e magari un altro Post.
Il fatto è che da quel giorno ho cominciato a chiudermi in me stesso in casa, scambiare il minimo possibile di parole e facendomi la mia strada, aggiungo pure che se veniva nei pressi l'eterno adolescente raccoglievo bagatte e bagattelle e me ne andavo via. In pratica la chiamata a lavoro per 1 mese ed oltre per me è stata una liberazione, dove mi hanno pure pagato.
Oggi (venerdì 10 Settembre 2010 ) torno in una casa vuota dei Cosi e a dimensione umana, dove se uno decide di dormire, lo può fare senza esser svegliato di soprassalto.

mercoledì 13 ottobre 2010

Misandria .

Didascalia.

Capita che in qualche discussione con delle ragazze, si presenti una latente avversione per il genere maschile. Negli ultimi tempi nel parlare con le signorinelle mi è capitato di sentir questa avversione con una intensità sempre più maggiore, un crescendo di avversione verso l'altro sesso misto a delusione. Che le aspettative verso i maschi siano maggiori delle reali possibilità degli stessi? Magari smettere di infarcire i cervelli delle ragazze di pretese assurde sull'altro partner ben descritte da cantanti tipo Nek, Gigi D'Alessio, Biagio Antonacci, dove l'altro partner viene descritto con super poteri mentali del tipo Psichiatra plurisecolarizzato in clinica o un San Giuseppe pronto ad accollarsi mille problemi? Magari un buon samaritano capace di sollevare da tutti i problemi? Ma come fa a convivere questa avversione per l'uomo ( Misandria ), con una necessità così estrema della figura maschile, così estremizzata ed idealizzata al punto da perderne le caratteristiche umane e montato un ide? Un problema latente ma presente .
Per una dotta e chiara spiegazione sull'argomento rimando all'ottima Wikipedia:

Dolore in testa.


E ne avevo tanto.

C'è stato un periodo della mia vita dove ho fatto cose che non avevano senso, perché c'era tanto dolore nella mia testa.
Ho iniziato una materia 25 volte e tutte e 25 volte non l'ho portata a termine, non perché non ne fossi in grado, e non l'ho portata a termine non perché non ne ero in grado, ma per via di quel dolore in testa che mi faceva saltare dalla sedia da qualunque cosa facessi. Forse si è calmato..

lunedì 20 settembre 2010

Pausa lettura .

Lo stretto di Messina da Capo Peloro.

Oggi squilla il telefono di casa, è un dipendente della biblioteca Comunale di Milazzo che dopo 87 giorni di prestito mi richiede indietro l' Horcynus Orca. Avevo programmato di riportarlo in settimana, ma la telefonata ha accelerato i programmi.

C'è un problema: il tomo lo sto re-incollando, dato lo stato pietoso in cui versava ed in cui mi si è ridotto leggendolo. Praticamente ho navigato con l'edizione del 1975 della Rizzoli e la copertina mi si è sfaldata nelle mani.

Tolgo il tomo da sotto la pila di libri per incollarlo e lo pulisco. Un casino inimmaginabile! Ho rilegato con una colla troppo lenta, la quale amorevolmente ha impregnato parte delle pagine dell'opera. Investo circa due ore a ripararlo, ma alla fine ne esce fuori un gran bel lavoro di rilegatura e posso partire per la restituzione.

Giunto alla biblioteca Comunale trovo la cara Signora che mi ha permesso di tenerlo fino ad oggi, la ringrazio per avermi sostenuto facendomi leggere fino a pagina 536.

Apro la borsa e tiro fuori il libro, dentro ho sentito come separarmi da un compagno di vita, staccarmi un pezzo di pelle e di stomaco, nel lasciarlo nelle mani della libraia ho sentito che qualcosa di me se ne andava via. Saluto, ringrazio e torno alla bici.

Nel tragitto di ritorno mi son detto tra me e me: E se me lo comprassi?

Detto – fatto, pedalo allegramente fino a giungere allo storico libraio milazzese “Filoramo” per informarmi dei costi e delle possibilità.

Entro nel negozio ma non trovo il Signor Filoramo. Mi guardo attorno per cercare la sua classica figura da libraio: alto, magro, dal volto allungato con i capelli lunghi, il collo snello da cui pendono gli inseparabili occhiali da lettura ed il suo sorriso di accoglienza con cui ti accompagna per i meandri della cultura.

C'è una accesa discussione tra i presenti a cui non voglio minimamente partecipare, voglio sapere se c'è una copia dell'opera e magari comprarla.

Chiedo informazioni sul libro al figlio di Filoramo e con la coda dell'occhio vedo la sorella. Come da nostra consueta ed unica abitudine ci salutiamo e finisce tutto lì.

Riferisco al ragazzo il nome del libro, ma il suo sguardo sorpreso e sbalordito non mi fa capire che abbia capito di cosa si ratti In quel momento urlo dentro di me: Signor Filoramoooooo!!!!!!!!! Dov'èèèèèèèèèèèèèèèèèèèè????????????????

Il ragazzo chiama in causa la sorella per ricercare il libro nel database. Con mia grossa “gioia” ripeto il titolo del libro per la seconda volta e quello che ottengo è un alzata di spalle.

Interviene la madre dei due, ovvero la moglie di Filoramo (l'ho capito dopo un po), che mi chiede nuovamente cosa volessi. Per la terza volta ripeto il titolo del libro, e stavolta sembra che la signora capisca di cosa si tratti (un grido di alleluia dentro di me si fa strada).

Intanto la ragazza uscendo dalla consuetudine dei semplici “CIAO”, mi domanda:

  • Ti sei laureato?

Mi chiedo:

  • Ma che vuole questa?

Rispondo educatamente:

  • No.. Sarei venuto qui per un libro.

Ribatte lei:

  • Io si! E tu?

Le allungo la mano e con un sorriso le dico:

  • Complimenti!

Accenna a voler prendere la discussione, ma subito chiudo:

  • Sono qui però per il libro, vorrei leggere.

Interviene la madre da dietro, dicendomi:

  • Ti sei laureato? Ma bravo! Ma che specializzazione ti prendi?

Senza aggiungere nulla, mi metto a guardare solo lo schermo del PC, con il sorriso sul volto ma con una grande voglia di fuggire da quell'ambiente claustrofobico dico semplicemente:

  • Sarei interessato al libro. Non so i discorsi che avete preso, non mi interessano. Vorrei delle informazioni sul libro se è possibile.

Risponde la figlia:

  • Ma mi avevi detto che ti eri laureato!

    Ribatto:

  • Per quello che ho sentito ti sei laureata tu. Comunque sarei interessato al libro.

    La Neo-Dottoressa sembra aver capito che sono interessato al libro e finalmente fa una ricerca sul database.

    Ci sarebbero 2 edizioni dell'Horcynus Orca, una economica a 15,00€ ed una di 25,00€, rispettivamente della Mondadori e della Rizzoli. La signora sembra aver capito che sono interessato al libro, ma da buona bottegaia Milazzese secondo cui devi fare quello che dice lei, come dice lei se no non ti vendo le cose, se ne esce con un:

  • Ma.. Sarà difficile trovare un testo di Narrativa in questo periodo, c'è una gran confusione. Forse ci sarà quello a 15,00€.

Chiedo informazioni sulla tipologia del testo e la signora si volta verso gli scaffali dei libri di narrativa e mi indica un libro in edizione economica.

Dietro sento la figlia che continua a parlare, ma le ho voltato le spalle e l'argomento non mi interessa.

La bottegaia si china per far finta di cercare il libro, sposta un paio di tomi e mi dice:

  • Non ci sarà.

Capisco che fa finta di cercarlo, ma se c'è il tomo da 15,00€ lo vorrei comprare dato che ho proprio la cifra in tasca, mi chino verso i libri ammucchiati da lei spostati, dicendogli:

- Se vuole le do una mano.

