sabato 31 gennaio 2009

Giornate altalenanti .

Era il 14 di Novembre del 2008, quando parlando al telefono con un'amica dissi la frase:

Oggi tocco il cielo con un dito, domani sprofondo nell'ade senza attendere che Caronte mi traghetti.

Ieri l'ho scritto su un foglio giallo e l'ho messo da parte.
Oggi lo condivido.

venerdì 30 gennaio 2009

Profumiera 05 .



Modi di fare: un esempio.

Continua il viaggio in questa bella figura allegorica che capita di ritrovarsi nella vita, c'è la versione locale, la variante Italiana, ma anche oltre mare si rischia di trovarla, pure su internet.
Il video in questione l'ho trovato su Youtube. In primis mi ha lasciato un po sconcertato e sorpreso, ma nel momento in cui ho ricollegato la ragazza alla figura della profumiera, mi sono pisciato dalle risate.
Cosa ha di profumiera la tipa? Semplicissimo, il modo di fare! Per affermare la volontà di esser sedotta come vuole lei, sceglie un modo di comportarsi dove utilizza i mezzi della profumiera.
Inonda l'interlocutore di una serie di segnali sessuali: Tette ( da riconoscere belle ) sparate in primo piano ed ostentate, cosce ( col loro fascino ) stampate per farsi vedere, vestito trasparente esaltante la curvatura dei fianchi, capelli lunghi mossi e rimossi, schiena mezza spoglia su cui esalta un reggiseno nero su una pelle bianca, il tutto meravigliosamente veicolato in un canale di comunicazione schermato e blindato, dove chi assiste è bloccato. Per cui chi lo vede, se non si rende conto della figura che ha davanti rischia di prendere lucciole per lampioni.
Si spera che nella vita di tutti i giorni, non ci si ritrovi con femmine che si comportano in modo così eclatante da profumiera come nel video. Ma di certo se per passare avanti, la collega mostra a colui che decide le tette per ottenere quel che vuole e riesce ad ottenerlo in base a cosa mostra, di certo ci sono dei danni, rischi e problemi per tutti.
Il primo danno è per la profumiera, professionalmente poco affidabile. Il secondo problema è il coglione decidente, che scambia il momento in cui ragionare per l'azienda con i momenti privati per pensare a “determinate cose”. Il terzo danno è per il penalizzato, a cui rode più di tutti perchè ha perso e non è stato scelto sul merito mentale.
In queste occasioni ci dovrebbe essere un senso comune nell'affrontare il problema, la profumiera può pure mostrare, ma dall'altro lato il decidente ed il penalizzato ( maschio o femmina che siano ) dovrebbero entrambi far fronte comune, facendo notare l'inadeguatezza del luogo dove sono offerti certi articoli e prendendo le distanze dall'offerente. Ma si rischierebbe di finire sulle massime comportamentali, di predicare e non ne ho proprio voglia.

Granaio .

Dove immagazzinarvi derrate.

Angolo dell'Isola di Melee dove trovare tutto ciò che può far ridere: filmati, foto , musica, file audio, barzellette, detti, situazioni, racconti, momenti e quant'altro utile per ridere.
Le risate sono come il sole per l'animo, ed un raggio solare rischiara un momento magari troppo brutto e nero. Siccome il frutto principe del sole è il grano, di cui la nostra terra Siciliana ne è una fiera produttrice, ed è stato il primo cereale che si è provato a conservare, perché non provare a conservare traccia di momenti belli, per quando ci sono i momenti tristi? Magari i momenti negativi passano prima o comunque c'è si ha momento di respiro.
Buone risate a tutti i lettori, se avete suggerimenti su come poter ridere, accomodatevi pure!

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

giovedì 29 gennaio 2009

Dove lavorare .



L'altro giorno mi trovavo in chat ed ho incontrato una amica, abbiamo parlato del più e del meno, ne sono uscite deduzioni che forse possono servire nella vita.
Mentre si parlava è stato come un flash nel quale un pezzo del puzzle si è assemblato con i restanti. Il puzzle in questione è del tipo come si vive con la propria persona, con il proprio essere .
Rockefeller Center Workers.
Mentre lei si riferiva ad un lui, dicendone pregi e difetti, le mille cose costruite su di lui, l'affidamento a lui della parte affettiva, il vederlo come un punto di riferimento e una persona salda, quindi un disporre verso l'altra persona di tante aspettative. Mi sono chiesto a me e poi a con chi parlavo: Ma lui queste cose le vuole? La risposta è stata che Lei lo voleva.
Cosa se ne deduce? Alla fin fine se uno sta bene con se stesso, saranno gli altri a cercarti, perché avranno bisogno di te, del tuo stare bene con te stesso.

