mercoledì 14 dicembre 2011

Il pentolone dello stregone .

Per il Dolore .

Finalmente apro uno scaffale dedicato interamente al "Dolore".
Non so molte cose, se riuscirò a scrivere e quindi dar forma alle idee che mi passano per la testa sull'argomento; se riuscirò a trovare un'immagine rappresentativa, neanche se riuscirò a raccogliere i post dispersi nel blog dentro a questo contenitore. Ma provo.
Forse il viaggio al suo interno non si concluderà, o forse non darà le risposte che mi aspetto. Comunque sia è una parte mia che chiede di esser vista.
Per iniziare ho trovato una foto rappresentativa: Un pentola nera. Nero perché nero è il dolore. Cupo, come le tenebre che scendono dopo la sera, senza luna, senza stelle. Poco per rischiararti, se non il lumino della speranza interna che cerchi di tener acceso, nonostante le sferzate di gelido vento che ti arrivano.
Una pentola perché ribolle, o forse quella è la rabbia. Mhà..
Partiamo.

AVE ATQUE VALE

lunedì 7 novembre 2011

Frattura Psicotica .



Dell'Io .

Immaginiamo che il mondo interiore (credo i tecnici lo chiamino ES) di una persona affetta da psicosi inizi ad avere una serie di problemi, evolva ad uno stato paragonabile ad un sasso: duro, freddo, secco e difficile.
Immaginiamo che sempre per la persona psicotica in causa, quello che i tecnici chiamano Super – Io ma che Io preferisco chiamarlo "l'inquilino del piano di sopra" (perché rompe i coglioni) sia paragonabile ad un martello: preciso, battente, decisivo, incidente, duro e battente sulla pietra.
Immaginiamo che per via dello stato psicotico l'Io della persona sia fragile, rigido e facilmente frantumabile come una bottiglia.
Immaginiamo di mettere la bottiglia/Io tra l'ES/mondo interiore ed il Super Io / Inquilino del piano di sopra/martello.
Ad un certo punto l'Es scaglia un colpo sull'Io; bloccato tra martello e pietra, cosa credete che succeda? L'Io va in frantumi in centinaia di pezzi, il dolore è atroce e indescrivibile e la cosa più orribile di tutte è che ti senti andare in pezzi, vedi scomporti nelle parti e dopo che il martello ha finito (magari impugnato da tuo padre), non hai neanche le lacrime per piangere, perché non sai di cosa piangere e a cosa sia dovuto il dolore.
Non riesci neanche a assemblarti, perchè trovi un pezzo, lo metti da parte, ne trovi un altro, lo metti da parte e dopo ancora ne trovi un altro ancora, ma non riesci a ricordarti dove hai appena messo gli altri .
Provare a ricordarti dove sono gli altri 2 pezzi che fino a poco fa avevi messo da parte e sapevi dove erano, ti fa ancora più male; meno rispetto alla martellata, ma è un nuovo dolore sommatosi al pre- esistente, non capisci più nulla. E' come se ti mettessi a camminare su una gamba fratturata.

Come una camicia di forza .


Sensazione che prende alle braccia .
Arrivano i no, arrivano i silenzi, arrivano i discorsi interrotti ed i musi lunghi, arriva l'idea di non far quello che si propone, arriva l'idea che quello che proponi non va bene, è strano, è fuori dal normale.
No a quello con cui poter pranzare più tardi.
No a quello che si potrebbe comprare.
No ad un po di intimità assieme.
No ad un vedersi con i propri conoscenti.
No ad andare in sede.
No ad un parlare assieme.
No a tanto altro.
Senti le braccia pietrificarsi, caderti, bloccarsi. Pezzi di granito, di pietra, ti trascinano giù verso il profondo blu. Non riesci a muoverle o a dargli vita. E' come se ti mettessero una camicia di forza, le tempie per un nano secondo vorrebbero esplodere, scoppiare. E' come un colpo di cannone sparato con il tappo alla canna. Implodi perché hai quella sensazione di esser bloccato dalle braccia.
Non voglio capire il senso dell'altro, o provare a comprendere i meccanismi che stanno alla base, dico solo come mi sento e qui, come in tanti altri posti, ne ho pieno diritto, fermo restando che nessuno è obbligato ad ascoltarmi.
Non è una bella sensazione quella che ti prende, è sentirsi come uno a cui gli si dice di mangiare quella famosa tonnellata e mezza di merda. Pesante da digerire.
Forse sono troppo rigido nel proporre.

sabato 5 novembre 2011

Guardo la foto di Brigitte Bardott e.. .

Penso a te.

Ho tra le mani il numero 1221 del 12 Agosto 2011 de "Il Venerdì di Repubblica", vi padroneggia la foto di una ventenne Brigitte Bardot in bikini.
Colpisce lo sguardo deciso di questa donna e le labbra semi-imbronciate a rimarcarne la carnosità e la voluttuarietà. Sarà la postura, lo sguardo o forse queste labbra, ma in mente mi vieni te, quando fingevi di arrabbiarti, quando stringevi gli occhi a fessura e mi guardavi tra il serio, lo sciocco ed il sensuale.
Mi ricordano di te le gambe di questa foto, per come sono messe, allargate, a sfida, con il bacino un po inclinato a voler rimarcare il cipiglio e la sensualità.
Mi ricorda di te la pancia, definita ma non squadrata, bella.
Mi ricorda di te questa foto il seno di Brigitte, non troppo grande, ma neanche assente, giusto, proporzionato alla tua persona.
Mi ricorda di te come porta il cappello, a mo di sfida per chi guarda, regalando un altro soffio di sensualità misto alla tua freschezza.
E mi ricorda quando tu mettevi il costume e ti vergognavi, ma per me eri bella.
E mi ricordo.. Forse questo ricordo del passato, tirato fuori casualmente dal congelatore del tempo andato si sta scongelando un po troppo. Le cose andate sono andate e non tornano più; resta, per chi lo vuole, ascoltare il rimorso per quello che sarebbe potuto essere se le cose fossero andate diversamente, proprio oggi che ti ri-vedo più bella e solare di prima. Ma dar retta alle cose passate non è che mi faccia viver meglio.
Un bacio sulle labbra e riporrò il tuo ricordo nuovamente nella barca di vimini bianchi. La spingerò dalla riva verso il centro del fiume del tempo. La saluterò e continuerà la sua corsa verso i ghiacci del passato, dove lì troverà il suo posto.
Addio, o forse arrivederci, o forse a mai più, se ancora ci penso ci resto male. .

Let’s get to work


Apre una nuova ala dell'isola, quella riguardante il mondo del lavoro, spazio dove meditare e ragionare circa un argomento delicato e sensibile.
Alcuni post erano sparsi nel Blog, a seguito dell'ultima esperienza lavorativa, impegnativa e pesante, credo proprio che sia arrivato il momento di ragionarci in maniera organica.
Il titolo del cassetto raccogliente i post è volontariamente in Inglese, dato che l'Inglese è l'odierna lingua nel mercato del lavoro. Spero di poter riempire lo spazio con post costruttivi, spunto di ragionamenti positivi anche di eventi negativi. Vediamo.
Good Luck!

domenica 30 ottobre 2011

Sirene .


Nel mio peregrinare in questo mare di vita, più di una volta mi capitò di imbattermi in delle Sirene. Il rischio incorso nell'incrociarle è perdere la bussola, annullare la propria persona pur di compiacerla ed aggraziarsela.
Una prima sirena incontrata era lieta di legarti alla sua turma di Pellegrini incappati nella rete, non proferiva parola per slegarti da lei. Compiaciuta della sua rete gonfia di Pellegrini/Pretendenti aggrovigliatisi, li custodiva tutti per se, stretti- stretti; faceva di tutto pur di non lasciarli andar via. Neanche una semplice frase "non mi piaci", o un "non ci può esser nulla tra noi".
Niente di niente.
Quando incappavi in lei, se ti piaceva, le finivi dietro, dovendoti far spazio tra le retrovie dei Pellegrini che la contendevano.
Più le maglie erano gonfie di sventurati e più essa era felice.
Fortuna che un giorno ruppi la rete in cui mi impigliai e me ne andai, portando con me, su di me e dentro di me, le stimmate del lungo tempo impigliato in rete.
Ne vennero altre e la storia pressappoco si ripetè.

mercoledì 26 ottobre 2011

Lutto.