La bottegaia capisce che sono interessato, ma voglia di cercarlo non ne ha. Mi risponde:

  • Ma qui c'è una gran confusione.

Ribatto:

  • E' un tomo di 1200 pagine, abbastanza ingombrante, dovrebbe essere facile notarlo.

Le indico un tomo pressapoco delle stesse dimensioni. Dopo aver spolverato un altro paio di tomi la bottegaia mi risponde:

  • No, non c'è.

    Con la signora non si cava un ragno dal buco, mi alzo e mi rivolgo al ragazzo con cui l'odissea è iniziata chiedendogli:

  • Si può ordinare?

  • Certo.

  • Quanto passa?

  • Un paio di giorni.

  • Magari me la penso e ripasso.

    Tra il deluso, l'infastidito e l'incazzato guadagno la porta della bottega dei libri e me ne vado. Appena arrivo fuori inspiro una gran boccata d'aria, come se me ne fossi uscito da una lunga apnea subaquea.

L'Odisse continua.


venerdì 10 settembre 2010

Impietosire .


Premessa: Il post è pubblico e chi lo vuole può leggerlo, nessuno ti obbliga a farlo. Se decidi di leggerlo è una tua scelta personale di cui io non sono responsabile, dato che puoi pure voltarti dall'altra parte, magari andandotene in un altro indirizzo ed ignorare ciò che vi è scritto.

Se hai fatto la tua scelta ed hai scelto di proseguire, non mi resta che augurarti una buona lettura .

Sabato 17 Luglio 2010 ero in stanza che facevo il punto della situazione se raggiungere Alessandra a Palermo oppure no. Ad un certo punto della mattinata arriva una telefonata dai nonni: si è rotto un tubo nel bagno allagandosi la stanza, mentre l'idraulico “preferito” dal nonno è all'opera per risolvere il problema (con modi ed operatività tutti suoi e discutibili).

Sento arrivare una moto, penso tra me e me: Riccardo? No Claudio. Lo riconosco dal' abbanniata dalla corte, tralascio i particolari perché in sintesi l'idraulico aveva chiuso il rubinetto dell'acqua di sopra dove è ospite dei nonni.

Vedo mia madre farsi terrea in volto, coopta mio padre e lo manda al Capo a dare una mano alla nonna, mentre io mi metto in disparte e ragiono tra me e me.

Mentre lei si accende una sigaretta e si siede sulla sedia di vimini che Claudio si divertiva tanto a lanciarmi contro e che riuscivo a schivare sempre all'ultimo momento, mi sono commosso nel vederla. Sola, con la sua sigaretta accesa, presa dai suoi pensieri. Mi sono detto tra me e me: la situazione si potrebbe benissimo alleggerire, basta solo considerare il fatto che Claudio è Ospite a casa dei Nonni e che fino a prova contraria Il Nonno e la Nonna sono i proprietari dello stabile e possono fare quello che gli pare e piace, decidendo pure quale idraulico far venire per le riparazioni.

Preso da una forte emozione di sentimento di affetto e pietà verso la condizione di mia madre, ho fatto un primo passo in sua direzione (ero dall'altra parte della cucina). Fatto il primo passo i due sentimenti da che avevano medesima intensità hanno visto prevalere la pietà sull'affetto.

Il secondo passo è stato fermato dai toni sempre più forti di una pietà dalle tonalità cupe che si faceva strada.

Poi un terzo sentimento si è fatto strada l'assurdità della situazione e la follia che regna sovrana in casa dei miei, per cui mi sono detto in un battito di ciglia: Ma se io condividessi questo concetto sgravante con mia madre, non rischio per il sistema di rete sociale familiare di essere frainteso? Cioè per dargli una mano e dirgli guarda che non te la devi prendere troppo, dato che la casa è ancora di tuo padre e decide lui a chi chiamare per la manutenzione, rischiavo l'altra interpretazione dei fatti: tu ce l'hai sempre contro tuo fratello (l'eterno dualismo e fratello contro fratello che i miei cavalcano) e non puoi sopportare che stii alla casa al Capo (a me solo questioni sociali e morali ed un grazie per non avermi dato manco una buccia di fava per pagarmi 3 anni di terapia).

I passi sotto il peso di questi discorsi fritti e stra-fritti si sono fermati, le suole delle scarpe si sono inchiodate sul pavimento, un piccolo soffio di vento esterno che ha mosso le foglie del potus sul davanzale mi ha ricordato: VITA. Mi sono detto: Vattene a fanculo io vado per la mia strada e sguazza nella merda che ti sei cresciuta.

Ho fatto i bagagli ed alle 11:20 ero alla stazione con un biglietto in mano per Palermo.

PS: Un grazie al migliore amico dell'uomo per avermi donato l'immagine dell'impietosire .


L'immagine appartiene al rispettivo proprietario

Una rete .

Con maglie per trattenere senza rompersi.

La Memoria è figlia di due importanti funzioni della mente: Ricordare e Dimenticare.
La prima permette di trattenere come i fili di una rete il tempo che trascorre attraverso , permettendo di fermarlo e farlo tuo; la seconda è come lo spazio che intercorre tra un filo ed un altro, lascia scorrere via le cose.
Mentre il ricordare permette agli eventi umani di esser trattenuti, il dimenticare permette ad essi stessi di perdersi nella corrente della sabbia del tempo ed andare via. L'uno ferma e trattiene, l'altro evita che il filo non si appesantisca troppo e si rompa.
Dall'equilibrio dei due, cioè tra il dimenticare ed il ricordare, nasce la memoria dell'individuo, del singolo, del soggetto, dell'Io; cosa ben diversa dalla memoria collettiva, dell'identità di un gruppo. Quest'ultima nasce dall'incontro e dallo scambio tra le persone di parti che ognuno tiene in serbo. Ma questo magari è argomento di un altro post.

giovedì 9 settembre 2010

Acque calme per navigare .

Sembrerebbero buone.

Caro lettore,
sono trascorsi 42 giorni dall'ultimo Post, una mia assenza bella, lunga, importante ed impegnativa.
Fuori piove ed Io sono seduto nella stanza davanti al fido PC, le serrande abbassate e le porte aperte, in modo da far passare il rumore della pioggia ed il venticello che la accompagna.
E' difficile riprendere le fila dopo un periodo di assenza così lungo, anche perché di acqua nella mia vita in questo ultimo mese ne è passata e molta aggiungerei. Principalmente lavoro, quella che sembrava una occasione lavorativa “fumigosa” e poco concreta, si è rivelata una esperienza coinvolgente, impegnativa e totalizzante.
Sono stato fuori casa per oltre 1 mese di fila, riuscendo a tornare a casa la settimana scorsa agli ultimissimi di Agosto (era la notte del 31) per poi ripartire l'indomani mattina, dato che importanti impegni mi richiamavano a Milazzo.
L'esperienza è stata interessante: cucinato (di tutto e di più), portato auto di varia cilindrata (fino ad una Mercedes 2300 di cilindrata ), gestita la tavola fino a 13 commensali, fatto la spesa, accompagnato per passeggiate in montagna (la parte che preferivo di più) ed altro ancora.
Ora sono stanco, con la bisaccia un po piena di cose da svuotare in questo dimenticatoio.
Mi aiuta il fatto che sono in totale relax, dato che i miei sono partiti, per cui se la mattina voglio dormire un po di più, ho la fortuna di non aver nessuno che mi rompe i così detti a letto mentre dormo.
Gli impegni sono tanti e le discussioni sono molte, il tempo è limitato e non saprei da dove cominciare. Intanto mi riposo che ne ho bisogno, dopo si vedrà.
Buon proseguimento di navigazione in questo oceano digitale:

AVE ATQUE VALE

giovedì 29 luglio 2010

Logo .

