domenica 30 dicembre 2018

Mollare la presa .

A volte un film aiuta a riflettere .
Sono di quella generazione dove i film di fantascienza erano inquietanti e paurosi, se avessi parlato di fantascienza, parlavi di horror o comunque film noir. Non si sa perchè, ma quando si guardava al futuro, la prospettiva era o un alieno nel torace, un’ecologia catastrofica o nel peggiore delle ipotesi scenari post atomici apocalittici.
La prospettiva con Valentina non era tanto invitante. Dopo una serie di tentativi per riallacciare i rapporti andati a vuoto, una sera, arrivato l’ennesima delusione per un rifiuto, di un No, ho mollato la presa.
E’ stata la sera in cui sapevo che al cinema c’era “Blade Runner 2042”, la invitai ad andare a vedere, ma sapevo dell’arrivo del sicuro “No”, ma mi serviva sapere “No” e mi serviva avere un motivo per uscire da casa per non crollarvi dentro. Avere una scusa per reagire in qualche modo. Parte la proposta, sofferta perché sapevo dell’imminente “No”. Arriva la risposta scontata e dentro mi sento morire per l’ennesima volta. Non so più quanti dinieghi ho collezionato in questo rapporto e non so più quanti pesci in faccia ho ricevuto. Scelgo di uscire da casa per andare al cinema a vedere il film. Esco ed è come se lasciassi la presa.  
Da quella sera ho mollato la presa e mi sono allontanato. 
E’ stato un po un dolce soffrire, sofferenza per una cosa finita, dolce perché in seno ha la promessa di una vita che va avanti.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

277 .

E passa di giorni di silenzio .
E’ da quasi 1 anno scarso che non pubblicavo e scrivevo sul blog, complice le numerose e poche cose accadutemi in questo periodo che mi hanno rosicato il poco di tempo a mia disposizione.
Sono diventato caposala, guadagno qualcosa in più, ma ho anche molte più responsabilità . Ho iniziato e finito il corso del primo livello per Sommelier e di tempo se n’è portato. Ho scoperto il vino ed i suoi fratelli, più piccoli, più grandi, coetanei, avi ed antenati, un meraviglioso dono dei miei 38 anni.
Poi ho conosciuto Lauretta e ci siamo lasciati 5 volte in 4 mesi, con una media di una interruzione di relazione ogni 20 giorni. Eravamo partiti benissimo, forse troppo e già nelle prime 48 ore ci siamo arenati e lasciati. Indimenticabile per Me la notte di capodanno trascorsa assieme, tra una bottiglia di spumante, le fiaccole, i calici e le candele per salutare il nuovo anno su al borgo nell’ex vivaio comunale. Poi però ci siamo lasciati e rimessi troppe volte ed alla fine siamo diventati due estranei dentro ad una storia.
Non ho conosciuto molte persone, ho perso amici e spero di farmene altri, vivo ancora a casa dei miei e spero di andarmene a stare da solo.
Vorrei costruirmi una relazione, con una donna, ma per ora sono attratto o dalle molto giovani o dalle molto mature, è come se cercassi l’essenza della femminilità o ai suoi primi albori, quando il sapore è intenso, non ancora corrotto oppure quando la donna sui 40 anni sboccia nuovamente con una femminilità nuova, più forte e più intensa. Voglio una donna e credo che il primo passo sia uscirmene da casa e farmi Io una mia casa.
E’ cambiata la gestione dove lavoro, ora ho molta meno tensione su di Me e respiro meglio, lavoro meglio e mi sento anche bene. Ovviamente le situazioni di conflitto ci sono, ma sono di più i momenti di confronto, chiedere scusa, capire dov’è stato lo sbaglio per poi ripartire con una bagaglio di esperienza maggiore.
Sabato ho visto Valentina alla guida della sua 313 nell’asse viario, il cuore da una parte gli è mancato un battito, dall’altro ha sparato una tachicardia di fuggi via dal pericolo e non guardarti indietro non indifferente. Tra le due sensazioni, quella più forte era quella di fuggirsene via, il più lontano possibile.
Mi manca il sesso, quel poco che c’è stato con Laura era come acqua salmastra bevuta per molta sete, piuttosto che acqua dissetante. Ogni acqua toglie la sete, ma ci sono alcuni tipi di acqua che proprio è meglio non berle.
Sto imparando a non investire, disinvestire, evitare, aggirare, rimandare, ignorare, guardare da un’altra parte, pensare ad altro. E’ un modo taccagno e parsimonioso di fare cambiamento nella vita, ma per ora tra tempo libero ridotto a lumicino, i 40 anni che si avvicinano, il peso dei pensieri in testa, le fregature prese, comincio ad affinare il fiuto come a Grenouille e se devo cambiare strada, la cambio, senza pensarci su molto.
Mi sono iscritto a ben due siti di incontri, ma stavolta ho avuto il culo impressionante che chatto da oltre 1 mese e a parte pizzicare una che sembrava gonfiata come un pallone di calcio dal napal, non ho conosciuto un bel niente. Sarà che sono fuori dall'universo femminile da un po di tempo e forse per avvicinarsi è meglio prima farsi un’amica.
Per il resto sono qui e qui continuo a vivere.