Poco fa pensavo al possibile funerale di un mio familiare, alla faccia che avrei fatto: impassibile, per me era morto tempo fa.
Mi dico a che pro ri-piangere qualcuno, quando hai già pianto la morte di una persona? Se ne è andato quando ripetutamente gli chiesi aiuto, dal basso del mio esser ridotto in poltiglia per terra, mentre a suon di propaganda di fanfara dell'armata rossa mi passava di sopra, come un carro armato sovietico sopra ai militari tedeschi .



Fame.. .

Nera.
Aperto un nuovo angolo dell'isola ove raccogliere le sensazioni, le idee, i pensieri, le foto riguardanti questa sensazione.
La sensazione sarebbe spoglia se non vi fossero le emozioni che la accompagnano. Intanto mi è venuta una gran fame..

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

lunedì 24 ottobre 2011

Un grande Dolore .

Ti può mangiare da dentro .

Leggendo "Il Venerdì di Repubblica" del 12 Agosto 2011, l'occhio mi è caduto sull'intervista al neo scrittore Alistair Morgan circa il suo primo romanzo intitolato "Nessun dorma" .
Un concetto presentato dall'autore mi ha colpito :

Il dolore può consumarci e portare ad occuparci solo di noi stessi. Di certo, aiuta a capire la nostra vera natura, e non è detto che sia una scoperta piacevole e rassicurante.

Tempo fa, prima di entrare e durante la terapia, mi accorsi ( anche dai Post scritti ) che ero pieno di dolore. Un dolore nero, becero, continuo, interno, costante, come se a poco a poco cominciasse a mordermi da dentro, consumarmi lentamente, come un tarlo o una malattia dentro ad un albero.
Il sorriso sul volto mi si spense, chi mi stava accanto attaccò una poesia sul sorriso nel punto della casa dove trascorrevo più tempo. La cosa mi fece incazzare in una maniera inaudita, spingendomi ad ignorarla, visto che il dolore mordente mi attanagliava e mordeva dentro. Mi chiusi a riccio sul dolore, per proteggermi e provare a mitigarlo.
Provai in molti modi a placare questa sensazione, ci volle tempo, denaro, pazienza, comprensione (pagata e cercata altrove), voglia di mettere nero su bianco cosa provavo e a poco a poco riuscii a metter fuori la testa da quella chiusura a riccio verso me stesso e verso il mio dolore.
Quello che scoprii ancora devo digerirlo e di certo non è stata unta trovata piacevole e rassicurante.
Più volte ho trattato nel blog l'argomento Dolore, a differenza dell'argomento Memoria non sono riuscito a raggrupparlo in un unico scaffale, non trovando un filo conduttore che leghi le numerose sfaccettature di questo stato. Parlare di dolore è come cercare di rimettere assieme uno ad uno i granelli di sabbia che compongono un essere umano e che il dolore stesso ha buttato giù da una carriola e li ha sparpagliati.

giovedì 15 settembre 2011

Se telefonando....

Drin – drin. Drin – Drin. Driin – Driiin. Drin – Driiiin!!!!! (Una volta).

Il telefono è un grande strumento di innovazione, permette nn solo di telefonare, ma di fare tante altre cose: musica, video, scrivere, leggere, navigare sul web, far foto. Praticamente un coltellino svizzero elettronico.
Partiamo dalla funzionalità principale: telefonare. Questa può essere usata o abusata. Se mi attacco al telefono continuamente, telefonando e ri-telefonando ad una persona, forse guardo solo ai miei interessi invadendo altresì il campo altrui. Un po fastidioso, non trovate?
Se poi fosse un continuo telefonare senza motivo, solo per il gusto di sentirsi, diventa fastidioso e logorroico.
Soluzione? Staccare il cellulare :-D .

martedì 13 settembre 2011

Il blog .






Un bel giorno di tanti anni fa (era il 14 Maggio 2007), decisi di aprire un blog. L'idea di pubblicarvi cose personali mi dava e da tutt'ora ribrezzo, ma l'idea di poter dire la mia su argomenti che andavano dalla cultura alla politica, passando per i nomi più strani delle acque minerali, mi elettrizzava.
Bazzicando nei blog altrui, capii che la sola scrittura era un veicolo pesante, bisognava sintetizzarla ed arricchirla con un potente strumento: l'immagine. Ciò che scrivevi poteva e deve essere rappresentato da una immagine, l'immagine a sua volta rappresentata deve dare un'idea di cosa volessi intendere o di cosa c'è scritto nel post.
Poi arrivarono musica, suoni e filmati, grazie a youtube ed altri server di video sharing. Un grazie va all'utilizzo di software di video editing, oltre alle preziose dotazioni di foto/videocamere digitali dei cellulari o macchine digitali odierne, così facendo il ventaglio di possibilità espressive aumentava e si ampliava.
Il resto l'ha fatto il mio girare per la Sicilia, scenario naturale di drammi umani quotidiani che quotidianamente si consumano. Alla Trinacria altri scorci di luoghi del resto del mondo si aggiunsero tra gli scenari, l'importante è il comunicarmi un'emozione.
Grazie Isola di Melee, grazie per avermi dato la possibilità di dire la mia allorquando non mi si dava altra possibilità di parlare.

giovedì 8 settembre 2011

100esimo Post .

Dello scaffale "L'isola di Melee" .

100esimo post, sono tanti se si tiene conto dei 913 post nel totale del blog. Un altro scaffale del blog contiene tanti altri post, se non erro "Esperienze", con i suoi 99 post pronti a diventar 100.
Senza scordare il mio scaffale preferito "Il microscopio allontanatore", da cui sono gemmati tanti altri scaffali/argomenti: casa e famiglia, acqua passata, il mirino del cecchino, anima e musica, l'armata brancaleone e d altri.
Un post per riflettere e continuare a ragionare ed esprimere la mia opinione nell'oceano di Internet.

Rimozione 002.

Riduce a brandelli la trama della mente .

Cosa è la rimozione? Croce? Delizia? Strumento di salvataggio o di condanna dell'individuo? La rimozione mnemonica a pelle, la descriverei come un calare improvviso di un meccanismo paragonabile ad un autocarro che nel cuore della notte, o quando meno te lo aspetti, fionda sulle tue cose, sui tuoi ricordi, di peso li prende, li raccoglie, li strappa dagli altri, ne lacera i legami con il resto delle trame di fili mnemonici e li porta via.
Taglia, strappa, sega, lacera tutto quello che di nocivo, tossico e dannoso possa essere per la mente: idee, fatti, pensieri, eventi. Nella normalità delle cose potrebbe essere un meccanismo di difesa della memoria, della persona, ma quando questo meccanismo prende il sopravvento? Cosa succede? Succede che la persona si ritrova l'arazzo della memoria ridotto a brandelli.
Cosa può fare l'Io? Accetta o non accetta questa riduzione a brandelli di se stesso? Credo proprio di no. E pur di negare la riduzione a brandelli della sua memoria, ricorre a meccanismi accessori, o pericolosi, o perniciosi, o altro ancora pur di non accettarlo.

lunedì 29 agosto 2011

Ho perso le parole .



O forse non ci sono mai state .

Ieri era il 1994, Ligabue cantava "Ho perso le parole e pure ce le avevo qua un attimo fa"; oggi è il 2011, se prima avevo l'intenzione di trovare le parole che poi si riduceva ad un reale non ci sono, ora mi sento di dire che le parole non ci sono .
Non ci sono parole per raccontare i problemi affrontati, le delusioni raccolte e la difficoltà/impossibilità nello spiegare cose quali malattia mentale a gente che non ne vuol sapere.
Ho perso le parole o forse non ci sono mai state, o forse è giunto il tempo di crearsele per poterne parlare.

domenica 28 agosto 2011

Ho Fame ...