Diffidente.

Mi diverto ad elaborare il logo per l'isola di Melee, oggi ho creato la versione diffidente, la mimica facciale è ridotta all'essenziale, spero che riesca a dare l'idea .

mercoledì 28 luglio 2010

Stop .

Fermati prima di leggere un post .

Quando scrivo parto da un presupposto: Il post è pubblico e chi lo vuole lo può leggere, nessuno obbliga un'altra persona a farlo. Se una persona decide di leggerlo è una sua scelta personale, di cui io non ho alcuna responsabilità , dato che questa non è una testata giornalistica, non è un quotidiano, un telegiornale e sopratutto non ha funzioni pubbliche.
Dato che una persona giunge sulla mia isola di sua spontanea volontà, questo è un invito ad andarsene se i suoi motivi sono di guerra, dato che non costa nulla voltarsi dall'altra parte, magari andandosene in un altro indirizzo ed ignorare ciò che vi è scritto nel mio Blog.

Se hai scelto di proseguire e leggere, hai fatto la tua scelta personale, non mi resta che augurarti buona lettura .

giovedì 22 luglio 2010

Prima facciata .


Capita alcune volte che gente o luoghi ti si presentino con una prima facciata, magari un sorriso, un gesto che sia un abbraccio o un modo di fare aperto e solare. Passa il tempo e questo modo di fare resta, rimane ed è quello con cui si è presentato a te .
Altre volte capita che la gente si presenta con una facciata, bella, propositiva, sgargiante come un bel fiore tropicale, ma qualcosa non ti quadra. Dentro d te ti senti confuso, infastidito, come se qualcosa non tornasse.
C'è la tua parte interna che ha visto oltre la prima facciata e quello che ha visto fa proprio schifo, ti da repulsione, fastidio, sgomento e riluttanza. Cerca di farsi strada nella coscienza tra i pensieri ed esser presa in considerazione, ma non con idee ed immagini, bensì con quella sensazione di disagio, fastidio, con all'interno della bocca il solito gusto vomitevole che ha generato a primo acchitto.
La lingua si gonfia dentro la bocca, incollandosi al palato, assume un gusto metallico, dove dietro un retrogusto amaro si fa strada sul dorso delle papille. Vorresti sputarlo o mettere qualcosa di vivo, anche acqua andrebbe bene, la saliva si addensa diventando bava, le labbra si chiudono e non riesci neanche a parlare .
La sensazione che hai è di intravedere quello che c'è dietro, una distesa di pericolo, morte, filo spinato, carne putrefatta, idee malsane e stomachevoli, ma la paura che ti prende a scorgere queste cose ti ghiaccia da dentro. Troppo brutto quello che hai visto dietro e troppo orrendo da mandare giù.
Alcune volte ti fermi alla facciata anteriore delle cose e se puoi te ne vai via, senza più tornare in quei luoghi, da quella persona.
Altre volte ti ci ritrovi perché ci nasci e sei costretto a conviverci. Non è una bella cosa, ma ci devi fare i conti.
E già riuscirne a trovare/realizzare immagini per descriverla, dare descrizione a quello che si sente è un passo avanti.

giovedì 1 luglio 2010

Lavoratore e Parassita .



Direttamente dall'Europa dell'Est.

Lo spezzone di filmato riprodotto è “Lavoratore e Parassita” prodotto con cui Krusty il clown voleva sostituire grattachecca e fichetto con le loro versioni dell'Est .
Oggi nel bel confronto familiare mi si è voluto dare del parassita: cioè mangi, bevi e cachi a sbafo. Una bella tonnellata e mezza di merda scaraventatami gratuitamente, con un sorriso familiare postapocalittico nucleare. Peccato che l'ho rimandato al mittente catalogandolo come semplice e mera propaganda sovietica da sindacalismo comunista di fabbrica, tra l'altro predicato in un contesto non consono quale fosse una fabbrica. Parassita, assieme a “cinque anni che non fai un cxxxo” a tante altre belle cose il tema della mattinata. Proprio un bel confronto ed aggiungo proprio quello che mi serviva. Capita..



venerdì 25 giugno 2010

Horcynus Orca

Di Stefano D'Arrigo.

Oggi ho preso il libro HORCYNUS ORCA di Stefano D'Arrigo presso la biblioteca comunale di Milazzo . Dovrò riconsegnarlo tra 15 giorni, ovvero sabato 10 Luglio 2010, ma già ad una prima occhiata si prevede una bella odissea di 1257 pagine scritte con un linguaggio intenso e profondo.
Tante le risposte che spero di trovare dalla lettura di questo libro, ma credo più che altro che abbia da ascoltare quello che le pagine del romanzo custodiscono. Ho trovato tante risorse on – line sul romanzo e credo che via – via le condividerò e le riporterò. Che nasca una nuova costa de l'isola di Melee? Ma si, ho proprio voglia di aprire un nuovo segmento dell'isola tutto dedicato all'opera, per cimentarmi in questa impresa.
Che le onde dell'oceano di Internet possano accogliere il mare custodito tra le pagine dell'opera.

Nonna .

La nonna (1889) GIORGIO KIENERK .
  Il dito premeva quel campanello sul muro grigio, c'era la paura di prendere la scossa, perché non sapevi se il nonno l'aveva riparato. Lo scatto della serratura era il preludio all'apertura del pesante portone di legno, che rientrava sotto la spinta della mano paterna.
La corsa per la corte fino alle scale di pietra umida, mentre la manina afferrava e scorreva sul legno del passamano, mentre le corse per le due rampe di scale provavano il tuo fiato.
Sul ballatoio ti salutava il pendolo con il suo costante ticchettio, mentre tutto contento saltellavi per le mattonelle di terracotta del salone compiacendoti di far tremare i vetri delle finestre al tuo passaggio. Camminavi fino in fondo alla stanza ed allungavi la manina per girare il pomello in ottone della gialla porta lignea.
Entravi nella stanza e gridavi: Nonna! Nonna! Nonna ed una voce fievole dal fondo della stanza ti chiamava: Fabio. E tu correvi ad abbracciarla e baciarla in quella stanza che profumava di lavanda e saponetta, nel chiaroscuro della stanza la gioia del rivedersi era coperta ad occhi indiscreti dalla tenda fatta dalle sue piccole, nervose e tremolanti mani di lei.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

domenica 13 giugno 2010

1 Tonnellata e mezza .



Di merda da mangiare .

Gli interpreti di questa scena tratta da “L'allenatore nel pallone”, sono il noto Lino Banfi nella parte dell'allenatore Canà ed il benemerito Camillo Milli nel ruolo del Presidente della Longobarda.
Le battute sono poche ma la bravura degli attori, di un Camillo Milli che prepara la situazione e di un superbo Lino Banfi che la porta a conclusione con un volto raffigurante una maschera drammatica in perfetto stile del Dramma Greco, si gioca su poche battute:
Questo glielo darò domenica sera, dopo la partita.
Silenzio di Canà. Riprende il Presidente:
Canà? La vedo strano. Come si sente?
Canà digrigna i denti e fa scorrere un paio di secondi dove la vicenda dolorosa e la problematica dell'esistenza sono rappresentate e racchiuse nella drammaticità del suo volto che assume le sembianze di maschera da attore greco antico:
Come uno che ha mangiato una tonnellata e mezza di merda. Pesante da digerire sa.
Con questo spezzone di video si apre un nuovo scaffale nell'isola di Melee, dove si trovano le Tonnellate e mezza di merda mangiate, può capitare di mangiare e forse mangerò nella vita.
Dall'ambiente familiare, associativo, universitario, lavorativo, di amicizie, di conoscenze, di piazza, di incontri, di discussioni, dove in quel momento all'interno della bocca si materializza un gusto a dir poco vomitevole. La lingua si gonfia dentro la bocca, si incolla al palato, sembra che hai metallo, dietro un retrogusto di amaro si fa via – via strada sul dorso delle papille. Vorresti sputarlo o mettere qualcosa di vivo, anche acqua andrebbe bene, la saliva si addensa diventando bava, le labbra si chiudono e non riesci neanche a parlare.
Oggi se sento la situazione in questione presentarsi, almeno posso dire pensando a Lino Banfi:
Mi sento come uno che gli si dice di mangiare una tonnellata e mezza di merda. Pesante da digerire.
Capita..

sabato 12 giugno 2010

Occasione lavorativa .

