lunedì 14 agosto 2017

Un nuovo logo .

Della Paura .
Sera, appena tornato da lavoro. E’ un po che non metto mano al blog, in cantiere ho tante idee ma si ritirano tutte in ordine quando c’è da fermarle sulle pagine. Mi ritorna in mente l’idea di realizzare un nuovo logo, sempre sulla scia dello squalo sulla linea che scelsi un decennio or sono. Ho il logo del semi-sorriso, innamorato, diffidente, dubbioso, piangente, ridente ma non ho il logo della paura.
Cerco on – line qualche clip-art da cui copiare i lineamenti. Una volta trovate, il gioco è fatto. Parte il solito ed instancabile paint, gli ingrandimenti, i salvataggi giusti e via, il logo nuovo prende forma.
Non sembra male, no?
Buona navigazione in questo mare di Internet, Io periodicamente faccio terra su questa Isola per ricomporre, fermare, ragionare e trovare spazio per Me stesso.
AVE ATQUE VALE.

Il segreto di pulcinella .

Leggendo il titolo del post con la mente andrebbe subito a Napoli, città piena di vita, canzoniera, colorata, casinara, dove tutti sanno la cosa da nascondere ma nessuno la dice e solo i fessi non la sanno, si proprio i fessi, ma darsi del fesso è dura, uno ha una dignità da difendere ed una personalità che ha già avuto un po troppi siluri in stiva da parare, pertanto mi si perdonerà se mi appellerò con “buono” e non “fesso”, anche se fesso lo pensiamo, però, cortesemente non lo diciamo.
Vi prendo per mano e vi faccio salire lo stivale, non ci fermiamo sotto al Vesuvio, neanche nella città eterna. Arriviamo all’appennino e navighiamo nella pianura padana, fino a lambire le Alpi Orobie. Ci fermiamo a Bergamo, perché il nostro segreto di pulcinella è stato lì.
Arriva  il 18 di Ottobre dopo mesi di attesa. Giornate lunghe, passate cercando di migliorarmi e di far del mio meglio. I pacchi per festeggiare il compleanno viaggiano con vettori ora privati ed ora no. I pacchi sono stati preparati con cura ed amore, pezzo dopo pezzo sono stati inseriti e preparati, dai salumi ai formaggi, passando per le conserve e non scordandosi della cassata. Con un grande lavoro di sincronizzazione nei tempi di preparazione e spedizione, riesco a far arrivare tutto lì nei giorni prefissati. Solo il pacco dei vestiti non arriva in tempo, ma saranno così gentili da ritirarlo e mollarlo solo come un cane davanti al garage con l’imballaggio mezzo sfasciato. Brutto presagio e brutta sensazione provata nel vederlo lì.
Arriva la sera, tutti i pezzi sono pronti, dalla tavola imbandita alle sedie prese in prestito dai genitori di Rò. Io vengo sfanculizzato fuori casa per preparare la casa, “Rò dice che non vuole nessuno mentre prepara”. Io colgo l’occasione per farmi una passeggiata in collina e scattar qualche foto. Un pensiero bussa alla mia coscienza “Perchè non resti in penombra e vedi cosa accade?”. L’idea di passare per il padre di quella del liceo dietro le persiane non mi alletta.
Passa il tempo, mi lavo, mi preparo, indosso i vestiti che avevo preparato per quella sera e la festa ha inizio.
L’amica del cuore pompa affinché Io e Rò fossimo una bella coppia, come se volesse mettere fuori uso a Rossana, perché la posta in gioco dovrebbe essere Massimo. Non ci faccio molto caso, Massimo sembra una persona “buona” e non mi sembra capace di certe porcate alla “Cornetti alla crema”.
La festa ha corpo, si svolge. Dietro al tavolo di casa, Rossana tiene banco a tutti, tenendo un occhio di riguardo per Massimo seduto sulle scale di continuo provocato, invitato, chiamato e solleticato.
Arriva il momento dei regali, il mio è la torta fatta arrivare dalla Sicilia, quello del gruppo è uno scherzo da arrampicatore sulle rocce, a qualcuno sfugge che massimo è l’istruttore, ma nessuno dice che è di Rossana. Giovanni, che mi sembra un buono come Me, ogni tanto mi guarda come si guarda un agnello portato al macello e non si degna di parlarmi molto, stasera è stranamente freddo, più del solito. Ne parlo con Rò e mi dice un semplice “è tutto normale che sia schivo”.
Ci sono tanti conti che non tornano. Uno tra tutti “Io sono il fidanzato della festeggiata e nessuno mi fa battute o chiama in causa”. Ad un certo punto aperta la finestra sull’arrampicarsi di Rò sulle rocce “la invito per sfruttare la bravura e raccogliere assieme capperi su pareti di rocce inaccessibili”. Il silenzio cala in sala, tutti si rivolgono a Me del tipo “Ma tu che cazzo ci fai qua? Vorresti pure parlare?” Mi sento ghiacciare le vene.
Arriva il momento delle fotografie. Quando è il mio turno con Rò, lei si butta a far smorfie e sfuggire come una bambina al compleanno delle elementari. La cosa mi suona strana.
La serata finisce e finisce che facciamo l’amore, ma la sento sempre più distante e fredda.
Dovrà arrivare il martedì 1 aprile dell’anno successivo per capire che Rossana e Massimo Stavano già assieme ed Io ero il “fesso”, pardon il “buono” da spennare. Che tutti sapevano, amici, Giovanni, Paolo, Massimo (ovviamente), l’amica del cuore sarda, la falsa amica del cuore ed i genitori di Lei (anche la madre ), tutti sapevano e nessuno diceva nulla al “buono” spennato.
Era il segreto di pulcinella, che Io avevo sotto gli occhi ma non vedevo, non perché non volessi o non ne fossi in grado di leggerlo, ma perché era maledettamente assurdo ed incomprensibile. E’ capitato, non capiterà più.
Ora sono sposati, gli auguro tutto il bene possibile, ma chi di segreto di pulcinella ferisce, di segreto di pulcinella perisce e Massimo ha già una famiglia fatta a pezzi.
Fottetevi. .