Era il 20 Gennaio del corrente anno e mentre ero sul treno per Palermo, notavo che:
Circa 1 ora fa ha cominciato a far capolino una sensazione di appetito, quasi fame. Via - via che le stazioni scorrevano, la sensazione di fame si è fatta corposa, intensa.
L'acquolina alla bocca, una sensazione di vuoto nella pancia, nella parte alta al di sotto dello sterno.
Un buco, un vuoto, una voglia di riempirlo con qualcosa trovato, sensazione simile a quella provata nel periodo arrabbiato, solo che allora era molto più marcata, forte, definita e piena .

domenica 21 agosto 2011

Seghe .

Mentali .

A partire dal 26 Gennaio del corrente anno in poi, una cosa ho imparato nel proseguire sulla mia strada: Farmi meno seghe mentali. Sarà una frase scontata, ma fino a quando personalmente non si riesce a coglierne il significato, intercalarla nell'ambito della vita di tutti i giorni, nei momenti in cui questa frase serve, fino ad allora, fino a quando questo lavoro non è stato fatto, la frase resta una semplice frase di retorica, fredda, vuota ed inutile, come le tante cose che in un passato inondavano la mia vita, la affollavano e ne impedivano lo scorrimento.
Ero alla guida di un'auto, sul lungomare di Roccalumera, mentre facevo la spesa. Le idee su le idee mi si susseguivano in testa: avevo scordato il cellulare, era tardi per tornare indietro ( frase bastarda e correggibile con un c'è ancora tempo per rimediare) e prenderlo, già mi immaginavo le discussioni nate da questa irrintracciabilità, immaginavo i possibili colpi che mi sarebbero potuti arrivare. Ad un certo punto, ero all'altezza del futuro hotel su lungomare, sarà stata la mole dell' ecomostro pendente, sarà stato l'asfittico dell'abitacolo, ho gridato basta dentro di me.
Ho mandato alla malora tutte le idee e tutti i pensieri che mi assillavano, ho deciso d irel resettare, piallare, cancellare le cose e mi sono rimesso in moto, dato che il vertice del ragionamento che faceva quadrare tutto era dato da una osservazione sull'utilità di questi ragionamenti su ragionamenti: che mi vado a snervare ora? Cosa ci concludo a sfinirmi su ipotesi e contro – ipotesi possibili? La cosa mi permetterà di vivere meglio? Arriverò prima? Avrò una mente più libera e sgombra per affrontare gli attacchi? Avrò una visione migliore? Tutto questo mi aiuta?
Lì, in quella piccola chiave di volta che chiudeva l'arco del ragionamento, visto e provato che teneva, in quel preciso istante ho mandato a quel paese tutto e tutti, ho aperto la porta ed ho sgombrato il campo.
Mi sono sentito meglio ed oggi scriverne, mi permette di ritrovare un minimo di forze per poter vedere con ottimismo alle numerose problematiche che mi affollano la mente alcune mattine, verso le quali finora ho avuto delle risposte a seghe mentali: cioè un circolo vizioso senza uscita di sorta.

venerdì 19 agosto 2011

E' arrivato l'inverno .

Con i suoi fiocchi di neve.

E' giunto l'inverno in questa vallata, prima era primavera, poi intensa estate, dopo iniziò il mite autunno, dalle tinte calde ed assolate. Ora è inverno e la fame si fa strada, ululati del passato squarciano le notti ed Io non vorrei esser lasciato solo, ma la mia amata ha anche lei tanto freddo.


Logo.

Marcia indietro ( momentaneamente ) .

Il nuovo logo elaborato non è che mi abbia sfagiolato molto, per ora si torna a coprire con il vecchio. Dovesse arrivarmi una nuova idea la metto in pratica.

giovedì 18 agosto 2011

Stile di scrittura di D'Arrigo.

Come le correnti di mare nello stretto.

Arrivato a pagina 900 circa dell'opera monumentale di Stefano D'Arrigo, nasce una nuova osservazione, stavolta sul suo modo di scrivere. L'autore presenta un modo di scrivere che, pur rimanendo se stesso, muta e cambia come le correnti nel mare.
Riesce ad inchiodare il lettore su di un argomento per pagine e pagine, come se fossi una nave in bonaccia, ferma, immobile. Non tira un alito di vento e la nave è fissa in un punto nel mare; il discorso non scorre, è fermo, perché descrive un concetto all'inverosimile.
Può darsi che si alzi rema (fenomeno di correnti che trasportano acqua di mare dallo Ionio al Tirreno e viceversa come fiumi ad intervalli regolari), per cui nonostante voghi/legga, essendo la corrente contraria al tuo procedere, D'Arrigo torna e ritorna sullo stesso concetto all'inverosimile per cui ti sembra di leggere lo stesso concetto decine di volte e ti senti ostacolato nel tuo verso di lettura. I soliti concetti si presentano e ripresentano, avanzi a fatica, ma sai che sei fermo perchè la rema/D'Arrigo si è alzata/o e tu non procedi.
Poi invece ci sono quei momenti in cui sembra di aver preso una piccola corrente secondaria, piccola-piccola, che guarda caso ti fa correre e scorrere sulle onde / pagine, con una tale velocità e naturalezza per cui ammiri la bellezza del paesaggio/storia.
Per me è questo lo stile di D'Arrigo, un mutare di correnti/stile all'interno del suo libro/mare.

Spesa .

Il carrello è vuoto .

In un bilancio ci sono le entrate (poche) e le uscite (molte), oltre a strumenti finanziari di custodia del denaro per il riconoscimento di interessi (bassi). La crisi si sente anche nell'Isola di Melee e da qualche parte si devono pur prendere provvedimenti.
Il campo lavorativo continua, anche se non è il massimo un lavoro atipico; gli strumenti finanziari sono sempre gli stessi (poche le new entry nel mercato del risparmio italiano), per forza di cose si deve incidere sulle uscite, alias spese varie.
Il primo passo fatto è stato vagliare attentamente le voci di spesa, collegandole ai vari fornitori presso cui mi rivolgo, senza scordare o tralasciare i luoghi di produzione.
Seguendo le voci di spesa ed i fornitori, sono alla ricerca del venditore che mi permette l'acquisto più conveniente, ma anche qua c'è da allungare i tempi di acquisto, prendere i beni in mano, studiarseli, compararli, ridurli ad unità primari di comparazione (prezzo a 1 kg o 1 L ), la memoria, un colpo di cellulare per sembrare di scrivere un SMS quando invece si prova a ricordarsi il prezzo, un taccuino e penna nella tasca. Ben agguerrito e ben organizzato per cercare di non farsi fregare più del dovuto.
Il passo successivo è stato cercare di capire i luoghi di produzione, lì ho avuto un paio di simpatiche ed interessanti scoperte produttive. Oltre a farmi una piccola cultura su multinazionali, differenze tra supermarket/ipermarket, localizzazione di medesimi prodotti presso più fornitori, la ricerca di volantini per le offerte, mi sono incuriosito sui luoghi di produzione dei beni.
Non sempre chi produce è chi distribuisce, oltre che chi distribuisce non sempre produce in Italia. Concetti scontati, forse ovvi, ma che se cercati sulle etichette dei prodotti, magicamente essi perdono il loro vistoso colore, sbiadiscono la loro presunta bontà rivelando una strana storia con uno strano percorso.
Ho scoperto di succhi di frutta che per abbattere i costi sono pieni di dolcificanti/edulcoranti, che la Palmera è diventata una sottomarca della Rio Mare, che Coop e Sigma si fanno produrre le marmellate dalla medesima fabbrica, oltre che entrambe si rivolgono alla Sterilgarda per la produzione del latte UHT da loro distribuito con il brand Coop o Sigma. Tanti piccoli particolari che se tenuti conto, ti portano a comprare i prodotti con una maggiore criticità: non sempre la marmellata a minor prezzo è quella con maggior contenuto di frutta o quella che costa di più è la più buona. I prodotti di marca nel controllare i luoghi di produzione danno interessanti sorprese, ed un'analisi del gusto di ciò che si compra (magari un succo di frutta) per ricercarvi i dolcificanti che abbassano l'uso di zuccheri e frutta (leggi risparmio), ma che ti lasciano un retrogusto di amaro in bocca che può dar fastidio.
La prossima esperienza da fare per contenere la spesa sarà l'acquisto di ricariche di lamette on-line, dato che fornitori locali oltre ad una determinata soglia non si può scendere nell'acquisto del bene. Sembra che si muovano bene in tal senso i tedeschi e gli inglesi a vendere su eBayo o comunque si sia disposti ad investire una certa cifra per acquistare maggiori prodotti e scampare un prezzo più basso.
Vediamo.

lunedì 15 agosto 2011

Parananza .