Fumo negli occhi.


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Giovedì 10 mi sveglio presto, la radiosveglia era stata puntata alle 6:50 e con precisione millimetrica mi da il buongiorno con un pezzo di canzone . Alzatomi e sbrigate le necessità per prepararmi, prendo l'auto e mi dirigo in direzione lato ionico del Messinese.
Prendo la rampa dell'autostrada, mi immetto sulla Messina – Palermo; all'altezza del casello autostradale Messina Nord, provo lo sportello automatico per il pagamento del pedaggio, la macchina mi segnala un pedaggio da 1,90€, non tanto convinto esco fuori i soldi e pago. Per comodità nel ricordare mi faccio rilasciare lo scontrino del pedaggio e supero la tangenziale di Messina. Mi immetto sulla Messina – Catania ed imbocco lo svincolo per Roccalumera.
Immesso nelle strade SS, SP e SC , inizio ad “arrampicarmi” per “ruzzulaseppi” per raggiungere la casa di uno a cui avrei da fare il conducente per la mattinata.
Trovato parcheggio all'auto in una discesa dalla pendenza assurda (tanto che mi chiedo se al ritorno troverò il mezzo), corro verso il cancello dell'abitazione. Suono al campanello e non mi risponde nessuno, riprovo un paio di volte e non sento neanche uno squillo, mi chiedo:

- E' rotto?

Inizio a chiamare e chiedere se vi è nessuno in dimora. Dopo una decina di minuti mi risponde la giardiniera e vengo accolto. Per mia educazione chiedo se posso entrare in una casa altrui, ma in questo caso ho avuto come la sensazione che l'educazione sia stata scambiata per un punto di debolezza. Continuiamo la discussione.
Entro, vari saluti ai presenti ed attendo la persona da accompagnare. A sua volta ha un accompagnatore e mi domando: che ci fa?
Al momento di salire sull'auto (non mia e ci mancava) domando all'accompagnatore dalla pelle bruna:

- L'imbarco a che ora è? 
- Alle 11. 
- Una volta che lo accompagno al terminale, ci sarà qualcuno che lo attende?

L'uomo fa una faccia infastidita e mi risponde:

- Lo accompagno Io... (con l' Io marcato).

Domando se è di mia competenza il guidare, ma nessuna risposta verbale mi viene avanzata, solo l'accompagnatore che carica il bagagliaio e si tiene le chiavi del mezzo.
Tra il sorpreso e lo sconcertato mi siedo avanti lato navigatore e partiamo.
Per la strada colgo l'occasione di conoscere un po la persona seduta dietro. Si inizia a parlare del tempo, di una amica in comune e della scuola. Si analizzano i vari sistemi scolastici italiani, per poi parlare di Messina, dell'emigrazione e della letteratura Messinese.
Vedo e sento che la discussione è volontariamente allungata, come se la persona interessata non volesse toccare determinati punti. Io da buon figlio di buttana tocco i punti specifici: Quando ci rivedremo? Ad Agosto come è combinato?
Sul primo punto la risposta è fumosa in un ermetico “metà settimana”, senza sbilanciarsi troppo se sarà un Giovedì o Mercoledì. Sul secondo punto se la precedente risposta è stata fumosa, la seguente è nebbiosa “ non saprei, ho impegni lavorativi che non mi consentono di inquadrare il lavoro a dipendenza, non faccio programmi, possiamo venirci in contro”.
Senza forzare troppo me ne esco con un “ma lei di solito nel mese di agosto che abitudini ha, nella prima metà del mese? Nella seconda?”. Domanda secca, risposta precisa: Prima decina . Perfetto, rispondo, ho la raccolta di sangue in sede e mi posso organizzare con ragazza ed amici.
Arriviamo ad una pompa di benzina, facciamo il pieno per il ritorno e ci scambiamo i biglietti da visita. Unico particolare del mio è che vi ho dovuto scrivere a mano il numero (forse gli servirà sentire la mia grafia). L'autista finora silenzioso emette un grugnito. Cerco di capire che ha e gli rivolgo lo sguardo, ma lo vedo chiuso in se stesso.
Arriviamo al Fontanarossa e parcheggiamo. L'accompagnatore svuota l'abitacolo di tutto, lasciando i soldi per l'autostrada e che mi indica. Scarica il materiale dal cofano in fretta e furia senza staccare una parola, se non con l'accompagnato. Neanche ho il tempo di aggiungere molto che l'avvocato mi para la mano tesa e allungata ( come quella di un Carmelo S. quando si tirò per se a gratis un lavoro di una serata intera per trovare il nesso dell'interfacciamento di una periferica da PC a TV senza mollare nulla per il lavoro) e mi saluta. Restiamo che ci sentiamo in settimana nuova. Deluso e spiacevolmente sorpreso faccio la strada di ritorno. Sulla tangenziale arrivo a 98 Km/h quando il limite era a 90, accorgendomene da un pannello luminoso montato sulla tangenziale. Caso scelto , la cifra lasciata è giusta per pagare il pedaggio autostradale.
Parcheggio l'auto davanti casa e la chiudo. Mi annuncio prima di entrare e trovo ad aspettarmi sempre la giardiniera. Porgo le chiavi del mezzo, domando se la signora è in casa, risposta negativa, prima di salutarla le domando “ se a mio riguardo ha ricevuto delle specifiche direttive”, la risposta ovviamente è “no”. La giardiniera si prolunga in spiegazioni circa le allocazioni possibili del mezzo in un garage dall'accesso stretto. Taglio corto e me ne vado, non prima di aver fatto notare che la maniglia dell'auto è rigata da calcinacci in virtù dell'accesso ristretto al box. Scopro di aver parcheggiato la mia auto vicino al garage in questione e prima di salirmene in vettura controllo l'intonaco del box stretto: è stato rigato da poco.
Sulla strada del rientro la delusione si fa strada, ed una serie di possibilità fanno
capolino circa la collaborazione:

- Disponibilità a tempo pieno? Per collaborazioni occasionali dove devo rimanere a disposizione a tempo indeterminato? Una diaria a prestazione o a termine? E sopratutto i tempi della collaborazione: 1 mese, 2 mesi, 3 mesi? Settimanalmente? Occasionalmente? Se sono occasionali, come mai il compenso per la prova non è stato corrisposto?

La prossima volta che ci sentiamo, ascolto ma non mi sbilancio. Prima che io dia una risposta, vorrei capire il mio compenso a quanto e come viene liquidato: a fine di ciascuna prestazione? A fine di tutta la collaborazione? E quanto è il totale? 1'000,00€ ? Perché farsi 1'000,00€ per 3 mesi di disponibilità, con collaborazioni che non sembra si riesca a capirne l'entità, con spese vive da 16,00€ da dover fronteggiare per ogni prestazione, preferisco andarmene a fare il cameriere, dato che a fine serata, per ogni prestazione ti salutano e ti danno 20,00€.
Ho come l'impressione che finora sia stato buttato fumo negli occhi e basta.

lunedì 7 giugno 2010

Nuova Intestazione .


