sabato 28 giugno 2014

A scecca i Sdeu .




Il Carlo Catanzaro racconta di Milazzo:

Un tale Sdeu possedeva un'asina afflitta da tantissimi mali; novantanove, per la precisione.
Si racconta che un giorno, deciso a venderla, fece vedere la sfortunata bestia ad un ipotetico acquirente. Questi, dopo averla attentamente ispezionata, le alzò la coda. Ma, ahimè, oltre i novantanove mali, scoprì che l'animale aveva anche il culo fradicio.
Nasce dall'episodio l'espressione:
<<Ti ridducisti comu a scecca i Sdeu … 99 mali e u culu fradiciu!>>, detta comunemente, in tono scherzoso a proposito di persona che è solita cantilenare una infinità di acciacchi.

Mattina, poco prima del risveglio, le idee sono fluide, pulite e definite. Scorrono, le afferri e riesci a comprenderle. Alcune affiorano. Tra queste un particolare di un dente cariato di Lei, poi quello che gli mancava nei molari, la dentatura pennellata di giallo nicotina e caffeina. I capelli lunghi e a stoppa. Il pensiero va all'alito non da fresie. Senza scordarsi della pelle del volto: inspessita, lucida, dal colore plumbeo. I tratti del volto aggravati, marcati, forse dal fumo, dal bere, dalle storie finite male e non seppellite. Almeno la nostra l'avevo seppellita Io.
L'idea della scecca di Sdeu vi affiora a canto, << Minchia!>> esclamo tra me e me, << Fradicia comu a scecca i Sdeu era..>>. Una risata allontana il tutto e la nuova mattinata può iniziare. Ora ci rido su..

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.


venerdì 27 giugno 2014

Maledetto Martedì .

Suona la sveglia, la solita, prima o poi mi dovrò decidere a cambiarla. Scappo in bagno appena salto giù dal letto. Torno in stanza e la prima cosa è alzare la serranda.
Un pezzo dei ferro dalle tapparelle mi cade in testa, più impaurito dal rumore di tonfo metallico che dolorante, mi sposto indietro. Raccolgo le idee ed accendo la luce sul comò. E' un pezzo dei ganci interni della serranda. “Poco male” dico tra me e me, “Dopo colazione lo sistemo”.
Finito il pasto mattutino, torno alle tapparelle. Fiducioso penso “E' solo uno, che vuoi che sia”. Prendo la mia cassetta degli attrezzi ed inizio a mettermi all'opera.
La situazione non si prospetta delle più rosee. Più ganci si sono staccati ed uno è rotto. Cerco i “nuovi” comprati ( non ricordo più quanti anni or sono) ed inizio ad armeggiare con l'immancabile cacciavite a taglio e le pinze, la mia preferita è quella con i becchi storti.  
Allineo i ganci usciti dagli incastri, sostituisco i rotti, sblocco i pezzi non allineati e dopo una montagna di polvere vecchia finitami nelle mani ed in faccia la tapparella è nuovamente funzionante.
Noto che i fermi di fine corsa sono stati divelti. Era una delle cose che mi ero prefisso di fare. “Mentre sono in ballo, balliamo!” una vocina dentro suggerisce. Guardo com'è stata la riparazione nell'altra serranda del balcone e decido di avventurarmi.
Il pezzo di legno messo da parte a Palermo per non ricordo cosa, sbuca dalla cassetta e farà al caso mio. Un breve consulto con mio padre e sono in garage a tagliarlo. Tagliato e limato, lo rifinisco con la pomice e viene un discreto lavoro. Nel frattempo ho avuto modo di parlare pure con una vicina.
Tinteggio il legno per non farlo saltare all'occhio, vado a montarlo e mi domando “Ma non è meglio passargli una mano di flatting?”. Cerco la vernice, ma invano. Inforcata la bici, direzione ferramenta. Forse sbaglio a comprare il prodotto top a 12,00€ ma so che la vernice servirà anche un domani per finire il lavoro ai remi del Kajak.
Tornato a casa tinteggio i due parallelepipedi di legno e li lascio al sole. Avranno modo di asciugarsi mentre pranzo. Alle 2 e mezza passate torno in garage, prendo le rondelle ricavate dai precedente fermi, i nuovi asciutti e passo a montarli. Una mezzoretta di lavoro, un'ultima passata di vernice nella parte seduta per l'asciugatura del fermo ed et voilà la serranda di 37 anni è nuovamente riparata e funzionante.
Non nego il forte scoramento presomi nel momento in cui ho capito che ci sarebbe voluto un bel po per raggiungere la soluzione, senza scordarsi la sensazione di privazione nel dover comprare la vernice. Fortunatamente gli attrezzi ho usato in parte quelli di mio padre ed in parte i miei. Il pezzo di legno veniva da Palermo, le viti sono state prese in prestito e la rondella è stata recuperata da un precedente pezzo e riadattata.
Il martedì non è uno dei miei giorni migliori, lo vivo male e non mi sento proprio bene. Sarà una coincidenza? O vorrà dire qualcosa? Forse che il Lunedì lo posso affrontare con meno impeto, non partendo in quarta, dato che la settimana è lunga e se mi sparo tutte le forze il primo giorno i restanti 5 che faccio? Vegeto. Fortunatamente ieri mi sono trattenuto un po, sentivo che stavo salendo dalla Domenica pomeriggio all'imbrunire e che il giorno dopo correvo con le cose e con la mente, testimone ne è la montagna di cose sbrigate per me, l'associazione e gli altri, ma ho da continuare a lavorare di più su me stesso, continuare ad ascoltarmi e fare le cose con calma.
Calma, non comodo. La stessa messa in campo per la manutenzione della bici a Bergamo e che era ed è il mio modo di fare ed essere. Non per forza lo devo vincolare ad una persona od un contesto, è mio e lo metto in campo Io e non quella persona.
Aggiungo che quella persona lo stesso giorno mi ha “sfanculizzato” su Facebook e mi ha tolto l'amicizia. Valevo molto, davvero. 