mercoledì 3 ottobre 2018

L'amore esiste.


Francesca Michielin - L'amore esiste .

Il sentimento per Vale nacque dove non lo avrei mai immaginavo, nacque in un posto dove proprio non mi aspettavo o lo avrei cercato. Era lì che covava in una terra dove non arrivava la luce della coscienza, addormentato come una noce di cocco trasportata dalle intemperie dei mari, è rimasto quiescente per giorni, mesi, anni; fino a quota 35 anni.
Una sera, un lunedì sera di un febbraio freddo ma riscaldato dalla sessione di allenamento in piscina, in una pizzeria di un Napoletano trapiantato in Sicilia, entro nel locale e sento i suoi occhi addosso. E' una sensazione che mi porterò dietro per sempre, appena la sento nelle vicinanze sfarfallano le farfalle alla pancia, gli occhi vagano alla ricerca di qualcosa, tutti i muscoli del corpo si tendono restando in uno stato di attesa, come quando da bambino aspettavo i compagnetti a casa per giocare; li aspettavo e sapevo che arrivavano. Avendo la percezione del prossimo arrivo e la sicurezza del loro arrivo la sensazione arrivava all'animo e mi faceva gioire. Ed arrivò anche questa sensazione, dritta al cuore, come finestra chiusa per molto tempo si spalanca ed entra una folata di vento, forse caldo di Africa. E' calore, è voce che si abbassa, è voglia di Lei ma di coglierla e non prenderla. E' voglia di giocare al gioco della seduzione in punta di piedi, mettendo avanti il sorriso di mio nonno e la mia sensibilità. E' voglia di sentirsi la camicia addosso come seconda pelle per farsi vedere da lei.
Inizia il gioco della seduzione delle parti, un primo passo è sedermi nei pressi, non accanto dato che il posto è occupato e poi diciamocelo, se volessi parlare ad una persona è meglio averla davanti che di lato, l'interlocutore si deve guardare negli occhi e scrutarne le reazioni. Forte di questo punto passo al contrattacco, sedendomi davanti in modo da essere visto e vedere. Inizia un dolce, intenso e caldo assedio.
E' un parlare come un temporale. Inizia con poche gocce, aumentando di intensità fino a ritrovarsi tra una battuta e l'altra a dividere la pizza e mangiarla in due, per poi finire ad offrirle il gelato celato dall'anonimato del gruppo, ma guardarla dal primo all'ultimo momento fino a quando le sue labbra si posano sul cono e godersi ogni momento di quel gelato gustato.
E' pianta nata da un seme arrivato sulla terra dopo una burrasca, tempesta di nome Rossana da cui uscivo a pezzi.
Il punto di svolta per uscirmene dalla mareggiata fu fare apnea, svilupparne il concetto sotto molti punti di vista e magari prendere come punto di partenza l'idea della favola dell'apneista e della scalatrice. Incontratisi al filo della falesia viva, si baciano per l'ultima volta, ognuno si porta nel cuore un pezzo del loro amore per poi prendere entrambi una strada diametralmente opposta. Lei si arrampica su per la falesia, lui inizia a scendere giù negli abissi. Ognuno dei due prenderà una strada differente ma porterà nel suo cuore una parte dell'altro per sempre, ovviamente nella favola.
La favola era un modo per iniziare a mettere un punto ad una burrasca in cui mi ero trovato coinvolto, investito e frantumato. Come nave di legno presa dai marosi, sballottata a più riprese e quasi affondata, semi distrutta, scassata, ma che ancora naviga. Naviga ma di cui la tempesta non ha un briciolo di pietà e la scaraventa sulla scogliera per continuare a farla a pezzi e distruggerla. Spaccarla, strapparla, sminuzzarla.
Basta, ad un certo punto da quel letto su cui mi arenai e dove la tempesta continuava ad infierire, nera, cupa, fatta di fuoco nero che brucia e distrugge tutto, ad un certo punto decisi che era il momento di iniziare a muovermi, per dignità personale, per rispetto a me stesso. Così arrivò quel martedì 3 dicembre dove iniziai il mio primo allenamento di apnea. Forse fu proprio allora che il seme dell'amore verso Valentina venne depositato finalmente sulla terraferma dopo la tempesta a cui ero andato contro. Forse quel giorno la vidi o comunque non prima ma di certo dopo. Ma di certo nei giorni a seguire degli allenamenti ebbi modo di vederla e ri – vederla, coltivando quella sensazione di gioia nascosta e felicità che avevo nel vederla.
Felicità mista/sporcata dalla sensazione di spaccato/distrutto portata dietro dopo il nubifragio passato. Avevo paura di uscire fuori e farmi vedere così a pezzi da lei, malconcio.
Cadde il sipario e nonostante che con la coda dell'occhio la cercavo e la trovassi sempre di meno, in cuor mio quelle forme, quei lineamenti, quella camminata a bordo piscina per indirizzarsi alla batteria di partenza uscita dalla scaletta mi si erano sedimentati.
Poi la primavera con Federica e quella serata in pizzeria che mi permise di aprire la porta e vivermi quella sensazione con Valentina.
Quella sensazione dopo quella sera cominciò ad approfondirsi, a sbocciare e prendere i connotati di un sentimento che cresceva dentro di Me, un sentimento pieno e forte, che a poco a poco scostava e spostava le emozioni da Federica verso Lei.
La mattina seguente gli eventi alla scalinata al Tono, seduto in bagno e scrivendole, mi resi conto che dentro sentivo qualcosa di forte verso Lei, un tonfo al cuore, come un battito che manca all'appello ma che ha preso il volo con le ali di una farfalla. Da lì l'emozione ha preso sempre più connotati e forme di amore per Lei.
Ma questo sentimento si deve vivere in due e la somma dei due sentimenti non ha mai fatto un Noi, ma un lo.
Capita..   

Il materiale audio e video appartengono ai rispettivi proprietari.

lunedì 24 settembre 2018

Spuma di ...