Bella è?

Era il 19 di Aprile, quando con Ale ci siamo messi a cercare dei grembiuli grandi e colorati per la cucina. La prima ricerca fu fatta in zona Messinese, ma scarsi i risultati. Ci venne l'idea di sfruttare l'opportunità Palermo e di conseguenza i suoi negozi. Detto fatto, locali ampi e con tante merci dove è stato possibile trovare il necessario.
Chiesi un grembiule ed il commesso mi rispose "Intende Parananza?", rimasi colpito dal nome, una "cosa in più che so" pensai tra me e me . Appena vista l'amore scoccò a prima vista, ne comprai una nera, una vinaccia (nella foto) ed una verde. La bianca la lasciai, mi sapeva tanto da macellaio.
Finora è stato un ottimo acquisto per poter cucinare.

Incontri in una Palermo Multietnica .

Portone di palazzo Mirto a Palermo .

Era il 27 Giugno del 2010, Io & Ale abbiamo incontrato una ragazza di nome Viviana durante un ricevimento interculturale tenutosi nella corte di palazzo Mirto. Ho avuto modo di scoprire il mezzo coltello rettangolare ed il coltello rettangolare per tagliare i formaggi stagionati e quant'altro necessiti per la divisione una buona forza concentrata a colpo.

venerdì 12 agosto 2011

Cortocircuito.

Con due cose simili si rischia di confondersi .

Era l'11 Novembre 2010 quando l'Avvocato mi disse di andare a prenderlo a Roma. Con il mio bel borsoncino seven, mi imbarcai sull'aereo: direzione Roma. Varcata la soglia dello studio, una voglia irrefrenabile di piangere mi assalì. Davanti a me c'era una ragazza (quella a sinistra), che assomigliava molto ad una mia ex . Volevo piangere ed andarmene.
Guardavo quegli occhi e mi sembrava di ri-vederla, la guardavo e riguardavo e le espressioni del volto di quella donna che tanto amai nella mia vita si riprensentavano.
Con un grande sforzo iniziai a fare un po di spazio dentro a me stesso, per tornare a respirare, per poter continuare a vivere. Mi si spalancò l'armadio dei ricordi, ed una ventata di ricordi dal forte odore di naftalina mi investì, allungai la mano per tirarli fuori, per capirli e capirmi, ma stavolta invece di tirarli fuori e darli in toto all'altra persona, li presi e controllai, per capire se potevano andar bene.
Il risultato finale fu di buttarne via molti, con una scelta attivamente voluta, piuttosto che una necessità affrettatamente accettata e mal sopportata.

martedì 19 luglio 2011

Lettera .

Di Manfredi Borsellino .

Qui di seguito riporto il link del testo della lettera di Manfredi Borsellino. Oggi è ancora il 19 Luglio e sono passati 19 anni da quell'inferno.

Link

Una frase mi ha colpito, figlia di quel dono che Paolo Borsellino fece al figlio che fu la sua lucidità nel trattare gli eventi umani, dando un spazio ponderato alle cose, senza grossi eccessi. La riporto di seguito:

E vorrei anche dirgli che la mamma dopo essere stata il suo principale sostegno è stata
in questi lunghi anni la nostra forza, senza di lei tutto sarebbe stato più difficile e
molto probabilmente nessuno di noi tre ce l’avrebbe fatta.

C'è qualcuno su questa faccia della terra che nonostante abbia ancora il padre e la madre, non gli può dire che tutto è stato più difficile senza aver ricevuto forza e praticamente 1 dei 2 non ce l'ha fatta. Capita..

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario .

venerdì 8 luglio 2011

C'è taglia .

E taglia .

Un po di tempo fa scopro di aver bisogno di pantaloncini nuovi, quelli dell'anno passato non mi stanno più e la voglia di colore si fa avanti. Cerco in giro e ne trovo qualcuno. Contento e felice di averli trovati e di avere i soldi per comprarli, prendo il primo paio (giallo).
Passo ad un secondo market, dove mi sento a casa e c'è tutto e di più. Parlo con un commesso per sapere a che punto è la stagione, solita risposta: ogni settimana ci arrivano i container di roba. L'esperienza mi insegna che una volta portata la collezione dell'anno in corso, quella è e quella resta fino ad esaurimento. Cioè portano uno stock di roba e resta sugli scaffali fino al consumo, senza esser rimpinguato, potendo durare oltre la fine della stagione .
Memore dell'esperienza cerco un commesso con cui sono in maggior confidenza. Scambiamo quattro chiacchiere e gli porgo la domanda, risposta chiara ed esaustiva: la stagione è finita.
Un po deluso mi rivolgo agli scaffali alla ricerca di una taglia comoda. Cerca e ricerca, l'occhio cade su un pantaloncino Columbia, taglia 56. Lo indosso, mi calza giusto ma lo voglio. Decido di prenderlo ( ma di questa scelta precipitosa ne pagherò le conseguenze) e lo metto in carrello.
Continuo la ricerca, trovando un pantalone di cotone con le mie inseparabili tasche laterali, l'unico 56. Lo provo, mi calza largo, ha una buco nella tasca ed uno strappo sul fianco. Ho bisogno di pantaloni, lo prenderlo.
A conti fatti mi hanno fregato con i prezzi terminanti per 0,95 e 19,00, mi sono svuotato le tasche per pagare, con una commessa tutta schifiltosa nell'attendere i soldi. Pago ed esco più confuso che persuaso, forse avrò fatto degli acquisti affrettati.
Da questa esperienza ho iniziato a studiarmi con calma tutto quello che c'è scritto nelle etichette, provare i vestiti almeno 2 volte, non prendere pantaloni stretti ed arrotondare le cifre dei prezzi in eccesso, oltre che un pantalone prodotto in Bangladesh non ha le dimensioni di uno prodotto in Sud Africa o in Madagascar.
Scusate se è poco..

mercoledì 6 luglio 2011

Ricordi .



Da gestire .

La saga di Harry Potter, sia film che libri, mi ha dato molto da riflettere circa i sentimenti, le emozioni e ciò che si trova sotto la linea della coscienza .
Un argomento più volte toccato dalla scrittrice riguarda il ricordare, il dimenticare, una delle tante essenze dell'essere umano.
In questo spezzone di filmato si mette l'accento sui ricordi, visti come pezzi, oggetti palpabili, o come qui rappresentati in fiale contenenti parti di vita andata via. Non perfette ed inviolabili, ma fragili come vetro, perdibili, amalgamabili.
Il modo con cui la figura di Albus Silente si presenta con i propri ricordi ne rispecchia la personalità: preciso, meticoloso ed ordinato. Non tanto per pignoleria, ma per riuscire ad avere la mente sgombera, nella vita asseconda il processo del dimenticare, non lasciando le cose a se stesse, buttate in un angolo, o ignorate, bensì seguendole, accettandone il percorso del dimenticare dove lui si trova ad esser il primo attivamente interessato.
C'è da aprire una parentesi e cioè che il dimenticare nel filmato è molto strutturato ed organizzato, un dimenticare si, ma come voglio Io; questo non si può nella vita di tutti i giorni, dato che del dimenticare si conosce poco o nulla. Per questo suggerirei di studiare la memoria al rovescio, partendo non tanto dal ricordare ma dal dimenticare.
Quello che si può fare è assecondare lo scorrere delle acque del fiume Lete, che lambiscono i ricordi e a poco a poco ne trasportano via granellino dopo granellino, risucchiandoli nel fondale. Si può lasciar defluire l'acqua evitando l'ingolfamento dei ricordi, facendo spazio tra di essi, con lo scrivere, il disegnare, lo scattare foto, filmati, il parlarne, la musica, lavorando e quant'altro.
In questi ultimi tempi l'argomento della memoria mi affascina sempre di più e da autodidatta mi ci sto avventurato principalmente per capirmi, perché ogni tanto la mia memoria si inceppa, si blocca e resetta tutto quello che fino ad allora aveva accumulato. Quel momento lo chiamo "la memoria dei pesci rossi", "Tutta questa memoria e buff! Buio totale, hanno dimenticato tutto e tutto è bello ed interessante da scoprire daccapo".

sabato 2 luglio 2011

2011 04 16 Silenzio e Solidutine .

