giovedì 25 maggio 2017

Bunker .

Virtuale ?
Non rispondi alle telefonate, agli inviti a vedersi, a sentirsi nella vita. Ti trinceri in  bunker virtuali, ora Whatsapp, Facebook, Instagram, da dove cementata nella tua ragione e presunzione, spari rancore sull'altro, versandogli odio di sopra e proseguendo con la propria vendetta.

mercoledì 24 maggio 2017

Un ragno .

Nel buco.
Attendi, ferma ed immobile se qualcosa passasse, come un predatore attende la sua vittima, una povera bestia, un boccone.
Passo Io, mi accorgo di Te, mi avvicino. La cosa ti turba, ma l'esser stata notata ti ha dato modo finalmente di destarti dal lungo torpore nel buco scavatoti.
In quel nascondiglio fatto di buone idee, buonismo, ragazza seria, per bene, a modo, garbata, ponderata, timida, lavoratrice, casa e famiglia, senza fronzoli e con i piedi per terra, c'è altro; c'è l' “altra” persona.
Viva, passionale, che vuol godersi i “piaceri” della vita ed uno in particolare, che vuole inarcarsi di Piacere e sentirsi viva, che ha una forte sessualità ma non ha il coraggio di tirarla fuori e viversela.
Nel buco c’è anche un lato oscuro e problematico, poco visibile, ben celato, nascosto per bene.
 Giochi la carta sesso a più riprese, un’esca irresistibile per portarti a Te. E’ un lento avvicinarsi l'uno a l'altra, piano, lentamente, studi e non vuoi esser studiata.
Ti fermi, l’avvicinarsi è troppo, l’obiettivo è stato raggiunto ed hai adescato uno, inizi la manovra di ritirata e celermente corri verso la fossa/trappola da cui sei uscita per farti inseguire dal malcapitato.
La preda entra nel buco ed è fatta. Resterà invischiata in quella trama di bugie,  negazioni, menzogne, omissioni, dimenticanze e misteri, che tiene in piedi la tua vita. A poco a poco lo farai a pezzi per cibartene e trarne finalmente della vita.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.
 

Voltare pagina .

O pagine?
E’ un po che ci ragiono su, c’è da andare avanti.
C’è da voltare pagina, sbloccarmi da quota 2012 – 2013 e volgere lo sguardo avanti. Sono passati 4 anni da quei giorni e di acqua ne è passata sotto ai ponti. Persone, momenti, giorni, emozioni e sopratutto Tempo, di quello con la “T” maiuscola.
E’ stato un periodo difficile della mia vita, durante il quale tanti nodi sono venuti al pettine, alcuni risolti, altri no, tante cose sono successe, in male ed in bene, anche se per ora sento di più quelle in peggio. Ma è tornato il tempo di riprendere a navigare per acque alte, proseguire la rotta, la vita.
C’è da riallacciare le fila con Me stesso, con un 2015 distrutto, di storie finite male, di un peso corporeo impazzito, di un armadio discarica da dove buttare roba e capire che non c’è bisogno di vestirsi da derelitto quotidianamente e magari qualcosa me la posso godere tutti i giorni. C’è da pensare al mio sonno, continuare con Caterina, progettare un nuovo posto di lavoro più tranquillo e sicuro, di pensare a leccarmi le ferite con Valentina e trovare una tattica. Penso a fare a pezzi la sua idea che ho ogni qual volta in cui viene a mancarmi. Mi manca? Faccio a pezzi l’idea, leggo i post pubblicati e dico tra Me e Me “Vedi cosa ti è successo?”; dopo di che vediamo se la voglia di vederla torna a galla.
Vado a nanna che è tardi ed il mio compleanno è volto al termine. Buona notte Capitano .

lunedì 22 maggio 2017

La delusione.

Una forbice.
La delusione è una forbice. Una lama sono le aspettative, l'altra la realtà. Unite dall’Io, dalla persona, dal proprio essere, si avvicinano e si allontanano in base alla distanza che intercorre tra le due superfici taglienti.
Ora una si allontana un po all’altra per poi ri – avvicinarsi e viceversa. Più ampio è lo spazio tra le due e più il taglio sarà lungo, netto, dolorante e devastante, più la distanza tra aspettative e realtà è minimo, più il taglio sarà piccolo e netto, come un ricamo.
Quando si chiudono, il dolore nato dal taglio è la delusione.

Una Nissan .

