sabato 18 luglio 2009

Piena di veleno .

E ne trasudi.

Piena di veleno, maldicenze, imbrogli, bugie, follia portata a pazzia, rabbia diventata rancore, odio trasformato in astio.
Un liquido viscido e verde passa dentro di te. Assaggiandolo a primo acchito sembrerebbe dolce, credi che sia miele. Ma appena lo mandi giù, un retrogusto di amaro erbacce infestanti inonda la tua bocca e sputi quello che hai preso.
Senza una figura maschile realmente presente al tuo fianco, ieri il padre, il giorno dopo una storia di anni e anni tenuta assieme a colpi di corna, crollata come un castello di sabbia appena ci si è messo piede.
Provo tanta di quella pena nei tuoi confronti che mi domando quale mala croce ha riservato per te la vita e quanto ti ostini a non volerla riconoscere.
Fatti una vita tua, fatti una tua strada, non rivangare il passato all'infinito, smettila di guardare la vita con astio, cerca di stare bene con te stessa, ridi un po di più, fai la matta (che ti riesce bene), sii spensierata, cerca di pensare al bello della vita, smettila di incolpare gli altri quando non ci sono e parla con la persona che hai accanto dei problemi che avete sul momento. Non fare continui metri di paragone tra quello che avevi ieri e quello che hai ora, viviti il presente senza guardare al passato.
Non ricercare gli altri per colmare l'instabilità interiore latente che riesci a puntellare a vigorosi colpi di reni sferzati dentro al tuo bacino.

Fatti una vita tua, non per me ma sopratutto per te.

mercoledì 15 luglio 2009

Toccare il fondo .


Abbiamo toccato il fondo.
Non ho la bacchetta per risolvere i problemi e neanche un paio di spalle di roccia per sopportare di tutto e di più.
Inseguito durante la giornata da sms e telefonate, se una persona è impegnata ci si sente quando si può. Se alla sera uno cerca un po di conforto o 5 minuti di relax ed invece trova liti, discussioni e problemi, è meglio che ognuno se ne stia a casa sua senza toccare il fondo .


Prima e dopo .

Era il 25 di Maggio, quando mi si focalizzò un'idea che mi balenava per la testa: dare nuova vita alle cose buttate. Mi misi in strada e cominciai a camminare scorgendo negli angoli delle strade alla ricerca di ciò che altri avevano dismesso.
L'occhio mi capitò su un alberello morto e parcheggiato vicino ad un cassonetto. L'idea di riuscire a ridar vita a quei pezzi pronti a finire in discarica mi affascinò, la presi come una sfida, un viaggiare in posti che prima nessuno vi era stato. Riuscire a trasformare una cosa pronta ad esser gettata in un altro nuovo elemento, magari dotato di vita, o comunque che si può riutilizzare per alleviare la propria vita è come un viaggio nell'ignoto, lasci la forma nota dell'oggetto che hai di fronte a mano a mano che le tue mani e la tua mente lo scompongono e lo smontano vedi una infinità di vie possibili che quelle materie prime possono assumere nelle tue mani. In pratica veleggi verso la forma nuova dell'oggetto che hai tra le mani, con una destinazione d'uso magari completamente nuova e scoperta / suggerita all'occorrenza.
Presi l'alberello e lo portai in garage. Tagliai il tronco ed ottenni un paio di ceppi per ardere, presi le fronde e tagliatele minutamente ne ottenni dei ramoscelli per innesco fuoco. Tolsi la zolla di terra dal conchino ed ottenni due nuove cose: un conchino ( che utilizzo per mischiare terra e terriccio ) e della terra da mischiare con del terriccio. In ultima battuta dalle erbe che tolsi dalla zolla di terra ne feci del materiale biologico per concime .
Con un paio di ore di lavoro ed una inventiva senza freni, sono riuscito ad estrarre un bel po di roba da quel “rifiuto solido urbano”, lavoro ce n'è stato, problemi se ne sono presentati a bizzeffe, ma con i coretti strumenti ed utilizzo degli stessi, uniti all'inventiva, permettono di fare tante cose.

domenica 12 luglio 2009

Processione di Sant'Antonio .

Ho avuto l'onore ed il piacere di portare la vara .

Domenica 28 Giugno dalla locale chiesetta del santuario di Sant'Antonio è uscita la vara per la processione del santo. È dal 2005 che ho il piacere e l'onore di portare la vara ed anche quest'anno l'esperienza si è ripetuta. Quest'anno però è successo un particolare che mi ha fatto capire un po di cose .
Ero sulla stanga posteriore destra, nel mezzo di altri due portatori. A ¾ del tragitto di scalini, che porta dal santuario a strapiombo sul mare al piano strada, il portatore davanti a me ha cominciato a dare segni di cedimento, non molto eclatanti, diciamo subdoli e senza tanto preannuncio a detto: Mollo!
Il carico si è distribuito su 2 persone, le forze sono venute meno e la vara si è inclinata dal mio lato. Mi sono ritrovato tra il legno della vara ed il muro del camminamento, ho fatto forza con il braccio libero di destra sul muro ed ho cercato di mantenermi in piedi. Ho retto un paio di secondi, ma quando le forze non mi hanno retto ho cominciato a sciorinare male parole e a dire chiaro e tondo che se non mi si aiutava mollavo tutto. Giunto il capo-vara, mi ha dato una mano, piccola ma necessaria.
Cosa ho dedotto da questa esperienza? Un paio di elementi.
La prima è che nel momento della difficoltà la gente molla il posto e se ne fotte di chi ha accanto.
La seconda è che quando mi si riversano troppi pesi sulle spalle, inizio a imprecare, aprire il rubinetto dello sproloquio e ad incazzarmi come una belva. Per cui il prossimo anno se quello si mette nella mia stessa “stanga” lo guardo negli occhi e gli dico “che devi fare?”, per secondo non voglio ne permetto ad altri di caricarmi troppi pesi sulle mie spalle.
Sono spalle larghe e robuste, ma non sono ne di granito e ne di acciaio, sono di carne ed ossa, potendo benissimo cedere. Prima di cedere o quando la misura è giunta al culmine comincio ad urlare, incazzarmi, cattive parole e a mandare a fare in culo a tutto e tutti. Per cui senza troppi indugi: vietato caricare/ rompere i coglioni.