Emozioni .
Domenica 16 settembre del CA. Al locale arriverà e festeggerà il compleanno, la fidanzata del fratello di Valentina. Dentro di Me, appena il fratello è venuto a parlare per il tavolo, ho “sentito” da subito che Valentina arriverà.
E’ quell’emozione che conosco, fatta di battito del cuore mancato all’appello, di attesa per una persona importante che viene a trovarti a casa, di gioia, di felicità, di speranza. E’ bellissima, quasi di bollicine alla pancia, come se dentro portassi una bottiglia di buon moscato e sa che è messa a raffreddare per poi esser stappata.
Arriva la domenica del compleanno e lei entra in sala. Vestito attillato verde, aderente, le si possono contare gli elementi della tartarughina alla pancia. E’ stanca in volto, coperto di fondotinta, dove sbocciano le sue labbra di un rosso perfetto che ne esalta la dolcezza dei lineamenti della rima labiale.
Tolgo il rivestimento al tappo della mia bottiglia interiore di moscato. Comincio a pregustare le emozioni.
Sono a lavoro, c’è una sala da portare aventi e comande da prendere. Chiedo al collega Claudio una cortesia fraterna, di trattarla come se fosse “la mia ragazza”, avendone un occhio di riguardo. Claudio mi dice “Va bene! Non ti preoccupare!” e sento il cuore più leggero.
La gabbietta allo spumante interiore è tolta.
Per tutta la sera ci studiamo a distanza, con mezzi sguardi furtivi. Ad un certo punto passo volontariamente davanti a Lei per farmi notare, con il più bel sorriso che ho e con la coda dell’occhio la vedo intenta a guardarmi e farsi prendere dai suoi soliti tic nervosi quando la colpisco. Il collo fa uno scatto a destra, un colpetto della testa in su, le spalle lievemente tirate indietro, le labbra che si chiudono a bocciolo di rosa per una brevissima porzione di tempo, per poi rilassarsi e mostrare per una piccolissima fessura delle labbra gli incisivi, incastonati tra le morbide labbra. E’ segno che mi ha notato, ma questo non sempre è un segnale buono con Vale, a volte è preavviso di inizio irradiazioni pericolose.
La sera va avanti, Io non posso perdere molto tempo appresso a Lei e ne tanto meno ne ho. Vado avanti ed ogni tanto le butto un occhio. Le rivolgo un timido ( alla Max Gazzè ) saluto vocale ma non ho risposta. Un altro tic, uno scatto di lato, fa finta di non conoscermi. Un saluto vocale accompagnato con un gesto di mano sortisce maggiore effetto. Ho risposta.
Passo un paio di volte dal tavolo per chiedere al fratello se tutto è a posto, le risposte poco convinte da sorcio dubbioso sono la conferma dello stampo di famiglia.
La cerco con gli occhi tutta la sera e per un momento ho come l’impressione che mi stia aspettando, forse in bagno, forse un messaggio sul cellulare.
E’ tutta una sera che provo a stappare il mio tappo interiore alla bottiglia e non ci riesco.
Il momento in cui la vedo entrare in bagno credo che sia il momento giusto, stappo il mio spumante interiore. Escono le bollicine interiori, lo spumante inizia a sgorgare. E’ brio, è dolcezza, è voglia di vivere, è felicità. Il nettare di Dioniso sgorga e bagna.
Controllo il cellulare e non vedo cenno. Esce dal bagno e non è sola.
Guardo dove il mio spumante interiore bagna e vedo del grigio.
La sera passa, guardo il cellulare sperando in un messaggio, ma niente. L’occhio interiore guarda un altro po dove la bevanda interiore sia finita ed il posto assume i connotati di cemento grigio.
Arriva il momento della torta della festeggiata, chiedo a Claudio di sporzionarla  Io. E’ una torta setteveli, a base di cioccolato da lei adorato.
Ancora ripenso ai suoi regali, un libricino su pensieri dolci e cioccolato ed al suo primo pensiero fatto di una stecca di cioccolato al riso soffiato. Le faccio una fetta più grande degli altri, nascondendovi sotto una fogliolina di cioccolato, sarà felice nel trovarla alla fine della torta.
Il mio spumante interiore continua a zampillare, ma il mio occhio interiore focalizza che il grigio cemento è un muro.
La sera è finita. Vale si alza e se ne va via. Rimane nel gruppo per sgattaiolare via, risponde ad un mio accenno di saluto, senza guardarmi troppo.
Il mio occhio interiore, dopo una seduta dalla dottoressa, focalizza che il muro di cemento è sempre quello del nocciolo nucleare impazzito di Valentina e che il mio spumante interiore si è sboccato su esso. Un senso di fastidio mi prende, assieme ad una sensazione di pericolo.
Me ne vado via, senza aver mandato a distanza di una settimana un messaggio alla Vale per dirle che “il verde ti dona”.
Capita.

mercoledì 19 settembre 2018

Sensibilità .

