sabato 26 luglio 2008

Vespone riparato .

Pistone impaccato .

Sabato 28 Giugno finiamo di riparare il vespone con mio padre. Una bella esperienza, se ci metti che ho potuto toccare con mano un motore, contraddistinto da una costante: la semplicità.
La vespa è stato un mezzo di locomozione importante per l’Italia, perché nel primo dopoguerra è stato il veicolo che ha iniziato a portarsi dietro gli italiani. Le autostrade non erano ancora state costruite, c’erano solo le strade statali ( o brevemente SS ), le macchine erano le 600, l’850 ad andare di lusso il 1100, sempre FIAT.
Passano i decenni, ed il nuovo secolo si ritrova le strade piene di questo pregevole ed indispensabile mezzo di locomozione, che dire se non che è stato una bella invenzione Italiana e che ha permesso di muoversi? All’inventore e ai produttori ( anche se ormai alcuni non più su questa terra ) semplicemente:

Grazie!

No Stress.



By Laurent Wolf.

A volte sul lavoro ci vorrebbe: No stress. Fortuna che oggi è iniziato il week – end .

venerdì 25 luglio 2008

Lacrime .


Un anno dopo l’uragano tutte le acque non hanno smesso di scendere.

Tutto intorno mi sa di vita, mi vuol solleticare il cuore, ma è troppo duro x aprirsi.
Forse è meglio piangere, per calmarne le ferite.

L’immagine appartiene al rispettivo proprietario .

Festa di San Giovanni .



Anche quest’anno nella locale chiesetta di San Giovanni nella settimana del 25 Giugno si sono tenute le celebrazioni per San Giovanni Battista. L’evento che personalmente preferisco è la sagra della cioccolata, giunta quest’anno alla seconda edizione.
In questa occasione puoi abbandonarti al piacere del palato, degustando il cioccolato preparato in tanti modi., tra questi, quelli assaggiati sono stati: crepe al nutella, mousse di cioccolata, riso nero e cannolicchi al cioccolato.
Spero proprio che anche il prossimo anno ci sia questa buona e sana tradizione locale.


giovedì 24 luglio 2008

Goodbye .



Ti regalo le mie scarpe, sono nuove,
prendi anche qualche libro, può servire,
saprò alzarmi in volo e vedere dove sei,
ti manderò a dire goodbye,
ti regalo la mia giacca, ti sta bene,
ti lascio una valigia, da riempire,
ti lascio anche il mio numero, perché non si sa mai,

Quanti sogni, viaggi, colori, antichi rancori,
e una fantasia, piena di amori,
e andare contro vento, non è difficile lo sai,
lo è, senza un saluto, casomai...

Saprò alzarmi in volo e vedere dove sei,
ti manderò a dire goodbye

Ti lascio, ti regalo, una giacca, una valigia, un numero, anche solo una parola prima di andare, per non lasciar solo contro al vento, durante al viaggio, all’ignoto, al vuoto.
Parole semplici, gesti spontanei, forti perché ricchi di contenuti, che senti e ne capisci l’importanza se ti è capitato di partire senza un saluto, un ciao, un addio, un arrivederci, uno sguardo. Parti senza niente di umano, di caldo, di vivo, senza un cane o una cagna che ti saluta.
In quei momenti capisci l’importanza del sorriso di tuo padre che ti dice “ciao” mentre il treno scorre sui binari, apprezzi il significato delle scene sdolcinate delle persone che corrono ai piedi del treno per non perdere lo sguardo di chi vogliono bene, capisci che partire da un posto, senza un saluto, è la cosa più schifosa e meschina che ti possa capitare, è come morire dentro.
Mi è capitato un paio di volte, la prima quando partì un mio amico, di notte. Partì senza dir nulla, come fanno i ladri, senza un ciao, un arrivederci, un “io vado”, niente di niente. Credevo fosse morto, non sapevo a chi chiedere aiuto, o semplicemente qualche nuova. Il nulla se lo era inghiottito.
La seconda occasione si è svolta alla mia partenza con un bus. Volti mai visti, luoghi sconosciuti, niente e nessuno a dirmi ciao. Solo una famigliola di venditori ambulanti di panini, nello spiazzale antistante la fermata dell’autobus, erano l’unica cosa che riusciva a darmi un po’ di calore umano prima della partenza.
Fortuna volle che quando i miei occhi si posarono sul mare dello stretto, la morsa che stringeva il cuore si allentò, perché dentro una voce mi sussurrava: Casa….

2008 07 14 Concerto Jovanotti a Taormina.


Eravamo in tanti .

Lunedì 14, con Etta, Nino e Ketti partiamo per Taormina. Destinazione? Il mega concerto di Jovanotti al teatro antico della città . Scenario bellissimo, un po’ scomoda la pietra, ma l’atmosfera si è surriscaldata quando è entrato Lorenzo, vestito con una giacca piena di lampadine!
I pezzi nuovi si sono susseguiti alle canzoni storiche. C’è stato un momento in cui credevo il teatro crollasse, ovvero quando ha cantato “L’ombelico del mondo”. Abbiamo iniziato a saltare, gridare e cantare a suon di musica.
Ci sono stati 2 momenti toccanti durante lo spettacolo. Il primo si è presentato con la commemorazione del giudice Livatino, in quel momento ho urlato con tutto il fiato che avevo in gola: Bravo Lorenzo! Mi sono semplicemente trovato non più solo, perché c’è stato qualche altro pazzo nel resto d’Italia che crede nella possibilità di poter cambiare. L’altro momento toccante si è presentato quando ha cantato “A Te”, prendendo in diretta il cellulare di una fan del pubblico, cantandovi proprio al microfono del telefono! È semplicemente un mito Lorenzo!
Dimenticavo! È riuscito a far saltare, ballare, cantare sulle sedie tutti i notabili del luogo, seduti in prima fila. È stato bello vedere che anche loro, saltavano e ballavano come noi… quelli nelle gratinate.
Guarda caso proprio ora la discoteca della zona sta pompando nelle casse “L’ombelico del mondo”, sarà un caso?
Il momento su Rosario Livatino

mercoledì 23 luglio 2008

Finalmente piove.