Era un po che non la cambiavo, se poi ci metti una foto passata che non aveva più senso.. Buona lettura e buona navigazione!

AVE ATQUE VALE

sabato 29 maggio 2010

Dimenticatoio .



Sarebbe bello averne uno, dove poter custodire e conservare, senza perdere i propri pensieri e permettere alla mente di non esser costipata.

Si apre/vorrei aprire un nuovo spazio nell'isola a cui dargli il nome “Dimenticatoio” per l'appunto. Servirebbe per metterci le cose da dimenticare, scordare, lasciarsi alle spalle, dato che il ricordare per esistere vuole il dimenticare. Dall'intreccio di queste due nature (mneme e lete) nasce fuori la memoria di una persona e la persona stessa.
Dall'esperienza del Blog ho capito che questo strumento è un luogo dove trovare spazio esterno alla propria mente per le idee, dove metterle per poi ritrovarle. Una volta riportati gli eventi, accalorati e carichi di contenuti emotivi di una canzone, una foto, un disegno, una clipart, un video, un filmato e tutto quello che permette il web, nella propria mente si fa spazio. Si riesce quasi ad esser meno “ingolfati” nel ragionamento, più fluido, quasi come se ci si liberasse di un peso.
Voglio riconoscere che tutto il Blog assurge alla funzione di mettervi i pensieri da voler dimenticare, senza che siano persi nella sabbia del tempo e quindi ogni volta non necessariamente ritrovati, riconosciuti e riconsiderati . Qui hanno una data, hanno un loro momento, una loro dimensione, in modo da poter esser ricordati quando servono o, come accade il più delle volte, dimenticati.

mercoledì 26 maggio 2010

L'Io .



Un primo colpo ti giunge e gridi dal dolore, un secondo colpo arriva ed il dolore è tale da non poter esser più esteriorizzato, ti trasformi in un a maschera di dolore mentre vai giù fratturato in tanti pezzi.

C'era una volta l'Io, aveva le sue facoltà superiori: Memoria, Pensiero, Coscienza , Progettazione per citare le più importanti .
Poi qualcuno decise di caricarlo di pesi, educazione la chiamavano, ma sembrava tanto una serie di ancore a cui legarti e farti sprofondare nell'abisso della depressione; schegge di vetro conficcate nella mente che mandavano in cortocircuito tutto il sistema, come se un ricercatore si fosse divertito a conficcarti una porta seriale nella scatola cranica a te gatto da laboratorio. Nonostante tutto riuscivi ad andare avanti.
Un bel giorno accadde che l'Io si fratturò, perché prese una bella botta, ma proprio pesante, dove ci si scordò che giorno era. Ma si riuscì a camminare nuovamente a poco a poco.
Sembrava si fosse superata la botta e procedere sulla propria strada, ma qualcuno accanto sferrò nuovamente un colpo pesante, dentro si sentì nuovamente lo schianto di qualcosa che si ruppe.
E' difficile da spiegare perché dentro, ma senti come il tonfo di una saracinesca calata con violenza che sbatte contro di te. Un secondo dopo ti senti in miliardi di pezzi sparsi per terra, slegati gli uni dagli altri e non riesci più a rimetterli assieme. Chi hai accanto ti guarda impressionato, tra poco si farà il segno della croce per ignoranza, ma intanto tu ti vedi in miliardi di pezzi sparsi per terra come sabbia sparsa sul pavimento e soffri di dolore.
Capita.

lunedì 24 maggio 2010

Risvegli .


Sto bene, poi ad un tratto tutto si blocca. Senza preavviso, come lo scatto di un interruttore, con la stessa velocità. E deve succedere qualche cosa per riaccendermi, un rumore, un contatto e allora riesco a muovermi di nuovo e a stare bene di nuovo. Non è che mi senta male è che: niente, non sento niente, come se fossi morto. Niente. Niente.

Queste le frasi raccontate dalla voce esterna, un po me, un po te, un po noi, un po tutti, le sento mie, personali e condivise, perché certi momenti mi sento morto ed è difficile farlo capire.
La sensazione è quella di trovarti come spento, smontato spezzato, fratturato, distrutto, travolto.
A volte persone care vengono a darti una mano d'aiuto e ci riescono, senza doppi fini come mia cognata; altre volte vorrebbero darti una mano ma ti spappolano in 1000 pezzi come mi capitò con una persona fu cara, la quale credendo di darmi una mano con l'ennesima “cazziata pesante” in riva alla spiaggia perché non mi ero dato una materia invece di aiutarmi mi spappolò come carne da macello.
Ora mi incazzo quando si presenta la situazione ed apro un nuovo spazio dell'isola dove raccogliere i miei pezzi, darmi io una mano e permettere il mio risveglio. E spero vivamente che alcune cose cambieranno.
Non a caso il margine del video è rosso, come quando a Lecce vidi una immagine rossa alla TV, punto di partenza che mi permise di alzarmi dal mio torpore e di reagire alla situazione svuotante in cui mi ero trovato.

domenica 23 maggio 2010

Risveglio .




Certi momenti ci si sente male e tutto ad un tratto tutto si blocca. Senza che te ne accorgi, senza un segnale di avviso, di messa in attesa, di premessa. Stai male e tutto si ferma, diventando freddo ed immobile.
Deve succedere qualche cosa esterna per riaccenderti: un suono, della musica, un rumore, una parola, un frase, un gesto, un raggio di sole, una nuvola nel cielo, il cielo, guardare una foto, un filmato, sentire una barzelletta, anche un contatto, un pensiero esterno, una mano protesa verso di te, un supporto, un salvagente.
Quando arriva un elemento esterno allora riesci a muoverti nuovamente e prendere la strada che porta a star bene nuovamente .
In quei momenti ti senti male, davvero male e non senti poi nulla se non lo stare male, è come se dentro morissi a poco a poco, lentamente ti spegni come una candela dentro ad un bicchiere con l'ossigeno che via – via scema sempre più.
Capita.

sabato 22 maggio 2010

Montaggio .

Ultimamente i post dell'Isola si sono arricchiti maggiormente di uno strumento: i video. Riescono a coniugare immagini e suoni, dando così un'idea più viva, intensa e diretta del concetto che cerco di esprimere attraverso le parole.
Questo comporta un grande lavorio di analisi dei filmati, ricerca, comprensione, cernita delle emozioni provate e suscitate, oltre al reperire le fonti.
Un lavoro che prevede il rintracciare la parte desiderata, individuarla, estrapolarla e magari introdurvi delle sequenze nere all'inizio ed alla fine, in modo da non aprire o chiudere bruscamente il racconto.
Introdurre un paio di secondi in nero permette alla mente di prepararsi a quello che vedrà, così come aggiungere qualche secondo di scene nere alla fine permette alle idee miste alle emozioni prima assorbite di scendere giù fino all'animo. Non chiudendo subito permette alla mente di compensare, potendo così tornare alla realtà a poco a poco.
Voglio fare il regista? No :-) Solo avere uno strumento in più per condividere le mie idee e pensieri, in modo che il cybernauta approdato sulla mia isola possa sentire dentro di se, quello che io provo. Praticamente un bel problema di comunicazione da risolvere. Io ci provo.
Buona lettura e:
AVE ATQUE VALE.

venerdì 21 maggio 2010

Pacman compie 30 anni .


E li porta bene.