Antenne.
Monte Trino, Milazzo. Nel punto più alto della città natia, si ergono le antenne dei ripetitori TV. Hanno la funzione di captare i segali, amplificarli e ri-trasmetterli ad utenti o altre stazioni. Strumenti sensibili dediti ad intercettare, captare, cogliere, individuare, scovare, informazioni, elementi, segnali.
Da bambino, in concomitanza di festività quali pasquetta, venticinque aprile, primo maggio, in famiglia eravamo soliti salire sulla collina della Trinità sul finire della giornata, in modo da ammirare il tramonto dal punto panoramico più alto di Milazzo con tanto di vista sulle isole Eolie.
Quando salivamo in vetta era un’avventura ed una sfida, per un bambino la salita era impegnativa e difficile dato il sovrappeso. Arrivato in vetta lo spettacolo della vista ti ripagava degli sforzi compiuti ed era una caccia a cercare una particolarità per chiudere la giornata in bellezza; fiori, asparagi, un bastone, una fotografia o anche dondolarsi e giocare sul parapetto della ringhiera. Si, perché l’angolo formatosi dalla convergenza dei due lati della ringhiera potevano dare l’idea di essere una prua di nave.
La prua era rivolta verso i due golfi che lambiscono la penisola ed avendo a disposizione un’abbondante fantasia, l’inferriata diventava la prua di una nave che solcava i mari.
Mettiamoci un’altra dose di immaginazione e le antenne dei ripetitori televisivi ricordavano le altissime torri di controllo di una nave da combattimento. Siccome  la fantasia non mancava, la nave immaginaria diventava magari una “nave spaziale” e siccome era il periodo di Capitan Harlock, diventava la punta tagliente dell’Arcadia. Non mancava nulla, bastava salire a cavalcioni della ringhiera e si faceva rotta verso innumerevoli dimensioni fantastiche.
Passano gli anni e sul posto torno, il posto è il medesimo, ma sono Io a cambiare. Le funzioni sono differenti, una tra queste è imboscarmi. All’allora ragazza il posto non rassicurava e con il fatto che stando lì in macchina gli scoppiava un gran mal di testa, inficiando la serata intima, lì non ci mettemmo più piede. Anche se per lei ogni occasione era buona per tirare i remi in barca e dire di No ad un momento intimo tra Noi, ma questa è un’altra storia.
Trascorre del tempo e le antenne le vedo come ecomostri. Complice uno scatto del profilo della collina antecedente alla costruzione delle strutture metalliche. Guardondolo mi rendo conto che il posto doveva essere un paradiso. Da superficiali ricerche vengo a sapere che sul posto delle antenne vi era un piccolo altarino da cui si benediceva il mare nel giorno della Santissima Trinità. Vi lascio immaginare la gioia nel sapere l’esito della demolizione della struttura votiva.
Passano gli anni e mi rendo conto che le antenne sono strumenti per captare i segnali. Più le antenne sono potenti e più segnali captano. Nel frattempo durante la terapia, faccio i conti con la mia sensibilità, questa sconosciuta e messa da parte.