Nella 'Ricchia .

Stefano D'Arrigo scrive a pag 707 nell'Horcynus Horca:

Il silenzio deserto della 'Ricchia se lo sentiva dentro nel sangue, come ridotto in forma di un ago, un ago dalla punta di gelo rovente che gli camminava nel sangue e si muoveva verso il cuore, e il peggio era che se lo sentiva come sarebbe stato sempre così, sempre come in punto di trapassargli il cuore, sempre a quel punto.

L'autore gioca con tre figure, la solitudine, il gelo e quella parte di animo dove risiedono i sentimenti caldi chiamato cuore.
La solitudine viene rievocata più volte da Stefano D'Arrigo, come una bestia dietro l'angolo pronta ad uscir fuori e ad espandere il suo carico di gelo. Gelo penetrante, intenso, che scivolando si fa strada nelle corde dell'animo a ghiacciarle una ad una. Ghiacciata la prima, congela la seconda e così via, fino a trovarsi con un parte di se stessi ibernata.
A poco a poco ti ritrovi tu fermo solo soletto in un angolino, ibernato poco a poco. Vorresti alzarti, ma intorno trovi vuoto e solitudine. Provi a suonare le tue corde dell'animo, ma appena le tocchi con dita gelate, incallite e dalla sensibilità intorbidita, non senti sotto i polpastrelli la loro vitrea consistenza, la fragilità del nuovo stato in cui si sono evolute.
Si vorrebbero suonarle con ruvide e mezzi assiderati arti, ma si sgretolano tra le dita in tante piccole schegge di ghiaccio diffuse intorno. Si sparpagliano in ogni dove portando con se un briciolo di animo or ora smembrato. Si sprigiona un dolore profondo, intenso, nero, becero, sordo, che non da tregua, non conosce anestesia, non da calma o grazia, incalza come una marea nera che invade e rovina, guasta, scassa, smembra.
Vorresti gridarlo questo dolore, come una donna grida il dolore che prova nel dare la vita, ma l'urlo ti si gela in gola e se ne esce, fuoriesce un fievole gemito impercettibile tra le labbra.
Come un fischio di vento del nord che suona dei flauti di pan in bambù, appesi per un filo alla porta e cosparsi di ghiaccio, mentre il vento li smuove facendoli tintinnare tra di loro.
Brutta bestia la solitudine, cammina assieme al gelo, di cui ne è cane da compagnia..

giovedì 30 giugno 2011

Qualcosa di profondamente oscuro .

Come un elenco.

  • Carattere particolare, terribilmente chiuso, riservato, scontroso .

  • L'evento del lutto ebbe una influenza negativa sul suo carattere .

  • Si dedicò totalmente ad una persona .

  • Non uscì più di casa .

  • Comportamento infantile .

  • Non voleva riconoscere la realtà .

  • Non voleva riconoscere la morte del padre .

  • Paura .

  • Paura di restare sola .

  • Paura di restare orfana .

  • Paura di non avere qualcuno a cui potersi aggrappare .

Un elenco di cose nere, profonde, sdegnose, difficili da affrontare, problematiche da discutere, un po appartenenti, un po distanti, un po te stesso, un po diverso, non proprio te ma in cui potersi specchiare.

mercoledì 29 giugno 2011

Scelta di come ...



Morire .

Era il 19 Maggio del corrente anno, mi ero appena dinito di vedere la serie Survivors, e dopo un lungo ragionare e pensare presi il PC ed iniziai a scrivere:
C'è stato un periodo della mia vita, non saprei dire precisaemnte quando, ne tanto meno per quanto, o forse lo so ma non voglio ridestarlo dalle acque profonde dell'oblio, in cui vissi come un sopravvissuto. La sensazione di esser in un campo di sterminio e non in un contesto familiare si faceva avanti passo dopo passo.
Le urla, le privazioni, il dover combattere per un posto a tavola, per esser ascoltato, per avere un paio di pantaloni, di calze, di libri o quant'altro, vedeva una escalation di violenza.
Le urla erano all'ordine del giorno, i nervi tesi, le grida erano il pane quotidiano, a volte non si arrivava alle mani perché mi facevo piccolo – piccolo e cercavo di scomparire, discorsi propagandistici erano il pane quotidiano e problemi su problemi si sommavano sul tavolo della casa all'inverosimile.
Non saprei quando, ma si insinuò una strana idea nella mia mente, piuttosto che reagire ed esplodere, non reagii ed implosi. Mi chiusi dentro me stesso, mi trincerai come un sopravvissuto nipponico in un isola del pacifico, iniziai a grattare e racimolare frustoli di pane qua e la, spazi, angoli, libri, manga, fumetti, scrivere, pezzettini sparsi qua e la di me stesso, dove la sera a luci spente nelle altrui stanze potevo andare furtivamente a recuperare e cibarmene.
Poi venne un nuovo periodo di magra (però mi son perso il preriodo di grassa), la risposta fu nuovamente la medesima, implodere e resistere chiuso in un angolino, in me stesso, sempre più asfittico, sempre più serrato, sempre più muto, sempre più vuoto.
Purtroppo in quel periodo non ci fu chi bussò alla porta dell'uscio dicendomi:
- E' la cosa peggiore che le sia mai successa.
- Ma non sarà la cosa peggiore che accadrà a lei.
- Non so quanto cibo abbiate lì dentro, ma...
- Quando scarseggerà, non si arrenderà facilmente.
- Cercherà di farlo durare più a lungo. Sempre più a lungo.
- Sarà veramente, veramente lenta.
- Ma questo lo sa, giusto? Già. Lo sa, è tutto ciò che potrà offrire al suo bambino.
- Oppure può scegliere oggi.
- E' uscito il sole.
- Fa un po di freddo, ma cosa ci aspettiamo in questo periodo dell'anno, no?
- Come sua figlia ha detto, nessuno sa cosa succederà.
- Non è più obbligato a nascondersi così.
- Può decidere di vivere.
Mi viene il freddo a leggere le righe del discorso tradotto. Mi viene il freddo perché all'epoca non sarebbe stato un soliloquio ma un discorso che pressappoco avrebbe avuto queste risposte:
- E' la cosa peggiore che le sia mai successa al suo Ragazzo.
- Lei non sa quante privazioni sono andato in contro per salvarci la pelle.
- Ma non sarà la cosa peggiore che accadrà al suo Ragazzo.
- Non so quanto cibo abbiate lì dentro, ma... Quando scarseggerà, non si arrenderà facilmente.
- Cercherà di farlo durare più a lungo. Sempre più a lungo, perchè le hanno insegnato con la violenza a non chiedere aiuto.
- Sarà veramente, veramente una morte lenta, lentissima, per lei e per il suo Ragazzo.
- Ma questo lo sa, giusto?
- No, non lo so e non so a quale strada mi porterà questa strada di fame e privazioni che ho intrapreso per me ed il mio Ragazzo. Ma ho paura, tanta paura, una paura nera, che mi imbavaglia, mi cuce le labbra, mi smonta in mille pezzi e mi congela dal di dentro.
- Già. Lo sa, è tutto ciò che potrà offrire al suo Ragazzo. Oppure può scegliere oggi.
- E' uscito il sole.
- Fa un po di freddo, ma cosa ci aspettiamo in questo periodo dell'anno, no?
- Come sua figlia ha detto, nessuno sa cosa succederà.
- Non è più obbligato a nascondersi così.
- Vorrei crederle. Vorrei non nascondermi più, trovare una famiglia che mi dia una mano, che mi aiuti, ascolti, sostenga in questo periodo difficile. Ma qui tutti nascondono tutto, nascondono l'impossibile, anche il sole con le reti alla luce del sole. Per poi esplodere come degli zombie avventandosi come delle bestie a farti a pezzi in mezzo alle urla.
- Può decidere di vivere...