Ripley ed il capo religioso dei prigionieri.
Tornano le fila di un discorso iniziato tempo fa, durante la visione di un films: Aline3. Il personaggio di Reaply chiedeva aiuto al capo spirituale della colonia penale. Quest'uomo, pluriomicida ( doppio cromosoma Y ), aveva fondato una confraternita di ex – carcerati per uno scopo personale, non al fine di compiacere gli altri. Successivamente sono stati gli altri ad utilizzare l'idea della confraternita nell' ex – colonia penale, messa a loro disposizione. Quest'uomo ha continuato a fare quello di cui aveva bisogno, ed era riuscito ( all'interno del film ) nella sua idea, sono stati successivamente gli altri a chieder il suo aiuto perché lui aveva aiutato per primo la sua persona.
Spero che di questa discussione non mi si prendi troppo sul serio, perché a parte le premesse cinefile, il concetto da focalizzare è il seguente: Lavorare, investire, costruire, ma non su gli altri, su se stessi. Non è un invito all'individualismo, ma ad una crescita di se, perché la crescita spirituale permette di interfacciarsi con gli altri e forse aiutarli.

 L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

Fretta .



Quando nel far le cose ti prende la fretta, l'obiettivo che vorresti raggiungere si allontana.
Sei in preda ad emozioni quali: rabbia, dubbio, rancore ed ansia, che ti mordono il cuore e non lo lasciano più. 100 idee ti passano per la testa e 1000 soluzioni ti si presentano, ma davanti a così tante opzioni giocoforza non riesci a scegliere e resti fermo al bivio.
Converrebbe una precedente programmazione degli eventi. Quella necessaria per grandi linee, dove ci dedichi 5 minuti abbondanti prima di tuffarti nelle cose, dove stacchi la spina da tutto e tutti, dove il tuo superiore parla e tu manco lo ascolti ( anche perché se è una cosa importante non la affida ad una sola nota di comunicazione ) e sei concentrato sulle tue cose. Le vedi muoversi, assemblarsi, risolversi, prendere senso e ragione, ma tutto per grossissime linee, quasi offuscato e poco chiaro, ma che riesci a scorgerle.
Programmazione dove il beneficio dell'inventario è garantito e presente, ma ti permette di vedere l'obiettivo da raggiungere anche se dai contorni offuscati. Dove programmi ma ti prendi per il culo tra te e te dicendo che la cosa la faccio ma non muore nessuno se arriva un imprevisto e la rimando, o la metto in secondo piano, dove però tutto questo ti permette di vedere l'obiettivo da raggiungere.
Ma attenzione! Parlare già di una riflessione portata a gli estremi ( pensare e non agire ), un pensiero troppo profondo ( da cui non si riesce più a venire a galla ), insieme ad una risolutezza dell'azione ( ci vuole il suo tempo e pratica con conseguenti errori ), è ancora troppo presto e controproducente.
Per cui meglio usare la rapidità nel pensiero, nel modo di fare e di agire, piuttosto che una scomoda fretta. Questa la lascio per le cose fastidiose.

mercoledì 28 gennaio 2009

Ghostbusters, The Real Ghostbusters e Ghosthunters .



Prima c'erano i Ghostbusters, dove sulle ali della fantasia spinta da uno scimmione, una macchina parlante, una casa tetra, lo smaterializzatore, l'immaginazione iniziava a funzionare e non la finivi più di pensare a mille avventure.





Poi giunsero The Real Ghostbusters, sulla scia del film “Ghostbuster”, dove il cartone faceva molto meno effetto del film, dato che nella pellicola se ne vedevano “realmente” di cotte e di crude: da fantasmi che smerdavano, a zaini protonici accompagnate da trappole, senza scordare la mitica ecto1:
Ed infine arrivò il Dylan Dog con i Ghosthunters, a stimolare la fantasia di un appena adolescente con racconti dell'orrore, voglia di avventure ai confini della realtà, realizzatesi in seguito con scorribande per ville abbandonate, visite notturne cimiteriali, appostamenti al castello e tanto freddo, ma con la mente piena di emozioni regalate da tantissime avventure.
Facessero girare un po di questa roba nei palinsesti televisivi odierni, al posto di soli manga o altri cartoni spudoratamente adolescenziali, eviteremo di trovarci con bimbi di 5 anni in piene crisi adolescenziali ed avremo un po più di intraprendenti spericolati, vogliosi di avventure.

Pensavo fosse il 23 Gennaio .

Ed invece è il 28.