Oggi il famoso gioco PACMAN compie 30 anni, alzi la mano chi non ha mai giocato con una versione di questo conosciutissimo tra i primi videogame.
Anni 80, anni ruggenti, di crescita e di novità: Walk-man, audiocassette, PC, console, merendine, TV dei ragazzi e sala-giochi. In questi ultimi ambienti ci ritrovavamo i vecchi scatoloni cubici dei videogame.
Grandi strutture di legno a parallelepipedo, grosse, pesanti, puzzavano ora di fumo, ora di resina, ora di muffa. Non le prendevi a calci perché sapevi che il custode ti avrebbe buttato fuori non facendoti metter più piede nella sala, per cui mollavi certi colpi al Joystick.
Prendevi l'abitudine di scontartela con le manopole del Joystick da salagiochi e te ne tornavi bello e contento a casa a giocare magari al Commodore 64 (per chi lo aveva), peccato che quando ti incazzavi te la scontavi con il Joystick di casa (non fatto di metallo come gli altri) spezzandone la manopola.. Quanti ne ho fatti a pezzi :-)
Non mi resta che salutarvi ed invitarvi per un collegamento a Google, dove poter fare qualche partita gratuita sul motore di ricerca che ospita una Demo del gioco.
Buona partita!

giovedì 20 maggio 2010

Aeroacrofobia .



Definiscono Aeroacrofobia la paura dei luoghi aperti e alti .

La prima volta che vidi il film Shining ero poco più che un adolescente, mi spalmai sulla poltrona di casa dalla paura, mentre le primissime scene di apertura del film scorrevano:

Una ampia distesa di acqua, piatta, grigia ed immobile vista ad altezza sorvolo.

Proprio quell'altezza che permette di vedere le cose non in modo da delinearne i confini dello spazio visivo, ma da una quota ibrida dove i contorni dello spazio non sono visibili e si perdono ai bordi del campo visivo.
Dentro urlavo di paura, ed il dolore conseguente a questa emozione smodata si faceva strada tra le carni. Un' esperienza agghiacciante, dove al mio solito stetti zitto, vuoi per l'orario, vuoi perché ero abituato a non urlare perché davo fastidio.
Passarono gli anni, i decenni e la terapia. Chi mi stava affianco mi guardava con curiosità quando ponevo il problema di cosa era questa paura, più interessata a distogliere l'attenzione dal fatto che non sapeva che pesci pigliare, piuttosto che dire: non saprei. La cosa cadde nel dimenticatoio, forse un po troppo affollato dagli ultimi decenni di vita.
Trovai le parole per parlare di nuovo di questa paura un paio di giorni fa, quando una persona su Facebook condivise il link ad una immagine intitolata “Ataxofobia”. Il link è il seguente:


Cliccai sopra ed inizia a curiosare. Il link poi rimanda ad un Dizionario delle fobie a cui si può andare incontro. Il link del dizionario è :


Comincia a cercavi le parole strane inizianti per A e vi trovai la “mia” Aeroacrofobia, più che una fobia è una forma di paura bella ed intesa, aggiungo.
Oggi mi sono tolto un peso dall'animo non indifferente, so come chiamare una cosa, che contorni ha e che intensità ha. Un bel passo avanti se si pensa che prima non si sapeva cosa era, ne come si chiamava, ne che contorni avesse e che intensità portasse in grembo ad essa.
La vita va a avanti e noi con lei, per fortuna, aggiungo.

sabato 15 maggio 2010

Complesso di Ettore Maiorana.



Capita...

Capita di trovarsi assorti nei propri calcoli o ragionamenti, riuscendo a volare con la mente sulle cose, guardarle da una visuale diversa e giungere dove altri non arrivano a trovare le soluzioni. Questo non per “super-poteri”, ma perché dotati di una sensibilità molto sottile e profonda che consente di sentire e percepire gli eventi con una intensità non comune.
Praticamente ti ritrovi a capire dove vuole andare a parare il discorso di una persona ad ¼ dall'inizio dello stesso, o magari capisci quasi subito dove arriverà la punizione o il colpo basso che chi hai davanti sta per infliggerti. Potrei continuare ad iosa con gli esempi, ma non soffermiamoci troppo.
Mentre chi ti sta attorno si dibatte tra tanti salti e salterelli, scorciatoie, giri e rigiri puliti e non, magari riesce a raggiungere con tranquillità la soluzione, ma dopo di te.
Raramente la compagna di viaggio per trovare la soluzione è la tranquillità, il più delle volte è l'ansia che fa capolino, ti avvolge in un rotolo di dolore, ma si sa che i compagni di viaggio non sempre riusciamo a sceglierceli e quindi ci tocca conviverci.
A volte si riesce a raggiungere la soluzione per la via che sembra la più ovvia, semplice, perché lineare, non troppo aggrovigliata, diretta, immediata, maledettamente sotto gli occhi di tutti ma che tutti non riescono a vedere. Ci sorprendiamo che gli altri non la vedano, ma tentenniamo.
Sostiamo un attimo prima di prenderla, in modo da annullare il vantaggio nella corsa della vita che per nostra gioia e croce abbiamo in dote dalla sensibilità. Tentenniamo e siamo dubbiosi, poi ci guardiamo attorno e vediamo che gli altri si avvicinano, raccogliamo la soluzione e riprendiamo il cammino, ma arriviamo al traguardo con una risicata manciata di secondi di anticipo, come se avessimo rubato qualcosa a qualcun altro.
Arriviamo prima alla soluzione, ma pochissimo prima degli altri, ma davvero poco, così poco che non riusciamo a sfruttare il traguardo raggiunto in anticipo e possiamo solo veder arrivare gli altri, magari mentre la nostra sorella ansia ci ha corroso fino a poco tempo prima mettendoci l'inferno dentro all'animo per correre.
Può essere una dote l'arrivare alla soluzione una manciata di momenti prima degli altri ? O è una condanna? Forse è uno strumento in più nella vita? O forse è un problema in più nelle cose, dato che cammina con sorella ansia? Il fatto è che certe volte rode profondamente l'essersi caricato della possibilità di raggiungere per primi alla soluzione e non riuscire ad avere quel vantaggio che magari ci si aspetterebbe per poter andare “meglio degli altri”.
Giungere pochissimo prima degli altri alla soluzione, bello? Mha...

venerdì 14 maggio 2010

Si fa rotta verso .

Le paure.

Da un po non scrivo per lo scaffale “Utuste”, dato che mi sono sentito fermo, diciamocelo chiaramente “abbastanza” fermo.
E' stato un periodo di riflessione, dove non capivo dove puntare la prora della mia canoa; gli altri mi chiedevano e mi chiedono di esser loro guida, ma voglia di far da guida ad altri non ne ho.
Ho voglia di navigare verso nuovi lidi, anche in compagnia di persone care ma navigando da pari uno accanto all'altro, per capire le mie paure, parlarne, confrontarmi e discuterne con chi ne abbia voglia, condividere filmati, foto e quant'altro possa esser condiviso a livello umano con una persona che dia ascolto per sentire.

Non mi resta che dirvi:

AVE ARTQUE VALE

Credente, Agnostico, Ateo .

Varie opzioni.

Il Credente ( monoteista / politeista ) è colui crede in Dio / nelle divinità .
L'Agnostico è colui non Crede ma non riconosce l'esistenza di una divinità .
L'Ateo è colui che nega l'esistenza di una divinità.

Fintantoché parliamo di religione, sappiamo che i popoli si sono scannati ed ammazzati per la religione che alla fin fine è un fatto personale, il problema è quando si crede che religione/filosofia sia il proprio animo, la propria persona, la propria psiche.

Anche qui si potrebbe giocare al Credente che crede nell'esistenza di un animo/psiche; all'Agnostico che non crede nell'esistenza dell'animo ma riconosce l'esistenza di una qualche forma di psiche, fino ad arrivare all'Ateo che nega l'esistenza della psiche.

Cosa ti risponderà l'Ateo? Non si può misurare e quindi non esiste. Peccato che su certi argomenti non esiste un metro fatto di centimetri, pollici o millimetri, che con il tuo calibro potrebbe andare a misurare. Forse per dargli una dimensione reale esiste il tempo che scorre per provare a capire cosa sia, ma la cosa importante è cercare di ascoltare, se sei fortunato capire, e se sei in gamba accettare quella tua parte di te.