Bloody Sunday: Derry (Northen Ireland) Jenuary 30, 1972

Agamennone ed il Ricordo .

Forse Agamennone non ricordava più il sacrificio tremendo, disumano, di Ifigenia, vittima innocente immolata perchè si compisse l'impresa. Oppure aveva sepolto il ricordo nelle profondità più oscure dell'animo. Ricordava solo il torto subito, la congiura e il massacro, il tradimento della sposa.

Il ricordo diventa un oggetto quasi palpabile, con una sua dimensione, quasi reale, toccabile. Sembrerebbe che si possa modificare, toglierne, tagliarne le parti non consone, non più “buone”. Scartarlo, metterlo da parte e perchè no, seppellirlo nelle profondità dell'inconscio.

E' come giocare con il fuoco. Ci si brucia con la memoria

martedì 24 giugno 2014

Generosità .

Pag. 6 di “Milazzo Diario di Viaggio”.

Il ragazzo che ci guida, lui che è stato così cortese da prestare il proprio cappello alla mamma, racconta una storia che ha a che fare con la sua famiglia. Mi intenerisce, un po commuove. Sta dando a tutti noi, gratis, qualcosa che gli appartiene e ne apprezzo la generosità.

La storia è la seguente:

I miei nonni, sposini novelli, scesero a mare alla cala della “Rinella”. Vuoi per star da soli, vuoi per passare la giornata a mare, vuoi per altro. Scendere per i due fu facile, forse mia nonna era gravida di zio Nino e la passeggiata gli sarebbe servita per facilitare il parto. Una volta giunti in spiaggia e goduto il posto, non riuscirono più a trovar modo di risalire. Fu lì che il nonno dovette urlare, far gesti ed attirare l'attenzione dei pescatori che transitavano di lì per venire a farsi prendere e poter finalmente abbandonare la cala.

La storiella la raccontai in quel 19 agosto del 2013, quando con l'associazione AMA Camminare in Sintonia mi trovai a condurre un gruppo per la Fondazione Lucifero. Eravamo nei pressi di punta Mazza, dopo aver fatto capolino ai resti della baracca preistorica. Mi venne spontaneo raccontare la storiella ai partecipanti, un po come Pippo Napoli raccontava le sue radici storiche ai visitatori del Castello di Milazzo ed un po per esercitarmi all'arte oratoria del conduttore di gruppo.
Quel pezzo donato quel giorno, mesi dopo, me lo ritrovai servito davanti, da un'angolatura diversa e neutra. La cosa mi scombussolò un po, ma mi ritrovai un feed-back di una mia parte che presa nelle giuste dosi è una virtù, ma se abusata diventa una piaga dolorante: la generosità.
Diciamo che da quell'occasione in poi la mia generosità cerco di custodirla e metterci un freno. Non sempre porta cose buone questa virtù.

lunedì 23 giugno 2014

Mauro.


