mercoledì 26 settembre 2012

The Walking Dead .

Meglio non aprire .

 
Era il mese di Febbraio del corrente anno ed ero nella piazza mondiale di Facebook, quando per caso mi imbattei su una immagine/link in cui c'era riportato il volto di uno zombie, la scritta era "Storia di uno zombie". Pensai tra me e me "Romero avrà ricominciato a produrre film".
Come accade nei casi in cui cui ci si vuol fare un'idea su di un argomento, senza imbattere in argomentazioni di parte, consultai il database di Wikipedia circa il regista. Scoprii che aveva prodotto altri film oltra a "Il giorno dei morti viventi", scoprendovi in quest'ultimo i piccoli spezzoni di storia nei titoli di coda non proprio speranzosi come una superficiale visione del finale suggeriva, con la barca che faceva vela verso un'isoletta, dove avrebbero potuto ricominciare la loro esistenza il gruppo dei protagonisti.
Mi viene voglia di farmi paura. Voglia di vedere un film horror con gli zombie, dato che mi fanno più paura. Ma non ho voglia di rivedere gli stessi, per carità lasciamo stare "28 giorni dopo", il protagonista mi ricorda Tommaso.
Tornai sull'immagine ritraente lo zombie, vi cliccai e scoprì la webserie. Ma lì scoprì pure che era un piccolo ramo collaterale di una serie principale ben più organizzata, alias "The walking dead". Cominiciai a cercare il webstreaming e poco dopo lo trovai. Paura, tensione e quel senso di scifo acuto che una saga del genere può contenere.
La serie non è banale, ha una interessante prima puntata di lancio, corposa e ben fatta, seguita da una serie di puntate successive niente male. Il regista ha saputo prendere il meglio della fiomografia zombie presente sulla piazza e fatto un collage, ma non si è fermto ad un copia/incolla, anzi ha preso spunto dalle varie idee per svilupparle e portare qualcosa di nuovo alla narrativa zombie.
Faccio un paio di esempi. L'inizio del protagonista in ospedale l'ha preso da "28 giorni dopo", così come l'ambientazione in una città apparentemente deserta, ma invasa dagli zombie.
La spiegazione "scientifica" su come si sviluppa questa parte zombie e cioè dopo la morte dal tronco dell'encefalo, è stato preso dall' "Alba dei morti viventi" allorquando lo scienziato allegrone, credeva di istruire la sua cavia Bob (uno zombie) a fare quel che voleva.
Potrei fare altri esempi tipo questi, ma l'oggetto non è scomporre il collage nei suoi pezzi, dato che il regista li amalgama bene con una storia originale. Il punto è trovare quei 5 minuti per focalizzare quella mia necessità di farmi paura con i film zombie.
E' stato come se avessi avuto una parte sensibile di me che cercava spazio o risposte. Io di tutto puntiglio, invece di trovare un senso a quello che chiedeva, ho preso a buttargli di sopra il nero della paura generata dal guardare il telefim. All'incirca come quando mi misi a vedere Survivors, solo che lì la paura non era così forte perché mancavano gli zombie che terrorizzavano con lo splatter.
Morale della favola, invece di trovare una rispsota a questa mia parte dolorante, mi sono messo ad impaurirla e coprirla con strati di paura, prima con il romanzo "Sopravvissuti", poi con il telefilm "survivors", successivamente con "The walking dead" e con la sua costola "Storia di uno zombie". Ora prendo file e tempo per scrivere su questa mia parte che ho ricoperto con paura.
Anche se non è proprio così male, dato che in alcune parti del film mi sono parzialmente rivisto nelle scene rappresentate. Bene o male come mi è ricapitato in altri film, ma con quelli sugli zombie in oparticolar modo. Che lo zombie non sia l'allegoria dei miei familiari ?