Sull'argomento non si parla di questione di fede o non fede, qui si parla di un substrato reale, concreto, fluido ed esistente che ognuno di noi porta dentro di se: il mare delle emozioni e delle sensazioni umane, primordiali, profonde ed intense che abbiamo dentro di noi. Ignorandolo del tutto, si ignora una grossa fetta di vita, da cui possono nascere, nascono e nasceranno davvero seri problemi.
Per ora ho una persona cara che per tanto tempo ha ignorato del tutto questo mare, sopratutto quando il mare altrui era malato, convinta dall'ateo dell'inesistenza del mare interiore. Oggi si trova lei con il mare malato e l'ateo è nella merda perché non sa che pesci pigliare.

mercoledì 14 aprile 2010

Sempre sbirro sei .



Spezzone tratto dal film “Il Commissario Montalbano, Tocco d'artista”.

- Salvo!
- Si?
- Hai sempre l'anima da poliziotto, eh?
- Eh.. Perché?
- Ti sei fatto dire da me quello che volevi, ma di te? Di te non mi hai detto niente.
- E che c'è da dire di me, non c'è proprio niente da dire. Ciao!
- Ciao Salvo.

In questa scena a due, abbiamo il piacere di vedere da una parte il personaggio del Commissario Montalbano, splendidamente interpretato da Luca Zingaretti, ed una Maria Bianca D'Amato nel ruolo del personaggio non protagonista Anna Tropeano. L'attrice interpreta il ruolo in maniera meravigliosa, data dalla sua precisione nell'assembleare idee, concetti, pensieri ed emozioni.
Questo spezzone di film nella mia vita personale l'ho visto girare e rigirare tantissime volte, tra amici, conoscenti, in facoltà, a lavoro, quando studio ed anche in famiglia.
Sopratutto nell'ambito dello studio e della famiglia, questa scena (qui perfettamente incorniciata ed interpretata) l'ho vista e rivista centinaia di volte. L'ho vista quando studiavo, rimanevo indietro per una serie di problemi assurdi che andavano dal tempo perso per raggiungere la facoltà quando si sarebbe potuto ottimizzare i tempi, all'assenza di libri cercati affannosamente e disperatamente pur di risparmiare £ 1'000, al tempo perso in aula quando invece serviva e serve tutt'ora della corsia, a rapporti familiari dove un componente invece di esserti fratello faceva e fa tutt'ora lo sbirro, indaga sulla tua vita, prende le informazioni per come e dove gli servono (come se si dovesse riempire un casellario giudiziario), per i suoi fini (alla fine dovrei essere quello “strano”), magari mettendo in ridicolo o svalutando gli altrui traguardi, successi, operati. Per poi uscirsene con frasi da perfetto sbirro: Non c'è nulla da dire su di me. Forse dall'altra parte bisognerebbe dire, che è meglio che non parli, ci sia silenzio, se no uscirebbe fuori una valanga di merda che seppellirebbe, dato che si preferisce predicare sugli altri e distogliere l'attenzione da se stessi.
Il bello del filmato è che ha un inizio ed una fine, che se uno Vuole può andare a vederselo e rivederselo, Quante C...o di Volte Vuole, sopratutto Quando Vuole. Peccato che io del mio filmato me lo sono dovuto vedere, rivedere, ri-rivedere, ri-ri-rivedere e stravedere anche quando non ne avevo voglia, quando avevo bisogno di altro, quando non lo volevo vedere, quando volevo vedere altro, quando avevo bisogno di una mano piuttosto che di un interrogatorio.
Oggi posso dire che di comportamenti da sbirri nella mia vita non ne voglio sentire l'odore. Se dovessero capitare e li riconosco, non è detto che sempre devo rispondere, che se ho deciso di parlare, posso pure decidere di non parlare, che la cosa è in entrambe le direzioni, è valida sia per A che per B, che se non voglio rispondere, non rispondo, che se gli altri hanno deciso di fare gli sbirri nella loro vita, io ho deciso di parlare, nel bene e nel male, con pregi e difetti che entrambi mi appartengono.

martedì 13 aprile 2010

La Bamba .



Ci son giorni che la bamba ce l'ho nel cervello... Almeno si fa un po di bordello :-D

domenica 11 aprile 2010

Il 2 Ottobre 2009 .


Non è il 21 Aprile 2009.

La sera del 1 Ottobre 2009 ero in auto, avevo preso lo svincolo di ponente e mi dirigevo per immettermi nell'asse viario di Milazzo. Come al mio solito lo sguardo mi cadde in direzione dei Peloritani che celano Messina.
Gli occhi si sgranarono nel vedere una muraglia di nubi avvolgere le vette dei monti, lampi trapassarla da parte a parte illuminandola come una grande insegna al neon di Time Square a New York (NB: quella dove i Newyorkesi festeggiano il capodanno) e non riuscire a distinguerne i contorni.
Mi dissi tra me e me:
Mio Dio, cosa starà accadendo lato Messina?

Di quella serata non ricordo altro, forse andai a fare compere alla Coop, o forse andai a rendermi una birra con amici, il fatto è che scivolai nel cuore della notte fino all'indomani.
Il giorno dopo accesi la TV per far colazione e nomi conosciuti iniziarono a scorrere su testate giornalistiche fuori orario: Scaletta Zanclea, Giampilieri , etc. Dissi tra me e me:
Ma io questi nomi li conosco.
Continuai a seguire le notizie e cominciai a capire quello che era accaduto nel lato Ionico della mia Provincia: La montagna se ne era scivolata a mare travolgendo case, strade, pali, auto e.. Persone.
Nei giorni successivi fu un susseguirsi di proclami, slogan, visite ed accuse. Ancora ricordo lo sconforto nel volto del Sindaco Buzzanca di Messina, mentre affannosamente camminava nelle strade stracolme di fango e si sforzava di trovare assieme a gli altri sindaci delle città/paesi colpiti una sistemazione agli sfollati.
La TV lanciò l'intervista all'assessore alle politiche giovanili di Messina che fu l'unica a dire chiaramente: Siamo di fronte ad uno sconvolgimento climatico e la nostra provincia ne è stata colpita.
Iniziò il walzer delle visite a Messina, addirittura mobilitarono l'AVIS Provinciale ed i rappresentanti di tutte le AVIS della Provincia a partecipare ai funerali di stato nella cattedrale di Messina coi labari di sede.
In TV giravano appelli altisonanti delle istituzioni, vuoti e senza concretezza, gente (poveretta) urlava “Silvio salvaci tu!!!”. Il Responsabile Nazionale della Protezione Civile scendendo dall'elicottero dopo aver sorvolato la zona disse “Siete degli abusivi”. Gli uffici tecnici del catasto locali si affannavano a far vedere le pratiche che gli edifici erano in regola, mentre ripetutamente girava nelle reti nazionali la scena della donna a cui avevano demolito la casa senza preavviso perché abusiva. In pratica fu fatta una grande caciara, dove c'era molto fumo e niente arrosto .
I giorni diventarono settimane e queste mesi. Le persone dei paesi colpiti furono sfollate negli alberghi della costa e vi rimasero per 5 mesi.
Una mia cara amica mi raccontò i fatti da lei vissuti e cioè che nel giro di poche ore sul posto era caduta una “bomba di acqua”, praticamente nel giro di poche ore si era riversata sulla montagna tutta la pioggia che precipitava in un anno. La montagna se ne cadde a pezzi, travolgendo con valanghe di fango tutto quello che incontrava, ingolfando greti di fiumi, torrenti, strade, sbocchi di mare, auto, persone. Il fondale del mare lato ionico delle aree interessate si ridusse a 10m per i detriti riversativi .