 
L'amore rubato- Luca Barbarossa .

Per ora è il periodo delle forti emozioni che si scontrano dentro. Una coppia di queste si ridesta quando metto a dormire il Tuo libro “Ti amo..”.
Le dita scorrono tra le pagine, mi ritrovo alla 220, come se volevano farmi arrivare lì. Complice una delle tante orecchie fatte al tomo, forse una memoria motoria impressa nelle membra.
Mi immergo nel torrente in piena di parole e mi lascio scivolare rigo dopo rigo. I fatti raccontati si fanno sempre più freddi ed attanagliano le budella. Un senso di sdegno e rabbia monta per l'ennesima volta leggendo nuovamente quelle frasi.
Immagino la scena a modo mio.
Una ragazzina ancora bimba al suo primo appuntamento. Con cura si prepara tra il bagno di casa e la sua stanzetta per quello che sarà il suo primo incontro fuori casa. La manina che fino a poco fa giocava con le Barbie, ora passa un accenno di matita negli occhi. Una madre dall'occhio attento accompagna la cucciola affinché non ecceda nel trucco, come un'ombra pronta ad aiutarla nei momenti decisionali le evita l'eccesso che non si addice ad una ragazza di casa. Immagino un padre seduto su una poltrona bianca che legge il quotidiano, scena di una domenica pomeriggio familiare.
La madre con lo sguardo segue la cosa più preziosa della vita e non gli sembra vero che quell'orchidea stia sbocciando sotto i suoi occhi. Il padre fa finta di esser impegnato con il giornale, ma con attenzione controlla da lontano tutto in modo che siano al sicuro e niente le intralci.
Suona il citofono, la Cucciola finisce di preparasi. Farsi aspettare è bene, ma troppo non è da buone Signorine. Un bacio alla mamma ed uno al babbo e preso il cappottino delle occasioni importanti esce. Troppo contenta, tutta eccitata per il primo appuntamento, non ce la fa ad attendere l'ascensore, prenderà le scale. A passo lungo e saltando gli ultimi gradini delle rampe come se fosse un gioco a chi arriva prima, raggiunge il pian terreno. Lì si ricompone e si sposta un ciocca di capelli dietro l'orecchio. Le brave ragazze sono sistemate ed ordinate.
Apre l'uscio del palazzo e Mauro con il suo sorriso l'aspetta in auto. Tutta contenta cammina a passo svelto verso di lui, ma qualcosa non quadra. “Dov'è l'utilitaria? Come mai è venuta con una familiare così grande a prendermi?” si domanda la cucciola.
Il dubbio viene ricacciato nel dimenticatoio, forse una passeggiata ed un gelato su a Città alta coroneranno le aspettative. Aperta la portiera e salita in auto, un forte odore di profumo le investe le narici, come se Mauro se se ne fosse fatto la doccia. Forse c'è anche un sottofondo di acido dietro alle note di profumo, sembrerebbe sudore . “Poco male!” Pensa tra se e se la Ragazzina, di sicuro la buona aria di Città Alta allontanerà il forte odore.
La station wagon parte. Va dritto, non inverte verso la strada per città alta che è solita fare assieme al suo Babbo. La cucciola tra se e se si dice “Non prenderemo la solita strada, ne faremo un'altra!”. Mauro è un po impacciato nel guidare, sarà per via dell'auto più grande, ma un impercettibile strato di umidità screzia il volante.
La macchina prosegue dritto, senza voltare per una decina di chilometri. Quando l'ultima svolta per raggiungere Città alta è lasciato alle spalle, hanno cambiato Comune.
Parcheggiano in uno spiazzale, la macchina viene spenta e dagli altoparlanti escono solo le note di 2 canzoni che girano di continuo da quando è salita a bordo. Una è di Phill Collins, l'altra non si sa.
La voce di Mauro si fa profonda, cavernosa, mentre le sue mani iniziano a scorrere sul corpo della Ragazza. L'odore acido in sottofondo si fa più marcato, mentre i finestrini si appannano ed il sole inizia a coricarsi dietro le montagne.