martedì 25 settembre 2012

3 Settembre 2011 Qualcuno si è.. .

Svegliato .
Sabato 3 Settembre, tra gli anfratti di una cala di Capo Sant'Alessio, qualcuno si è svegliato. Copiose lacrime si sono fatte strada sul suo tenero volto davanti ai problemi di una dozzina di mesi durante i quali si sono presentati, ri – presentati e ri – ri – presentati.
Molti i "No" alle possibili cose da fare, la reticenza a muoversi li impasta e li tiene uniti. Cosa dire se non una sveglia forte e decisa è stata suonata in quell'anfratto e chi l'ha ricevuta non ne è stato tanto contento, dato che uscirsene fuori da quel sonno/torpore/bozzolo in cui per del tempo si è scelto di vivere dava si l'apparente sicurezza di tutto calmo, tutto tranquillo e tutto risolto, ma a quale prezzo?
Pezzi della propria persona sacrificati per gli altri. Problemi su problemi che si sommavano e diventavano una montagna di macerie tra cui era impossibile districarsi o scorgere soluzioni/futuro, speranze non tirate fuori, sogni tenuti nel cassetto, un ripetere da topi tarantolati di andare all'Ikea, per poi far cosa? Spender soldi e basta? Oppure alimentare quella speranza di farsi da se un angolo dove stare? Ma con tutta quella maceria di detriti di "No" che inondava...
Io mi sono incazzato e non avevo un bell'aspetto a vedermi e a sentirmi, ma a differenza delle altre volte i problemi altrui non li ho interiorizzati; riuscendo a mantenere quella calma necessaria a far uscire quello che si ha dentro, senza scordarsi di dimenticar dentro nulla e senza distruggere chi hai accanto.
Le sveglie sono difficili, a volte dolorose, l'importante è alzarsi e camminare.

Sindrome da sacca di Stalingrado.

 


Durante la seconda Guerra Mondiale, tra la Germania Nazista e la L'Unione Sovietica, si scatenò una lotta all'ultimo sangue per la conquista della città che portava il nome di Stalingrado, oggi Volvograd.
Più che un fatto strategico, per il leader della germania Nazista, Hadolf Hitler, era un cipiglio di propaganda l'occupare la città con il nome del nemico. A seguito di numerosi e cruenti scontri armati, La Wermacht riuscì ad occuparela città, ma la conquistà si rivelò una trappola mortale.
Attaccando e sfondando i fianchi dello schieramento avversario, i sovietici riuscirono ad accerchiare il grosso dell'armata tedesca all'interno dei resti della città di Stalingrado, dove ebbe inizio un lento stillicidio dei militi, per gelo, fame e combattimenti .
Immaginate di trovarvi in in un nucleo familiare, i cui vari componenti ad un certo punto, senza un apparente motivo, iniziano a trattarvi ostilmente. Discussioni che si susseguono, argomenti via – via più duri e difficili da trattare, quasi tabù. Un costante logorio discorsivo dove l'obiettivo è sopraffare l'altro. Pensate di trovarvi in questo contesto non per 1 anno, ne per 2, ma per 27 anni consecutivi.
Fate in modo di ritrovarvi da solo e da solo trovarvi a combattere contro quelli che vi stanno attorno, schierati secondo un modello consolidato di partigianato: Madre per il figlio e quindi di conseguenza anche il padre appresso alla madre per il figlio, siete accerchiati.
Immaginate di trovarvi a dover discutere con il figlio e di ritrovarvi accerchiato dal resto della famiglia, con il padre pronto a caricarvi come un T34 sovietico che transita sopra i fanti della Wermacht. Siete ridotti in pontiglia nella neve nelle migliori ipotesi, se no vi ritrovate spezzato, rendendovi conto di esser ridotti in pezzi e vi sentite come morire dentro.
Immaginate però di ricomporvi pezzo a pezzo l'indomani, per trovarvi nella stessa situazione del giorno precedente: venite attaccato, lo schiaeramento è lo stesso, siete circondato ed alla fine vi carica il padre come un T34. Voi lo maledicete ogni maledetto giorno, perché andate in pezzi come una statua di ghiaccio.
Fortuna che poi è finita. .