Immaginiamo che la sensibilità di una persona sia paragonabile a delle antenne “montate” sopra. Più la persona è capace di intercettare, captare, cogliere, individuare, scovare, informazioni, elementi e segnali, maggiore  è la sua sensibilità e quindi più grandi le sue antenne della sensibilità “montate” .
All’inizio immaginavo le mie antenne della sensibilità paragonabili alle antennine di falena e fino ad un certo punto il parallelismo ci è potuto stare. Finchè gli elementi da individuare sono pochi, questa potente antenna capace di intercettare i segnali, ti da una marcia in più rispetto a gli altri. Capti di più ed hai un quadro più completo su cui poter ragionare. Poi però ti imbatti in alcuni momenti in cui queste antenne aumentano la portata, la potenza di captazione, si ingrandiscono, si innalzano, diventano più grandi e più ricettive, rilevando ogni minimo particolare, troppi elementi.
Nella normalità i segnali captati potrebbero essere 100, in virtù di una buona sensibilità allenata, come dote personale, figlia di una vista acuta, di un sesto senso interiore. In determinate situazioni di pericolo l’antenna si potenzia, si ingrandisce, innalza e aumenta la capacità di captare ed i segnali intercettati diventano 1’000, 10’000, 100’000!
Ogni elemento trasmesso o che si trova nell’etere queste potentissime antenne lo individuano, lo raccolgono, lo impacchettano e lo mandano alla centrale come elemento di comunicazione, come dato importante, come elemento di primaria importanza. Ora, chi è in cabina regia, quando la comunicazione viaggia sui 100 segnali, ci si può crogiolare di avere una buona ricettività, superiore agli altri che permette di avere più elementi su cui ragionare rispetto a gli altri. Ma quando a quello alla cabina di regia, vedi Io, durante una situazione di ansia, di pericolo, di difficoltà, di mettersi in gioco, arrivano 1’000 segnali, o addirittura 10’000, il lavoro di discernimento ed analisi dei dati diventa difficile ed arduo. Quando poi siamo nel bel mezzo di una bufera, le antenne sono scosse da raffiche di vento e pioggia di urla, violenza e problemi, la salsedine infuria dal mare, le fondamenta vengono scosse dal più profondo e la struttura oscilla e beccheggia, chi è alla cabina di regia si ritrova su un tagatà di ballo, una sensazione paragonabile a mal di mare, nausea, dolori, crampi all’addome, vomito e 100’000 dati di trasmissioni captate da smistare ed analizzare!
Lì vado in tilt e la sensibilità da che è un vantaggio, diventa un handicap. Per cui persone insensibili o poco sensibili fanno più strada e vanno avanti, mentre Io resto ubriaco, dolorante, confuso e smarrito nella cabina di regia a smistare informazioni su informazioni, magari il più delle volte inutili per quel momento.
Se ci riesco qualcosa la metto da parte, ma la stragrande maggioranza di notizie la cestino, la butto per sgomberare la scrivania, perché le troppe informazioni provenienti dalla sensibilità diventano un problema ed un ostacolo nel decidere sul da farsi, caricando di peso una struttura già di per se stesso fragile.
C’è da fare i conti con la propria sensibilità ed Io ne ho preso coscienza. Meglio tardi che mai.

