lunedì 16 marzo 2015

Vieni via...

Da quel ricordo .
Preparazione alla statica. Egidio scandisce i tempi, sono partiti i tre minuti. Inizia il percorso mentale di avvicinamento all'Io. La ricerca dei bei ricordi può aver inizio. Scorrono le immagini, la vallata di monte Trino, fiori di primavera, sono solo e mi ritrovo ad incamminarmi verso cala Grottaccia.
E' un sentiero già preso durante una sessione di bagno Turco. Qualcosa mi dice che la strada non porta a nulla di buono, ma devo ritrovare un equilibrio per fare questo viaggio nella statica. 
Mi trovo a camminare verso il mare, contrada Trinità. Supero il prato di acetoselle, iniziano gli ulivi. I passi procedono e mi ritrovo con Franco a raccogliere verdura selvatica, alle Tre Pietracce, la prima volta che scorgo bieta selvatica e qualcuno me la spiega, gioia.
Un'immagine di volto in controluce, Rò ed il suo sorriso, le fossette intorno alle labbra, noi due a mare, la festa di compleanno. Cazzo! Capitano via da quella cazzo di stanza! Chi cazzo aspetta? Via da questa stanza maledetta di ricordi! Andiamo via!!!! Viaaaa!! Perchè cazzo ci devi far fare a pezzi? Capitano invertiamo la rotta, in quella stanza dei ricordi c'è solo morte e ghiaccio! Cazzo capitano tra poco ci immergiamo! Cosa cazzo sta combinando? Viaaaa!!
Panico, silenzio, dolore, contrazioni nell'addome, un treno che fischia nella notte, paura e freddo.
Arrivano i due minuti scanditi dal Mister. Un segnale esterno, sovrasta gli innumerevoli segnali di pericolo interni, come un corno da guerra suonato da una collina.
I passi procedono in retromarcia, la mano accompagna la maniglia per chiudersi e finalmente si stacca, stavolta ci sono entrato, ma non è detto che la prossima volta ci debba ritornare, anzi, credo proprio che quella nota di emozione impressa seduto meditante sul vertice della roccia del torrente Santo Pietro, sarà un nuovo ground-zero da cui ripartire.  

Avere un Io.. .

Un Io, non tanti .
Avere un Io è una bella cosa; bella perchè le azioni fatte o da compiere, hanno un inizio, un centro da cui partire e da cui proseguire.
Permette l'inizio di un discorso, di un ragionamento, di un'azione, in pratica un punto di partenza: la tua persona.
Non più un inizio a casaccio, random, a 360 gradi come sabbia sparsa per terra che non riesce a trovare un punto di aggregazione.
L'Io ti permette di fare scelte, perchè è la postazione da cui osservare la situazione, con la visuale ed i suoi limiti, legati a te.
Non una miriade di posti di osservazione sparsi per terra da cui non è possibile avere una visione univoca, le cose frammentate in miriadi di punti di osservazione, incoerenti e sparsi, persi e a pezzetti, dove tali e tante sono le visuali da non riuscir ad omogeneizzare e vedere alla fin fine un bel nulla.
Avere un Io ha anche il suo prezzo, a volte dolce, altre salato o addirittura amaro.
Dolce perchè hai il tuo punto di inizio delle tue azioni.
Salato perchè se fai delle scelte affrettate, sbagliate, dirompenti o errate, quello che è al centro dell'azione e a cui ricadono gli effetti dell'azione sei tu.
Amaro perchè non ci sono gli "altri" a cui addossare la colpa, cosa voglio dire: se una persona compie una “minchiata”, ed avendo un Io da dove valutare col proprio punto di vista e  decidere di  andargli dietro, non posso e non voglio addossare la colpa delle conseguenze delle azioni iniziali. Un Io che dice SI ed anche NO alla “minchiata”, queste scelte sono mie e non di altri, alias se il primo che ha fatto un'azione ed IO la giudico una minchiata e di conseguenza non la voglio condividere il gioco si ferma; ma se Io  scelgo di condividerla sono IO ad averla condivisa e non che la “minchiata” è di altrui proprietà.
"Mi è arrivato un sms, o è roba da pagare, o è Dona o Marco.” Era Marco.
Mentre scrivevo pensavo a mio padre, a quanto duri e puri, sferzanti e moralisti, pesanti e opprimenti, psicotizzanti e schiaccianti erano i suoi discorsi quando iniziava a far capolino il mio Io.
Ricordo la durezza di risposta quando quello che usciva fuori non gli andava a genio ed i duri colpi verbali a botte di questioni sociali e morali venivano sferzati come un bombardiere su di una città.
Ricordo la sensazione di panico, di sgomento, di ansia, di terrore, di demolizione interiore che vivevo, la paura di morire da un momento all'altro, la claustrofobia che mi prendeva ed il senso di strangolamento che mi attanagliava la gola.
Ricordo che era come se mi mollava una delle sue pizze in faccia, dopo le quali mi ritrovavo steso per terra, peccato che era il mio Io sbrindellato/sdirinato/spappolato in 1000 pezzi.


Come se un rabbino una volta deciso di costruire un golem di sabbia, decida di prenderlo a pugni fino a sgretolarlo a pezzi per terra.