Giornata iniziata difficilmente, con una notte che ha portato poco ristoro con se dopo una serata interminabile e difficile. Mal di testa e senso generale di fastidio, fatto capolino mentre allo specchio mi facevo una barba di 3 giorni.
Stanchezza mentale, già conosciuta quando mi è stato fatto del male, di chi vuole starsene per i fatti suoi ma viene forzato/supplicato/costretto da chi gli sta attorno a riprendere le fila di un discorso dolente, chiuso, dove bambini e adulti si confondono i ruoli e si chiede a me di risolvere problemi altrui.
Ma stiamo scherzando? Ma la gente ha merda in testa? Gli sembra che sono Dio in terra? Non vede che sono solo un uomo di 28 anni con i miei limiti eclatanti e bene in vista? Gli sembra che ho la bacchetta magica e sistemo sempre tutto? Già è una gran cosa che non si sia risolto tutto in una tragedia, poi se ne possa andare a fare in culo tutto il mondo e mi si lasci in santa pace. I gesti estremi non portano a nulla .
In conclusione, un segno di tutta questa bella situazione è stato uno sbagliare le date. Mentre compilavo dei documenti, in cui avevo da apporre la data odierna, mi esce fuori il 23 Gennaio, mentre invece siamo nel 28/01/09.
Guardo il calendario e scorgo che il 23 era Venerdì, proprio l'ultimo giorno di confine prima di un intervallo di tempo dove si è delimitata una situazione assurda.
Spero che passi :-)

martedì 27 gennaio 2009

Per non dimenticare .



Un sentito grazie ai ragazzi del Liceo Socio -psicopedagogicoe Linguistico “Danilo Dolci”- delle classi Classe V F e III F dell'a.s. 2006 - 2007.

I crociati .

Elmo crociato di quasi 1000 anni or sono.

Tanto tempo fa, in una vallata ai piedi di alte montagne, viveva un popolo di semplici pastori in un villaggio.
Gente senza tanti grilli per la testa, qualcuno coltivava la terra, altri avevano il gregge di pecore, qualcun altro una bottega di artigiano per confezionare le cose semplici che potessero servire: qualche scarpa, dei piatti in coccio e del pane. Era gente semplice che non avevano una chiesa nella vallata.
Continuavano ad adorare gli dei insegnatigli dai loro genitori e dai genitori dei loro genitori: l'acqua, il vento, il sole ed il culto per i cari passati nell'oltretomba. All'aria aperta, su dei prati sotto il sole, la loro misticità non richiedeva profonda conoscenze filosofiche, ma semplici risposte a immediate domande: dove finivano i loro cari dopo la morte? E come poter chiedere un raccolto migliore?
Un giorno vi giunse un prete missionario, dai vestiti laceri, logori e lerci, in fuga da una giuria di cardinali troppo inferociti dai pochi risultati portati. Infido, dal lungo naso di topo, con gli occhi stretti ed allungati con cui scrutava ogni cosa, mentre un corpo provato dalla fame di molti giorni di fuga accompagnava uno sguardo bramoso di conquiste in nome di nostro signore.
Giunto per caso nella vallata, incalzato dagli inseguitori, con grande meraviglia scoprì la comunità. Spinto dalla fame e dalla bramosia, scese giù nel villaggio.
I villani lo accolsero come ogni straniero che si avventurava per la loro valle, e vedendolo in quello stato pietoso, gli offrirono del pane e del formaggio, insieme alla possibilità di poter dormire per una notte nella casa del capo villaggio.
Rifocillatosi e dormito finalmente non più sotto le stelle, il frate cercò il prete del villaggio per avere dei favori, ma con grande sorpresa scoprì che il posto non era stato evangelizzato.
Cercò in lungo ed in largo segni di una antica cristianizzazione, magari a furor di popolo rigettata, ma non trovò che qualche altare pagano dove in base alle mensilità si compivano i sacrifici rituali di animali, frutta e verdura.
La sua mente iniziò a ragionare, mentre camminava tra le case e scorgeva la discreta agiatezza che quelle persone avevano a disposizione con il loro lavoro. Contava i capi di bestiame e pensava come volgere a suo vantaggio l'aver trovato questi pagani non ancora cristianizzati ed i crociati che lo inseguivano.
I templari erano alle sue calcagna da mesi, con una bolla cardinalizia di scomunica per eresia, dato che si era macchiato del peccato di cupidigia, aver svuotato le casse del convento e aver sperperato tutti i soldi del cardinale.
Pensando e ripensando, l'uomo dal naso di topo giunse ad una conclusione: Sono inseguito dai crociati e qui risiedono dei pagani, non mi resta che far giungere qui i cavalieri convincendoli che sono stato condotto da nostro signore, per portare il verbo cristiano tra questi adoratori del demonio. In modo che i crociati abbiano da convertire i pagani e poter riacquistare credito presso i superiori.
Detto fatto, senza salutare nessuno per non dare nell'occhio, ri - prese la sua strada in senso opposto, per andare in contro a gli inseguitori.
Nel giro di neanche mezza giornata, incontrò i cavalieri andandogli incontro e gridando:
Figli di dio! Figli di dio! Cosa hanno visto i miei occhi cristiani!