Micra .
Sabato 25 Febbraio, ho voglia di vederti e forse anche Tu, spero, ma i motivi sono differenti. Io ho voglia di intimità, Tu chissà di cosa.
La serata a lavoro scorre bene, si è lavorato ma abbiamo preso una bella volata, smontiamo la sala e la rimontiamo celermente, i restanti lavori proseguono e sedutasi la brigata a tavola, resta poco da fare.
Ti mando un messaggio, magari riusciamo a vederci e stare un po in intimità. Rispondi, ci sei, aspetti. Con la scusa del dolore alla spalla riesco a sbolognarmi il collega dal portarlo a casa, ti chiedo cinque minuti per farmi una doccia e togliermi la puzza di sala. Mollo il borsone sul mobile e schizzo verso la piazzetta. Una telefonata è l’annuncio che sto arrivando, la spalla mi fa male, ma tra non molto avrò di che non pensarci più.
Parcheggio vicino alla tua auto, sali in macchina e qualcosa non quadra. Dici che senti freddo, ti trema la gamba per il nervoso, provo a massaggiarti il collo per rilassarti, un bacio alla noce del collo, un accarezzare i fianchi, un massaggio alle tempie, niente, non ti sblocchi.
Ti indurisci ed irrigidisci come un pezzo di marmo, qualcosa sotto sotto mi dice che è pronta una tua crisi.
L’occhio mi cade ad una macchina parcheggiata davanti a noi: è una Nissan. Penso “come quella che aveva Federica”, ma il colore è differente e chi la guida è una donna dai lineamenti differenti dai Federiciani.
Anche a te cade l’occhio sull’auto, sopratutto dopo che se ne è andata via sfrecciando. Iniziano le domande pretenziose, distorte, maliziose e fuorvianti, dove l’unica risposta possibile è quella pre-costituita nella tua mente che ha già sentenziato che quella è la macchina di Federica:
- Chi era in quella macchina, Federica?
- Di che colore ce l’ha Federica la macchina, era lei?
Devio il discorso, lascio andare la discussione, non voglio alimentarla anche se Tu fremi ad aprirla e farla esplodere.
Torna l’auto, a bordo sono forse in tre o due. Loro stasera forse faranno qualcosa, Io mi sto preparando ad una eruzione vulcanica basaltica, una delle tue solite crisi. Stavolta qualcosa dentro di Me è diverso, non ho voglia di espormi troppo.
Tornata la Nissan ti ci fissi, vuoi credere che sia di Federica. Ti faccio notare che non è lei ma imperterrita ti convinci che in auto ci sia lei. Dato che non ti schiodi, accendo la macchina ed andiamo in riva al mare, forse riusciamo a sciogliere meglio la tensione da viste inopportune.
In riva al mare l’eruzione vulcanica inizia a prendere corpo, inizia a sfociare sui cellulari, vuoi vedere il mio a tutti i costi ed è un già sentito, un ripetere di Federica, del passato, del tradimento, della tua presunta innocenza, dell’altrui ambiguità.
L’unica soluzione che mi si prospetta è mostrare il mio cellulare e si risolverà tutto. Il cellulare mi viene afferrato e strappato dalle mani, la cosa mi da fastidio.
Con tono poco cordiale dico “No. Guarda che i cellulari sono bombe a amano e tu ci stai giocando. Non voglio tu lo prenda. So benissimo cosa non voglio. La differenza con un malato di mente è che so bene cosa non voglio e non voglio che il mio cellulare sia violato”. Urla, insulti e grida da parte tua, le stacco il cellulare dalle mani e nella manovra le tocco il dito mignolo tagliatoti con la scatoletta di tonno.
Urli di dolore, forse un po troppo, inizi ad insultare la mia persona, il mio corpo, la mia famiglia, il mio passato per arrivare ad un presente in cui è convinta che ce ne siamo andati dal parcheggio perché in quella macchina c’è Federica. L’eruzione ha preso corpo e forma.
Dentro Me so benissimo che in quell’auto non c’era Federica, ma una donna che è andata a prendersi il suo uomo e dopo è tornata lì con lui per starsene per i fatti propri.
Forte del passaggio precedente, accendo l’auto. Con un tono di voce tutt’altro che cordiale la obbligo a seguirmi in auto a vedere quella macchina. Costi quel che costi, se fosse Federica la tanto minacciata scenata di gelosia la farà, se non fosse Federica la tanto minacciata scenata la dovrà fare.
Partiamo, la macchina sobbalza sui fossi. Mi immetto in carreggiata asfaltata ed i pieni regimi della seconda non sfogano in una terza, un’auto restringe la carreggiata ma Io la ignoro e vado avanti. Lei urla di paura perché crede che investiamo.
L’auto a 70 fa i 100 metri che ci separano dal precedente parcheggio. Freno dietro la Nissan, rincuorato che ha un colore diverso da quello di Federica. Mi volto verso Valentina e le intimo di scendere a fare la scenata di gelosia.
Non vuole scendere. Le intimo che se non scende dall’auto a fare la scenata di gelosia a Federica, la butto fuori a calci nel culo. Come un topo in gabbia che ha trovato la via di fuga, scende dall’auto e scappa nella sua. Vi si chiude, accende i fari e mentre le urlo contro che aspetto questa scenata di gelosia, Lei se ne va via lasciandomi solo.
Lunedì mattina, 27/02. Penso a scrivere un post sull’accaduto, avrò bisogno di uno scatto di nissan micra. Uno è a portata di mano, quello di mia madre, poi cammin facendo ne trovo delle altre ed altre ancora, Milazzo è disseminata di Nissan micra, è un modello diffuso.
Un’idea si fa strada nella ragione: Doveva avere le allucinazioni per vedere in quella NISSAN MICRA di colore differente proprio a Federica.