Le mani di Lui si fanno invadenti, fastidiose e toccano la Ragazza dove prima non era mai passato nessuno altro se non per il bagnetto da infante. Lei cerca di scansarsi, ma è bloccata sul sedile dal peso di lui. Il porco è sopra la bambina e come un coltello la colpisce lì sotto. Il dolore aggrava la sensazione di fastidio e sporco che ha cominciato ad assalirla quando Mauro le ha messo le mani di sopra. Sente come del bagnato sulla pelle, inopportuna, impaurita si raggomitola mentre Lui si stacca e si ricompone dall'altra parte. Il sole è tramontato definitivamente dietro le montagne ed una notte senza Luna avvolge lo spiazzale e l'animo della Donna.
La macchina viene accesa ed i pochi chilometri che la separano da casa vengono coperti in un nonnulla. L'auto si ferma sotto il palazzo, ne un ciao, ne altra parola esce dalla bocca di Lei. Lo sportello si apre ed escono Lei e le note di quelle due maledette canzoni suonate per tutto il pomeriggio. L'aria della sera le inonda le narici, allontanando i forti odori che l'hanno marcata. Non si volta nemmeno, anche perchè appena chiuso lo sportello, l'auto fugge.
Respira velocemente, come fosse un criceto. La bambina che è in lei vorrebbe accasciarsi per terra, piangere ed urlare, ma la Donna nata nello spiazzale la tiene in piedi, la ricompone e tremante le fa premere il pulsante del citofono di casa. Sa che avrà una decina di secondi abbondanti prima che la mamma le risponderà al microfono, per cui si schiarisce la gola e allontana ogni increspatura dalla voce che possa tradirla. I secondi sono più di una decina, sarà papà a rispondere:
<> Una voce maschile suona dall'altoparlante. <>. Scatta l'elettroserratura del portone. La Donna spinge l'anta trovandola più leggera dell'andata, trascinando nell'androne Lei e la Bimba. Aspetta l'ascensore, userà lo specchio nella cabina per sistemarsi. Una veloce sistemata ai capelli, ai vestiti, la borsetta coprirà ma macchia di bagnato che poi laverà nel dopocena, mentre i suoi guarderanno i programmi alla TV. Si stampa sul volto la maschera del sorriso che da ora in avanti poche volte toglierà.
Una madre radiosa le apre il portone, chiedendole << Com'è andata cucciola?>>, un tono tra l'incuriosito ed il riservato risponde <>. Un grosso sorriso simil - compiacente chiude l'ultima frase senza però avere il coraggio di guardare la madre in volto, mentre passa inosservata all'occhio scrutatore di controllo materno. << Se avessi bisogno di qualcosa chiamami. Sono con papà sul divano a guardare la Tele.>> << Va bene mamma, mi faccio una doccia>>.
Entra in bagno ed apre l'acqua calda della vasca, la riempie di liquido bollente mentre si spoglia a luci spente. Ha paura di vedere se quella pugnalata l'abbia deformata. Dopo che si è coperta con l'accappatoio accende una lucina, si guarda dove non sarà mai più una Bambina ed è diventata Donna. Entra nella vasca bollente e si immerge tutta fino alla bocca. Quando l'acqua si raffredda apre la doccia calda sperando che lo scroscio possa lavarle e renderle nuovamente pura l'anima.
Esce da sotto la doccia dopo essersi lavata con il sapone, il bagnoschiuma di papà, di mamma ed il suo. La mamma la chiama per la cena. Vorrebbe cancellare l'odore di acido che le ha marchiato la pelle. Per la macchia sui vestiti ci penserà dopo cena. Tanto di giocare con le bambole non ne ha proprio voglia. Si sente sporca.. Dentro.
Il materiale audio e video appartengono ai rispettivi proprietari.

Emersione .

Dalle profondità.
Apre un nuovo spazio nell'isola di Melee, intitolato "Emersione". Scaffale con il compito di raccogliere le idee, i pensieri, le persone, i particolari che affiorano alla mia coscienza e capire se sono periodiche o se sono particolari che non hanno trovato spazio nel profondo interiore che ci portiamo e che quindi riaffiorando chiedono di avere una loro collocazione.
Non tanto un dimenticatoio, perché questa funzione l'ha un po tutto il blog, ma un angolo dove volgere a quelle idee, forse tossiche, forse usuali, forse ripetitive che ogni tanto riaffiorano e chiedono di esser prese in considerazione per capirle e capirmi.
Spero sia utile, come le altre tante e belle branche dell'Isola di melee. Buona lettura e sopratutto buone considerazioni.
AVE ATQUE VALE.