Domandò il capitano:
Traditore di un frate, dimmi cosa hanno visto i tuoi occhi!
Un alcova di adoratori del demonio! A poche ore da qui, oltre quella vallata!
Il cavaliere, ancora fresco di giuramento e dalle poche missioni andategli bene, scese da cavallo e si fece spiegare per filo e per segno di cosa si trattasse.
Il missionario, comprese di aver stuzzicato la bramosia di quell'imberbe rampollo di dinastia rifiutato, diede così corda al suo racconto affinché potesse rimuovere questo abominio di pagani dalla faccia della terra e per i cavalieri vi potessero essere encomi e lodi.
Il giovane ufficiale non ci pensò due volte, dato che l'idea di passare una vita intera ad inseguire rinnegati per vallate non era la sua aspirazione, ma desiderava poter partire per la terra santa e coprirsi di lode ed ori per vantare un titolo per un ducato in Medio Oriente, ordinò a gli uomini di prepararsi all'attacco.
Nel giro di un paio di ore giunsero al villaggio.
Sulla vetta del passo della vallata, i crociati erano schierati in ordine da battaglia, gli elmi sul volto, i grandi scudi su un fianco, le pesanti armature addosso e la lunga spada sguainata. A ranghi serrati, scattarono al segnale del giovane capitano, caricando verso il villaggio.
I villani non erano tanto convinti di quello che stava accadendo, per cui sulle prime non ci fecero tanto caso a quello che stava accadendo in lontananza. Ma appena sentirono il rimbombo degli zoccoli dei cavalli, le urla di guerra dei cavalieri, nessuno più ebbe dubbi che una nube di vessilli bianchi dalle croci rosso sangue si stesse abbattendo su di loro.
Le donne ed i bambini iniziarono ad urlare, gli uomini corsero ad armarsi, ma tranne alcuni casi, quasi nessuno possedeva spade e lance, solo zappe, accette e qualche altro strumento rudimentale.
Stretti e compatti i valligiani attesero l'impatto dei cavalieri, finendo molti schiacciati dagli zoccoli dei cavalli. Mentre i ferri di cavallo calpestavano carne maciullata ancora calda, i crociati scagliavano fendenti che squarciavano vesti ed ossa.
Urla di dolore si alzavano da più parti e molti fanti dovettero cadere a terra prima di riuscire a disarcionare un cavaliere. Era stato il capo villaggio che con la sua spada di famiglia, era riuscito a mozzare le gambe ad un cavaliere e a buttarlo a terra.
Nel giro di mezz'ora i cavalieri ebbero la meglio sulla disorganizzata difesa del villaggio. Inebriati ed esaltati dall'odore di sangue, si diedero a bruciare le case. Torce lanciate al volo sui teti di paglia, incendiavano le stoppe, mentre urla di donne, vecchi e bambini squarciavano l'aria. Uscendo dalle casse in fiamme i vecchi venivano subito accoppati con fendenti che li trapassavano da parte a parte, mentre i bambini venivano afferrati. Tra le mani dei cavalieri o venivano soffocati, oppure ancora vivi gettati nelle fiamme, davanti a gli occhi inermi delle madri violate nelle loro intimità.
Gli uomini che erano sopravvissuti alla carica, erano feriti sul campo, impotenti sul poter fare ed incapaci di muoversi, mentre i loro padri erano scannati, le loro case incendiate, i loro figli sradicati dalla terra e le loro compagne violentate.
Gli scempi andarono avanti fino a sera tardi, quando la luce dei lugubri falò accesi sui resti delle case, lanciavano lunghe ombre sui cadaveri spappolati per terra. A quel punto, quando ormai anima libera non si vuoveva più per il villaggio, il gran capitano iniziò ad urlare “ Vittoria!”, mentre in eco i suoi uomini gli rispondevano “ Vittoria è stata fatta !”.
A quel punto il prete missionario, raccolto il suo crocifisso e benedetti quei crociati, diede ordine di raccogliere tutto il bottino possibile su dei carri: animali, derrate alimentari, le donne sopravvissute e gli uomini, insieme a tutto ciò avrebbe avuto un qualche valore, da poter successivamente scambiare con oro o argento ed ergere una croce.
Fu così che una lunga colonna di carri, bestie miste a valligiani ridotti come animali, prese la strada dell'addio alla valle, mentre una gigante croce di tronchi di quercia si ergeva nel centro della piazzetta con intorno tutte le macerie delle case ancora fumanti.