Oggi ho scelto di vivere.

sabato 25 giugno 2011

Stracci logori .



Alcune sere, appena prima di dormire, il suo ricorda bussa alla soglia della coscienza. Tra una veglia che si fa strada tra i fumi del sonno, i momenti trascorsi assieme si fanno strada: Roma, le cene, in macchina, a casa mia o sua. Le scampagnate, le uscite, le vacanze, le notti trascorse assieme.
Questi particolari ed altri vengono rievocati, momenti belli, intensi, profondi, forti ed anche maledettamente sensuali, riprendono un corpo ed una vita di effimera durata.
Prendono la forma di un vestito, dove le parti brutte sono state tolte dalle forbici del tempo, restando le parti "belle" ed "interessanti" nel comporre alla fin fine uno straccio indossato e che metto, riscaldandomi con quei momenti trascorsi e sperando o no, che qualcosa tornerà o che del nuovo verrà .
Mentre sprofondo nel sonno i momenti si susseguono uno dietro l'altro, più intensi, più belli, più nitidi, più chiari, particolari dimenticati riaffiorano, frasi, gesti, sguardi o momenti hanno come nuovamente definizione, ma quando viene l'indomani ed i raggi del sole ridestano alla vita quotidiana, gli stracci indossati svaniscono e si ritorna al solito tram – tram.

martedì 21 giugno 2011

Una tabula rasa .


Su cui scrivere .
L'altro giorno ero in spiaggia a Santa Teresa di Riva ed ho notato un bellissimo strato di sabbia quasi perfettamente levigato, ho preso il cellulare ed ho scattato un paio di foto. Appena vista la superficie liscia, ho avuto l'idea di paragonarla ad una memoria vergine, intatta, dove ci si può scrivere, ricordare, avere un passato, viverci.
L'immagino così una memoria umana all'inizio del suo percorso, come una grande distesa di sabbia dove tracciarvi i segni dei ricordi.
La mia memoria però non è così liscia e levigata, ha qualche buco e cicatrice di vita...

martedì 24 maggio 2011

Viaggiai per terra e per aria .


E vidi le cose con un altro occhio .
Sono trascorsi precisamente 2 anni dall'esperienza di Lecce e di acqua sotto ai ponti ne è passata, molta.
Un'esperienza importante è stata l'andare all'assemblea annuaria, accettando di poterla vedere nuovamente .
Ero nell'androne della sala congressi quando nel campo visivo dell'occhio sinistro un volto conosciuto passò; dissi: O è uno della mia delegazione o è quella.
Mi voltai, la cercai con gli occhi e la vidi. Cambiata, stanca, appesantita nel volto, senza quel sorriso smagliante e strafottente, senza quel color castano chiaro, quasi rosso che la sua capigliatura aveva quando la conobbi e che mi fece sballare quando muoveva la testa. La guardai e mi guardai dentro, una bomba interiore non era esplosa ed io non me ne ero andato in pezzi.
La curiosità mi prese ed iniziai ad osservarla mentre parlava o meglio ascoltava il suo Presidente. Questo la tartassava di frasi, di concetti, di discorsi puntualizzati per tutto il tempo, come se il Presidente fosse un fabbro e lei un pezzo di ferro da deformare a piacimento nelle sue mani con il maglio del suo discorso fatto di parole. Un po come nel filmato, il fabbro prende il ferro, ne riscalda il cuore e poi giù a colpi di martello, martellandolo e deformandolo nella forma desiderata e voluta, fermo restando che il ferro vuole ciò.
Il paragone mi agghiacciò, il sangue mi si raggelò per pochi istanti nelle vene e mi voltai dall'altra parte. Il tempo dedicatole finì dopo l'intervento circa una consorella da espellere, discorso alla platea: freddo, staccato ed asettico: una funzionaria di regime.
Meno male che alla fermata dell'autobus non c'era nessuno ad aspettarmi.

mercoledì 18 maggio 2011

Affare ...

Cinese.

L'Horcynus Orca è una miniera di modi di dire e fare del Messinese, uno dei primi che mi ha particolarmente colpito è stato "Affare cinese" quale sinonimo di pene .
La parola viene forgiata dall'autore nell'introdurre le Sirene, assieme ad un altro sinonimo "Pesce con la barba". Descrive questi esseri metà pesce e metà donna quali discendenti della Fèra alias Dèlfino (o come pronunciamo in Italiano corrente Delfìno). Le descrive come predatrici dotate di appetiti e voglie, quest'ultime soddisfatte cibandosi in un sol boccone del Pesce con la barba dei marinai.
L'autore ti trascina in un mondo costruito con un linguaggio da lui assemblato, ove tratta con la particolarità del linguaggio argomenti ora spinosi, ora difficili, ora suadenti, ora ammalianti, ora epici, ora storici, senza scadere nella banalità o nella pornografia.
I fatti narrati scivolano con tale delicatezza che il lettore rimane con l'amaro in bocca allorquando l'oggetto della discussione cambia e si volta la prua della lancitta verso nuovi lidi, si vorrebbe dire: Ancora un altro po, ma l'inchiostro della stampa scorre nei suoi binari e l'oggetto della narrazione cambia.

martedì 17 maggio 2011

Dimenticare 002.



La Memoria permette di immagazzinare elementi vari quali immagini, suoni, filmati, parole, simboli, situazioni, luoghi, date ed emozioni, sotto la voce "Ricordi".
Immaginiamo di poter convertire i ricordi in segni, righe, lettere e simboli tracciati sulla sabbia. Immaginiamo che nel tracciare gli elementi sulla sabbia andiamo in contro ad un meccanismo attivo, ovvero l'impugnare un bastoncino e disegnare le linee sulla sabbia della memoria.
Nel momento in cui si finisce di tracciare il segno, su di esso inizia il meccanismo del dimenticare ad opera dell'acqua che scorre come il tempo.
Sopraggiunge l'acqua che con costanza rimuove ciò che è stato segnato, toglie e lava via i granuli per riportare la situazione alle condizioni di prima: è il meccanismo del dimenticare.
I granuli ordinati in un particolare modo, disposti ad assumere una conformazione con significato, sopraggiungendo l'acqua perdono la loro disposizione, vengono allontanati, assumendo una conformazione simile all'iniziale. Simile, ma non uguale, perché i granuli assumono si dispongono a superficie piana, non ma non proprio, ancora qualcosa si intravede: tracce di segni.
Sembrerebbe quasi che la normalità fosse il dimenticare, il rimuovere, il togliere, il lavare, l'allontanare via, il liberare e non il ricordare. Perché quindi non focalizzarsi sul meccanismo del dimenticare piuttosto che del ricordare? Dato che il primo è un processo spontaneo a cui andiamo in contro subito dopo? E non tanto il ricordare?

Nuovo logo et.. .

Altro .

A quasi un mese di distanza pubblico un altro post, l'891esimo nei 5 anni e 3 giorni di vita del blog.
Mi è venuta l'idea di un nuovo logo, quello sopra riportato, ma l'idea non mi convince molto. E' una prova, come tante altre che sto facendo, per vedere quali strade si possono aprire e percorrere.

AVE ATQUE VALE

martedì 19 aprile 2011

Penelope .

Che tesse .

Pensate ad una donna che per anni ha tessuto all'inverosimile una tela, dedicandovi tutte le sue energie e le sue forze per tenerla assieme. Queste le fila della trama della sua tela: un viaggiatore straniero l'amore della vita, piombatole giovanissima nella vita; lei giovane ragazza sicula con il primogenito nato maschio, molto simile all'amore della sua vita; un attaccamento totale alla famiglia, tanto da non schiodarsi di un millimetro dalla sua terra.

Poi ad un certo punto chiama alla vita un'altra persona e per questo non c'è altro spazio nella sua vita se non l'aiutarla a tenere assieme le fila di questa trama che intanto la prende, la avvolge, la consuma, la distrugge, la annienta perchè il primo nato fa a pezzi questa trama e sa che potrà farla a pezzi finchè vorrà, Penelope con amore materno farà di tutto per ricominciare a tesserla e tenerla assieme, arriverà a togliere lo spazio al nuovo nato, a togliersi il cibo di bocca pur di darlo al primo, arrivando a prendere il cibo dal piatto dell'altro pur di riempirsi.

