Premessa: Il post è pubblico e chi lo vuole può leggerlo, nessuno ti obbliga a farlo. Se decidi di leggerlo è una tua scelta personale di cui io non sono responsabile, dato che puoi pure voltarti dall'altra parte, magari andandotene in un altro indirizzo ed ignorare ciò che vi è scritto.
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Sabato 17 Luglio 2010 ero in stanza che facevo il punto della situazione se raggiungere Alessandra a Palermo oppure no. Ad un certo punto della mattinata arriva una telefonata dai nonni: si è rotto un tubo nel bagno allagandosi la stanza, mentre l'idraulico “preferito” dal nonno è all'opera per risolvere il problema (con modi ed operatività tutti suoi e discutibili).
Sento arrivare una moto, penso tra me e me: Riccardo? No Claudio. Lo riconosco dal' abbanniata dalla corte, tralascio i particolari perché in sintesi l'idraulico aveva chiuso il rubinetto dell'acqua di sopra dove è ospite dei nonni.
Vedo mia madre farsi terrea in volto, coopta mio padre e lo manda al Capo a dare una mano alla nonna, mentre io mi metto in disparte e ragiono tra me e me.
Mentre lei si accende una sigaretta e si siede sulla sedia di vimini che Claudio si divertiva tanto a lanciarmi contro e che riuscivo a schivare sempre all'ultimo momento, mi sono commosso nel vederla. Sola, con la sua sigaretta accesa, presa dai suoi pensieri. Mi sono detto tra me e me: la situazione si potrebbe benissimo alleggerire, basta solo considerare il fatto che Claudio è Ospite a casa dei Nonni e che fino a prova contraria Il Nonno e la Nonna sono i proprietari dello stabile e possono fare quello che gli pare e piace, decidendo pure quale idraulico far venire per le riparazioni.
Preso da una forte emozione di sentimento di affetto e pietà verso la condizione di mia madre, ho fatto un primo passo in sua direzione (ero dall'altra parte della cucina). Fatto il primo passo i due sentimenti da che avevano medesima intensità hanno visto prevalere la pietà sull'affetto.
Il secondo passo è stato fermato dai toni sempre più forti di una pietà dalle tonalità cupe che si faceva strada.
Poi un terzo sentimento si è fatto strada l'assurdità della situazione e la follia che regna sovrana in casa dei miei, per cui mi sono detto in un battito di ciglia: Ma se io condividessi questo concetto sgravante con mia madre, non rischio per il sistema di rete sociale familiare di essere frainteso? Cioè per dargli una mano e dirgli guarda che non te la devi prendere troppo, dato che la casa è ancora di tuo padre e decide lui a chi chiamare per la manutenzione, rischiavo l'altra interpretazione dei fatti: tu ce l'hai sempre contro tuo fratello (l'eterno dualismo e fratello contro fratello che i miei cavalcano) e non puoi sopportare che stii alla casa al Capo (a me solo questioni sociali e morali ed un grazie per non avermi dato manco una buccia di fava per pagarmi 3 anni di terapia).
I passi sotto il peso di questi discorsi fritti e stra-fritti si sono fermati, le suole delle scarpe si sono inchiodate sul pavimento, un piccolo soffio di vento esterno che ha mosso le foglie del potus sul davanzale mi ha ricordato: VITA. Mi sono detto: Vattene a fanculo io vado per la mia strada e sguazza nella merda che ti sei cresciuta.
Ho fatto i bagagli ed alle 11:20 ero alla stazione con un biglietto in mano per Palermo.
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