Cadono gocce di pioggia su questa terra di Sicilia. Giorni di caldo, vento di scirocco, polvere sollevata e poi alla fine arriva la pioggia. Benedetta acqua, come al mio solito, sono stato un pezzo sotto di essa a sentire le gocce che mi bagnavano gli abiti ed il volto.

martedì 22 luglio 2008

I post .


Quando si pubblica un post è un po’ come scrivere una lettera, prepari le idee, le assembli, le scrivi, per poi correggere le eventuali imprecisioni. Una volta preparato, pubblichi il post sul tuo spazio, un frammento nell’oceano di internet, dove ogni luogo è raggiungibile, basta navigarvi.
È un po’ la filosofia della bottiglia in mare, scrivi parte di te per poi affidarla all’oceano, in modo che anche essa possa navigare ed essere consegnata ad una persona di cui non sai nulla, un piccolo salto nel vuoto.

domenica 20 luglio 2008

Foto.. che mi piacciono :-)



Scattate da amici, amiche, conoscenti, con l’autoscatto, mi ritraggono in momenti simpatici, difficili, altri beli, alcuni indimenticabili, diversi, particolari… Vivi!
Aggiungo che è pure il primo slide show !

Il Ciclope addormentato alle pietre rosse .

Quando venne il turno per Gaia di creare la Sicilia, delegò il compito a Vulcano. Il dio essendo la sua prima creazione, desiderava realizzarla bene. Per farsi aiutare nell’impresa forgiò un Ciclope di ferro e massi, dato che le cose da fare erano tante e aveva bisogno di aiuto.
Vulcano ed il Ciclope costruirono per intero l’isola, senza risparmiare nulla, ne forza e ne volontà, ne doni e ne meraviglie. Vedendo che il lavoro riusciva bene, Vulcano decise di edificare la sua officina nell’isola e costruì l’Etna. Visto il buono e servile lavoro fatto dal Ciclope, il dio decise di costruirgli una sua fucina personale, così che gli creò l’isola di Vulcano.
Giunta all’altro capo dell’isola la notizia di un’ isoletta tutta sua, il Ciclope tutto contento iniziò ad incamminarsi verso la sua futura dimora. Ma la creatura fu costruita male e troppo sfruttato nei giorni addietro, Vulcano lo impiegò in eccessivi lavori, dove ingenti energie furono consumate.
Lungo il sentiero verso la sua futura dimora, il Gigante iniziò a sentirsi male. Più proseguiva per la meta e più sentiva le forze venirgli meno, le gambe diventare sempre più dure, stanche. Camminava con difficoltà.
Arrivato in prossimità di Messina, le gambe lo abbandonarono, costringendolo a sdraiarsi per terra. Non ebbe il tempo di adagiarsi, che cadde per terra scuotendo l’isola per intero. Gli arti lo abbandonarono, immobili, morti, ma la volontà di raggiungere la sua meta non lo abbandonò, ed iniziò così a strisciare per terra.
Terremoti su terremoti si avvicendavano ad ogni spanna coperta. Le su possenti braccia, trascinavano il suo grande corpo, ormai in sfracello e decadimento.
Arrivato a Milazzo, non riusciva quasi più a trascinarsi dietro le gambe in roccia e pietra, piene di terra. Nello strisciare per terra, mucchi della migliore terra siciliana gli si erano attaccati sugli arti morti, ora diventati enormi.
Mancava poco per raggiungere la meta, doveva giungere al primo scoglio delle Eolie, il Capo di Milazzo e poi il gioco era fatto. Ma un piccolo lembo di mare separava l’isoletta dalla terra ferma. Raccolte le ultime forze, il Ciclope sprofondò nel mar Tirreno per raggiungere a nuoto il Capo. Appena le sue gambe morte ricolme di terra toccarono il mare, si liberarono subito del peso, così che dove prima era mare, ora era terra. La lingua di terra che il Ciclope si lasciò dietro per arrivare al Capo, divenne una vasta pianura, fatta della migliore terra sicula ed infusa della forza del Ciclope.
Le forze, lo abbandonavano sempre di più, ogni metro che lo avvicinava alla sua dimora erano le sue forze che lo abbandonavano per sempre. Per guadare l’ultimo tratto di mare, perse tutte le forze, ed arrivò sfinito al Capo di Milazzo non riuscendo più a strisciare oltre.
Preso dallo sconforto della vita che lo abbandonava e di non poter raggiungere la sua dimora, appoggiò la testa su un masso, in modo da poter vedere in lontananza l’isola di Vulcano.
Mentre con l’occhio stappava l’isola per portarla a se, le possenti mani afferrarono e si saldarono sulla terra e le rocce. Con gli occhi fissi sul’isola di Vulcano, il ciclope spirò l’ultimo alito di vita.
Dalle gambe striscianti nacque la piana di Milazzo, dalla sua schiena ne risultò il Capo di Milazzo. La testa formò la località Pietre Rosse, mentre le sue dita ancora oggi stringono i massi per l’ultimo salto che lo porterà alla sua dimora promessa, l’Isola di Vulcano.