Penelope pur di mantenere la tela integra si farà carico dal vecchio padre di dare i soldi al nuovo nato, togliendovene un po se al secondo amore della sua vita tanto simile al consorte serviranno.

Penelope ignorerà il lamento delle ripetute fratture del nuovo nato, pur di riuscire a risparmiare le sue forze per colui che è tanto simile all'amore della sua vita.

Penelope raccoglierà tutto quello che c'è di buono ed industrioso nell'alveare dove vive: bambine, figliocce, pur di distogliere l'altrui sguardo critico dalle nefandezze del primo nato.

Penelope tesserà un'altra trama, stavolta di rete da pescatore con lo spazio del richiamato alla vita, pur di nascondere le nefandezze di colui che per primo nacque.

Penelope abbuonerà il suo consorte, lo liscerà all'inverosimile, toglierà costantemente i frastugli di memoria o di ragione che non gli sono utili alla trama, pur di convincerlo ad aiutarla a tessere la sua trama, anche se questo vorrà dire abbandonare a se stesso il nuovo nato di cui lui si prese amorevolmente cura, quando i suoi gemiti iniziavano a fendere l'aria. Penelope non si è accorta che da un pezzo la sua tela il nuovo nato non la tesse più. Ed urla di dolore. .


L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

28 12 2010 L'IO morto ammazzato ....

L'altra notte piangevo, in sogno mi sono passate tante scene di una stessa persona fatta via via a pezzi. Era come se stessero ammazzando mio figlio, una parte di me stesso; lo vedevo venir spappolato pezzo a pezzo, come se un'ascia gigante ne spaccasse in due il ventre (come vidi in un film horror), andare a pezzi, brandelli, finisse in un tritacarne dalla parte dei piedi ed Io dall'altra parte a tenerlo e trattenerlo affinchè non andasse via in pezzi.
Urlavo e piangevo, come il padre del ragazzo ucciso da Voldemort: Il mio ragazzo!! Me lo hanno ammazzato!!!! Il mio ragazzo.... E mi scioglievo in una valanga di lacrime per aver perso mio figlio, il mio Io, la mia parte più importante. Vorrei chiedergli scusa, vorrei rimediare in qualche modo, non so come, ma lo vorrei fare. Ci tengo, è mio, sono suo, è il mio... ragazzo (anche se in cuor mio lo vorrei chiamar bimbo mio).
So di aver già scritto un post molto simile a questo, ma ancor oggi non sono riuscito a trovare le parole per dare una senso a questa sensazione. Capita..

giovedì 14 aprile 2011

Si può scegliere di...

Non arrendersi e morire con dignità combattendo fino all'ultimo respiro.

Oggi prendo il telefono e chiamo per rintracciare l'Avvocato. Attesa al telefono ed inizia l'ennesima discussione sindacale, dove il discorso procedeva a senso unico, più volte i miei richiami, le mie osservazioni e la mia contropartita, ma dall'altra aprte oltre ad esser cieco è pure sordo.
Sul piatto c'è davvero poco, o quasi nulla, se non una miseria: 50,00€ al giorno per i giorni effettivi di collaborazione con vitto e alloggio.
Per un turno di lavoro che prevede 24h di disponibilità, diviso in una prima trance di 8.00 – 14.00, seconda trance 15.00 – 21.00, un totale di 13 ore giornaliere di lavoro, niente domenica in cui mi ritrovo spalmato a fare: autista, spesa, accompagnatore, cuoco (mattina/mezzogiorno/sera), cameriere (apparecchiare/sparecchiare/lavare i piatti), segretario, fattorino, contabilità ed altre mansioni varie. Lavorando chissà quando, dando una disponibilità continua, senza contratto, senza esser messo in regola (NB: In nero) per me è stato troppo.
Ho provato ad aprire delle finestre di dialogo, ma sentendo il discorso a senso unico ho chiuso dicendo che Io porto a compimento il mio impegno, giovedì venturo sarei andato a prendere tutto il comitato ed iniziata l'ultima sessione lavorativa, avrei formato il mio sostituto e ci saremmo salutati, ringraziando l'opportunità che mi è stata data.
Non mi ha ammazzato il disturbo bipolare e mi faccio carne da tritare per un orbo? Auguri al nuovo arrivato, non solo si è preso il cieco, ma si è fidanzato con l'Ucraina che ha sulle spalle la figlia. Andiamo per lidi nuovi.

AVE ATQUE VALE

mercoledì 13 aprile 2011

21 12 2010 Preghiera .

Ma per chi?

Dentro la testa ho cose che mi provocano dolore, tanto. Quando le muovo, le tocco, le ricordo, mi regalano una dose di dolore. Ieri insopportabile, oggi avvicinabile.
Intimamente come un bambino vorrei dimenticarle, rimuoverle; vorrei scrivere una lettera a Babbo Natale dove chiedergli di regalarmi una pozione che se le porti via, ma ragionando so che ci sono e ci saranno per sempre.
Posso pure provare a dimenticarle, ma fanno parte di me, sono mie. Vorrei pregare qualcuno: Dio, Allha, Javè, Nettuno o chiunque altro, affinché se le porti via e mi lascino in pace. Ma nessuno ascolta, sono solo Io.
Posso provare a scrivere e leggere per calmarle un po, rilassarmi con le onde del mare, alzarmi ed andarmene quando la situazione non va, però è dura camminare su un prato pronto sapendo di poter saltare al prossimo passo.
Ho fame e sete e so che quando tornerò da loro, ci sarà il secondo round, ma Io sono già stanco e mi sento la testa tagliarsi in due per il dolore passato.

lunedì 11 aprile 2011

Speranza .

Un volo di gabbiano .

Una volta mi dissero di guardare al futuro con speranza, cioè con la possibilità che le cose cambino. Me lo ripetevano principalmente gli ex-68ini, che del futuro altrui hanno combinato le peggiori nefandezze. Me lo ripetevano le persone vicine, quando chiedevano di saltare una rata da pagare delle cose che mi dovevano, me lo ripeteva mio padre che alla mai età spaccava il mondo.
Grazie mille, peccato che ieri guardavano al futuro con un'ottica del contratto a tempo indeterminato, potevano comprare casa, avere servizi quando andavano negli uffici, pagarsi una RC auto senza troppi intoppi ed altro.
Oggi non va proprio così e piuttosto che guardare il futuro con speranza, lo guardi con paura, con una paura che non è dovuta ad una singola causa, bensì tante che vanno da una Paura di un lavoro in nero che non sai se termina, alla paura di un tetto tuo sopra la testa che ancora non hai, alla paura di dover litigare con i proprietari dei fondi per raccogliere degli asparagi a... ancora altre paure.
Si potrebbe provare a guardare il futuro con fiducia, ma la fiducia vuole dei risultati per i bisogni per dare l'assenso a proseguire.
Buona fortuna ed:
AVE ATQUE VALE.

mercoledì 6 aprile 2011

Dimenticare .



E' possibile .

Come cantato nel ritornello da Luca Carboni e da altri artisti:

Con un po di fortuna si può dimenticare.

Dimenticare purtoppo non è facile, è un processo lungo e laborioso che si lega al ricordare in una maglia perversa attraverso cui attimi di vita o vengono persi o vengono trattenuti.

martedì 5 aprile 2011

Roba da.. .

Palermo, Addaura: Buttare.