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

domenica 13 agosto 2017

La Matassa .

Lentamente, con fare lento ma costante, aggirando il problema e riducendolo a poco a poco, cerco di venire a capo di quella parentesi difficile ed infelice che contraddistinse la mia vita durante la fine del rapporto con Federica e l’inizio della non relazione con Valentina.
Difficile procedere dentro l’argomento, i post diventano ingarbugliati, si parte con un obiettivo e mano a mano ne nasce un altro in seno ad esso.
Le storie sono difficili da particolarizzare, definirle, iniziarle e chiuderle, aver chiare le idee è un’ impresa, ma il problema è che non c’è solo una cosa da dire, sono tante.
E’ come tirare un filo da una matassa ingarbugliata, una volta afferrato e tirato un lembo, si trascina il resto della matassa ed il groviglio di fili. La situazione è a arrivati a questo punto, di individuare l’argomento, svilupparlo, rileggere, scovare dove tagliare e dividere, in modo da sviluppare successivamente la nuova parte nata in seno alla vecchia in un altro contesto di post, di idea, di viaggio, di terapia, di foto, di lettura.
Dividere, separare e magari lasciare uniti in un lungo post. Il problema di quest’ultimo è che se troppo lunghi, i post diventano inafferrabili, stancanti e scivolano via, non basta più una fotografia a esprimere il concetto, ne servono altre. Ed a questo punto non è più l’opera di scrittura di un post, ma di una vita.
A proposito, sto vagliando l’idea di andarmene via dall’Italia.. .

Catene .

Numerose le maglie .
Ci sono catene che imprigionano, catene che delimitano, catene che legano. Catene fatte per tirare, picchiare, scassare e quant'altro. Ogni catena è fatta di anelli, assemblato l’uno all'altro in modo da dare continuità e formare un filo.
Una catena può essere un ragionamento, fatto di tanti pezzi che si legano per raggiungere un senso una volta allineati. La mia catena è la mia famiglia, il rapporto con i miei.
Stamattina l’urlare di mia madre che non trova le sue medicine; ok ieri sera ho messo disordine nell'armadietto farmaci mentre cercavo un blister di compresse. Avevo comprato delle bentalan qualche mese or sono per curarmi. Finita la terapia, le compresse avanzate le avevo messe nell'armadietto per trovarle all'occorrenza.
Ieri notte, in preda al dolore alla spalla, cerco il farmaco avanzato. Alle due di notte rovisto nello scaffale e non trovo le mie pillole. Ho bisogno di qualcosa per sedare il dolore e del pacco neanche l'ombra. Trovo delle fiale da iniettare, ma l'idea di spararmi una puntura con un arto macilento non mi prende molto.
Riparto dalla ricerca, esco fuori tutto fino a quando non trovo qualcosa di più consono. È fuori un armadietto, la spalla fa solo male e sono senza sonno da giorni per via del dolore,  assieme ad una generosa dose di stanchezza da lavoro.
Trovo un pacco di deltacortene; preso. Un sorso di acqua e via, obiettivo raggiunto. Resta una montagna di confezioni da sistemare, prendo a manciate di scatole nelle mani fino a richiudere bene lo sportello.
Le urla di mia madre che non trova le sue pillole della pressione, sono la sveglia odierna.
Io le benatalan le ho comprate, pagate e conservate una volta finita la terapia. Dov'erano quando ne avevo bisogno? Probabilmente saranno servite a qualcuno per curarsi, bene, benissimo, abbiate la delicatezza di dirlo in modo che quando uno ha bisogno sa come comportarsi e non doversi ritrovare informato dei fatti a cose fatte. Questa catena di ragionamento di informare a cose già fatte è una dinamica che si è ripresentata in altre occasioni.