Giù la maschera . |
Il
pomeriggio è scivolato nella sera, ci siamo uniti che era primissimo
pomeriggio e fuori è tramonto inoltrato, si potrebbe parlare di
cena. Non c'è nulla in casa, dovremmo andare a mangiar fuori. Come
gatta distesa su me, quasi dormi, quasi sento il respiro sulla pelle,
la testa appoggiata sul petto. Respiriamo ad unisono mentre in un
dormiveglia parliamo di noi, del nostro passato e del nostro
presente.
Una
mano scorre sui fianchi scolpiti, fino a poco tempo prima tesi come
corda di violino assieme ad ogni fibra di muscolo per catturare ogni
attimo di piacere. Con una carezza languida accarezzo i glutei
giocando e scherzando. E' il momento perfetto, le mie labbra si
aprono per proferir parola “Giò. Ci mettiamo assieme?” Silenzio.
Ancora silenzio. Maledetto interminabile silenzio, mi perseguita. La
mano scivola e preme dove prima è stato mio. Silenzio, ancora
silenzio.
Una
voce tenue mista ad imbarazzo, come se fosse stata richiamata
dall'aldilà, parla, dicendo che “da queste parti” è solito
prima frequentarsi e poi mettersi assieme.
Resto
sbigottito nel sentir la stessa persona che fino ad una ventina di
giorni prima in villa mimava con le labbra la parola “Io ti amo”
ora tirar fuori garbugli legali di cuore a cui appellarsi. Resto
sbigottito.
La
cena è una pizza in città alta da Luigino o non ricordo più chi.
Le luci della candela sembrano riportarci alla nostra notte, riprendo
l'argomento dello star assieme, ma devi il discorso. La cosa mi
lascia nuovamente sbigottito, dato che il giorno prima mi hai chiuso
in un angolo per avere una risposta sul futuro: casa, famiglia,
figli, lavoro, trasferirsi. Io ho ceduto, ti ho accettata, ma tu
sembri aver raggiunto l'obiettivo di esserti vendicata di non so
cosa.
Passano
i giorni, si fanno settimane e le settimane diventano mesi, il nuovo
anno prende il posto del vecchio e la vita scorre.
Mi
imbatto in un Tweet di una “gallinaccia” che lamenta l'eccessivo
interesse ed invasività di uno con cui si frequenta. Lamenta il suo
richiedere attenzioni, interessi, fine settimana, appuntamenti,
tempo, tutte cose che si dedicano ad un fidanzato. Noto un velo di
soffocamento nelle parole, come se si avessero altri interessi e non
si vorrebbero perderli. Scatta la mia domanda: Frequentarsi vuol dire
più libertà anche per altri? Un'aggiunta tra i preferiti è la
risposta, un silenzioso assenso ipocrita.
Dei
pezzi sparsi sul tavolo si ricompongono, un nesso logico li lega ed
un senso compiuto emerge: Davvero era una frequentazione, a 1000 ma
era per te una frequentazione, in modo da avere libertà anche per
altri.
L'
”altro” ho scoperto molto dopo esser il buon Massimo, così buono
e disponibile da ospitarmi a casa sua in Toscana, assieme al resto
della ciurma pur di vederci congiunti.
Riecheggiano
le parole di Lei in una telefonata “Lo vedi com'è buono?”, come
riecheggiano le cene finite alle 3 di mattina a casa sua e la
processione funebre del Sergio dove il ruolo della prefica o
“chiangimotto” la usavi come paravento dietro cui celarvi i forti
sentimenti per Massimo, ma questa è un'altra storia.
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