Poi venne il silenzio.

Le Tv non parlarono, le radio si azzittirono, i giornali non scrissero più nulla perché la gente si era “Rotta la minchia di quello che era successo a Messina” , fummo lasciati a noi stessi.
In quei giorni credevo che almeno gli artisti, magari Lorenzo avrebbe detto una parola, un pensiero, avesse scritto una canzone o un pensiero per i morti, la distruzione di parte di Messina e Provincia, ma nulla di nulla. Siamo buoni a dare premi, riempire lo stadio del San Filippo, il Teatro di Taormina e dare premi intitolati a “Rosario Livatino”.



Quando il 14 Luglio Lorenzo parlò di Rosario Livatino mi sentì meno solo nella mia isola, quando nelle settimane a seguire del 2 Ottobre 2009 Lorenzo e tutti gli artisti Italiani stesero zitti, assieme alle autorità italiane, lì mi sentii nuovamente solo, come sempre nella mia isola.
Siamo carne da macello ed impariamo da buoni Messinesi che qui lo stato non c'è, che ce la dobbiamo cavare da soli, che magari a chiedere un favore ad un capo-zona locale non è poi male, dato che lo stato è presente per le tasse, per dar posto ai funzionari di uffici che non danno servizi e per presidiare il territorio con le forze dell'ordine .

“Se siamo insieme domani è già qui”
“Se siamo lasciati soli domani non c'è mai qui”..

Grazie ragazzi del vostro silenzio.

venerdì 9 aprile 2010

Discorsi .


Prendete due persone che non si parlano da molto tempo e lasciate che l'occasione permetta che si incontrino. Magari in una casa vuota dove prima c'erano i genitori ed ora non ci sono. Lasciate che una di questa persona inviti l'altra a prendersi un caffè, magari visto l'orario un decaffeinato. L'altro chiede se c'è dell'orzo e voi per la prima volta lo provate a cucinare, forse sarà buono.
Vi mettete a parlare entrambi, ma già dalle prime battute c'è qualcosa che non vi quadra: voi parlate di lati umani doloranti e l'altro vi parla di Patologie. Voi esponete il lungo e travagliato percorso fatto, di cui portate di sopra tutte le cicatrici e l'altro mette in dubbio tutto tanto che sembra palese che se o gli tirate fuori il certificato con firma dello specialista, carta intestata e marca da bollo o l'altro non riesce a capirvi.
Lasciate che l'altro inizi a scambiare 29 anni per 30 e perdeteci tutto il tempo possibile a fargli capire che 20 ≠ 30, 25 ≠ 30, 29 e 6 mesi ≠ 30, 19 ≠ 30 . Perdete/investite tutto il tempo necessario per fargli fare questi piccoli calcoli matematici e cercate di andare avanti nella discussione.
Cercate di prendere il lato umano delle cose, con chi avete davanti condividete molti geni e siete cresciuti nello stesso ambiente, cercate di focalizzare il problema di base: che a parole siam tutti bravi ma a fatti non c'è nulla nell'ambiente in cui vi trovate.
Vedete che chi è dall'altra parte tira fuori i soliti aneddoti personali nati da una serie di evenienze spiacevoli che si vogliono sbandierare per gesta eroiche; rispondete che della propaganda sovietica del mito del soldato ivanof non ve ne catafotte una minchia e che il succo del discorso è lo stesso: che ti sparino o se vi si conficca una pallottola dentro le carni, alla fine siete sempre morto.
Alteratevi pure ed alzate il tono della voce e con vostra grande gioia e sorpresa scoprite che l'altro stavolta non si incazza, anzi, tiene il controllo e continua imperturbata la discussione.
Apprezzate il gesto, ma chiarite che a focalizzarsi e imputarsi su un piccolo punto nero, stretto, buoio, freddo, inutile e fastidioso e pretendere che sia la realtà, non vi sembra una idea tanto sana.
Riprendete il discorso, ma appena accennate al concetto che in questa casa non c'è mai stato spazio e l'altro parte con l'arte oratoria e denigra quello che dite, fate notare che non siete in un dibattimento pubblico/tribunale e che a voi non ve ne catafotte una minchia dell'arte oratoria e che non riuscite neanche ad esprimere un concetto.
Forti di questo punto fate come il rospo: L'acqua non vi convince? Lasciatela scorrere via, è inutile che vi avventurate in una discussione assurda fatta di tesi e controtesi, di morale e di stupidità umana all'ennesima potenza. Lasciatelo stare non è roba per voi.
Lanciate una pietra di umanità e ricordate il bel gesto inaspettato fattovi da una persona cara che in silenzio è entrata in casa per portarvi sole, mare e tanta vita e non vi vergognate di commuovervi per il gesto bello che vi ha fatto.
Appena inizia il solito balletto di: sigaretta, caffè e camminata; le acque si sono calmate.
Dopo un ascolto sordo ritornate a parlare e fate notare che la vostra strada ve la state facendo e chi vi da una mano lo apprezzate e di chi non vi aiuta ne apprezzate pure il no. Certo è che chi vi carica una manganellata nelle gambe è invitato a prendersi le sue responsabilità.
Aspettatevi una snocciolatura di massime morali e sure coraniche, su cosa è e non è lecito fare ( per gli altri, non per chi le dice).
Lasciatelo perdere, chiudete la deviazione presa dalla discussione e riportatela sull'argomento che vi interessa, cioè che voi la vostra strada ve la state facendo e che siete fortunati ad avere accanto una persona cara.
Fate notare che la strada si fa in base a quello che c'è, che non potete aspettare che muoiano i nonni o vostro fratello liberi la casa dei nonni sopra o sotto, che i vostri genitori muoiano e lascino la casa che si sono comprati con i sacrifici di una vita. Lasciate stare pure il passato e condividete il punto che all'epoca o c'era la bombola a gas per far saltare in aria la casa, oppure c'era il coltello per sgozzarli nottetempo ma che la cosa già ad un adolescente sembrava troppo adolescenziale, assaporate il silenzio altrui e fate notare che nel bene e nel male, con quello che avete, siete riusciti a fare miracoli, nonostante tutti si siano riversati contro.
Per chiudere il discorso aspettatevi una parabola evangelica sull'interruzione di gravidanza e che l'ignoranza altrui la chiami “omicidio del proprio figlio”,lasciate perdere la standardizzazione sovietica dei parametri tendenti a fare di tutta un erba un fascio e chiarite un punto di partenza “la condivisione della contraccezione come bene comune”, non scendete troppo nei particolari in cui l'altro vi vuole portare, ma tenete la barra dritta su un concetto “Un Terapista è un Professionista e non è una/un Ragazza/o” cioè una cosa è una Buttana, una cosa è una Puttana, una cosa è una Meretrice, una cosa è una Escort, una cosa è Troia. C'è una bella differenza tra tutte queste cose, hanno una matrice comune che è il ricevere un pagamento per un servizio reso, ma c'è una bella differenza tra l'una e l'altra. Forti di questa idea, e cioè che per ogni cosa c'è un nome, chiarite che voi una persona che non condivide il vostro obiettivo non la tenete accanto a voi, ma non vi fate prendere la mano dalla generalizzazione, ogni caso è un caso a se stante e d ogni storia se ne deve raccontare tutti i particolari, se no è una mezza verità. E la mezza verità dall'altra parte signori miei è una mezza bugia, quindi state attenti a quando vi si parlano di queste cose.
PS. Qua dentro ci sono tante, ma proprio tante discussioni da intraprendere che credo una decina di Post non possano basta, ne ho fatto una sintesi e mi perdoni il lettore se in certi passaggi non sono stato chiaro; vedrò di riprenderli più avanti ma credetemi che non è facile.