Da un po di tempo mi sento la testa un po costipata: troppe cose da ricordare, principalmente persone, fatti ed emozioni. Di certo avere una rubrica telefonica intasata da quasi 300 contatti che uso raramente o quasi mai, non aiuta a dimenticare, anzi, quando l'occhio cade sull'immagine di una persona, si attiva il meccanismo del ricordo non sempre pieno di cose buone.
Ricordare ciclicamente le cose non è che aiuti molto, c'è bisogno di metterle da parte, di buttarle. Una volta buttavo forzatamente le cose in discarica, cioè mi imponevo di dimenticarle. Ad un certo punto mi sono ritrovato con la testa così satura di ricordi buttati alla rinfusa in discarica che la testa mi esplodeva.
A mie spese capii che le cose per esser dimenticate hanno bisogno di un processo attivo, partecipato, selezionato. Un foglio elettronico dove mettere a dormire i contatti in surplus della rubrica, un blog a cui affidare l'onere di tenere a mente le date calde, uno scanner che inizia a macinare fogli su fogli di pezzi di carta che non mi voglio più trovare tra i piedi ma che ho voglia di buttare e custodire solo in formato digitale e lì lasciarle.
Una volta preso dalla foga mi misi a cancellare le foto di una persona cara, ancora oggi mi mordo le mani per averle eliminate definitivamente, quanto mi mancano. Praticamente mi sono scavato con le mie mani un buco nero di memoria, dove prima c'erano delle foto, oggi non c'è più nulla. Peccato, fa ancora male.

giovedì 31 marzo 2011

Strano cocktail .

Il colore rende l'idea .

Poco fa stavo compilando un curriculum vitae da presentare a Posteitaliane e ad un certo punto dentro si sono fatte strada due emozioni: Paura e Solitudine. Come due bevande versate in un medesimo contenitore, i due liquidi si sono mescolati, si sono fusi, dando origine ad una nuova sensazione: più strana, più fredda, più forte.
Forse sarà la stanchezza per una giornata piena, forse sarà la paura del futuro che mi prende, del nuovo, dell'ignoto, forse avrei voglia di un angolino dove poter accucciarmi e riscaldarmi. Forse....

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

lunedì 28 marzo 2011

Mettiamoci una toppa .

Sono arrivato a 4 .

Quasi un anno fa Davide mi invitò in campagna, ci mettemmo a pulire gli ulivi ed accendemmo un fuoco. Era periodo pre-elettorale, mese di marzo credo, e la foga Milazzese alle elezioni era proporzionale al malcontento che aleggiava nell'aria. Ci inoltrammo in una discussione molto fitta tra una tagliata di rami, uno spostamento di quelli già tagliati ed altri finiti tra le fiamme. Alla fine del pomeriggio, contenti del lavoro fatto, ci salutammo e tornai alla giacca .
Con mia "gioia" constatai che si era bruciata in più punti. Feci 2 calcoli in tasca e la cifra che avevo a disposizione, la dovevo impegnare per altro e più urgente, per cui mi domandai: Che faccio se ho bisogno di una giacca a vento da combattimento?
La risposta si fece strada tra i ricordi: Daniele una volta se ne spuntò con una felpa con delle toppe (fichissime) dopo l'averla strappata sui frangiflutti in Marina Garibaldi. Soluzione trovata: Ci metto una toppa! Andai a casa tutto contento e chiesi se ce ne era una, mi presentarono quella del vespaclub: fichissima e colorata. La presi ed iniziai a cucirla.
Mentre con pazienza certosina davo i punti, mi accorsi che il buco non era solo. Andai in merceria e comprai un paio di toppe. La prima la cucii quasi subito, la seconda vuoi perché molto stretta, vuoi perché difficile da sistemarla, la completai a singhiozzo.
Oggi mi sono divertito a cucire l'ultima in meno di mezz'ora (pensavo peggio), ma alla fine il lavoro l'ho finito; il giubbotto è sempre lo stesso, ma personalizzato e colorato.
Una bella esperienza che mi ha dato da riflettere, principalmente sull'impulsività che mi portò a lasciare il giubbotto vicino al fuoco, non rendendomi conto di dove l'avessi lasciato e l'eccessiva fretta nel dedicarmi all'aiuto altrui, senza prima mettere in sicurezza il mio.
1 anno dopo ho finito di sistemare il guaio che mi sono creato, figlio della mia sbadataggine, da quando ho iniziato a cucirmi le toppe ho meditato molto sui miei gesti, arrivando ad una conclusione: Fretta? No grazie! :-)

venerdì 25 marzo 2011

La memoria dei pesci rossi .



Trailer del cortometraggio di Eleonora Ievolella .

Una sera d'estate mi telefona Davide e mi dice:
- Compare, andiamo al Cinefestival di Milazzo?

Non gli dico ne si e ne no, ma semplicemente:
- A che ora ci vediamo?
Nel giro di qualche ora ci ritroviamo in piazza Duomo a Milazzo, il grande schermo è davanti a noi, luci ed ombre lo attraversano mentre suoni e voci dagli altoparlanti ci raccontano le storie che stiamo assistendo.
Ad un certo punto sullo schermo viene proiettato il corto "La memoria dei pesci rossi". Di questa opera mi salta subito alla mente il concetto:
I pesci rossi hanno una memoria di 10 minuti, per questo riescono a sopravvivere in una boccia di vetro. Tutta questa memoria e buff! Buio totale, hanno dimenticato tutto e tutto è bello ed interessante da scoprire daccapo. Hai mai visto un pesce rosso triste?
Agghiacciante..

giovedì 24 marzo 2011

San Giuseppe .

Si fece prima la sua barba .

L'altro giorno ero al telefono con un "cugino", guarda caso di nome Giuseppe. Si parlava di cosa si fa, cosa non si può fare e dei vari problemi nella vita. Vuoi per la telefonata, vuoi per la persona, vuoi per il nome, mi venne in mente il proverbio:

San Giuseppe si fece prima la sua barba e dopo la fece a gli altri.

Questo proverbio, ripetutomi ciclicamente in ambito familiare, mi diede ai nervi e tutt'ora mi da ai nervi, vuoi per un egoismo latente mal celato dalla bella parata esterna di riferimento alla religione cristiana con il al Santo, vuoi per un parlare a slogan figlio di propaganda totalitarista, vuoi per un ripetere le cose che soggettivamente mi da fastidio.
Dopo questo flash mi sono ricordato che un paio di minuti prima della telefonata mi ero appena sistemato la barba con schiuma e lametta. Li per lì mi venne un aggiustamento della frase:

Giuseppe prima si fece la sua barba, dopo se avanzava lametta e schiuma gli fece la barba a gli altri, sempre se ne avanzava.

Ora questo proverbio ripetuto a tamburo battente in ambito familiare, con le dovute correzioni ha maggiore senso, è meno fastidioso, è meno ipocrita e più aderente alla realtà.

sabato 19 marzo 2011

Diversità .

Rudy Garcia Tolson of the U.S. swims during the men's 200m individual medley SM7 heat at the 2008 Paralympics in the National Aquatics Centre, also known as the Water Cube, in Beijing September 7, 2008. (REUTERS/David Gray).

L'immagine è eloquente, non c'è nulla da spiegare. Forse un giorno riuscirò a trovare una foto che riesca ad esprime la mia diversità senza dovermente vergognare o generare un profondo stato di imbarazzo. Intanto un passo è stato fatto .

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.



Codaliscia .



Era la sera del 04 Settembre 2010, quando una ragazzina di 11 anni prese una sedia, il libro di "Harry Potter e il calice di fuoco" e mentre Io lavavo i piatti me ne lesse alcuni capitoli. Mi colpì molto il suo modo di leggere ed un passo, da cui poi iniziò a balenarmi l'idea di leggerlo, ma senza troppa definizione. Riporto il passo in oggetto:

Era come se Codaliscia avesse rivoltato una pietra per rivelare qualcosa di brutto, viscido e cieco: anzi, peggio, cento volte peggio. La cosa che Codaliscia aveva portato fin lì aveva la forma di un bambino rannicchiato, ma Harry non aveva mai visto nulla di meno simile a un bambino. Era privo di capelli e coperto di squame palpitanti, di un cupo nero rossastro. Le braccia e le gambe erano sottili e deboli, e il viso - nessun bambino al mondo poteva avere un viso del genere - era piatto e serpentino, con occhi rossi scintillanti.

Forse in quel momento, per la prima volta, riuscivo a trovare le parole per descrivere come era ri-nato il mio Io . Dopo un lungo periodo di spappolamento per terra, alcuni pezzi tornavano assieme, si assemblava un qualcosa che aveva sembianze deformi di un bambino invecchiato ma non cresciuto.