Buon compleanno .

Al taccagno .
2 e passa di notte. Il sipario cala in una giornata piena lavorativamente parlando. Poco tempo per riposare, almeno la mattina un’uscita in bici e nel pomeriggio vado a ritirare la torta a Barcellona dal collaudato pasticcere.
E’ il compleanno paterno, ma non ho voglia di rimetterci più soldi del dovuto, già gli faccio la torta e l’idea di andare a ‘mpizzare i soldi del servizio non mi va. Faccio due conti e ok ti pago la torta e mi levo il peso di farti un regalo, ma l’idea di perdere ancora del tempo e del denaro con lui non è che mi alletti. Sopratutto dopo il fallimento finanziario, in base al quale si è fatto liquidare i soldi investiti in titoli tossici dalla banca. Capitale che diciamocelo, se l’è tirato taglieggiando e tirchieggiando su Me, mio fratello e mia madre. Basta, si suona una nuova melodia, ci perdo quanto dico Io, non un centesimo di più.
La deduzione è presto fatta, a lavoro non chiedo la sera libera, mi organizzo nel pomeriggio per andare a ritirare il pezzo e presentarmi in tempo a lavoro.
E’ fatta, lavoro tutta la serata e mi rompono il culo dietro al bar. Meglio, così non posso pensare a niente. Mia cognata manda delle foto di famiglia ( almeno lei cerca sempre di salvare il salvabile) e vedere il vecchio taccagno sorreggersi su i suoi taglieggiati mi fa una gran pena e schifo. Fatti aiutare da loro, ma a Me non cercare il becco di un quattrino bucato. Ti sei già preso viscere, ossa, emozioni, tempo, carne e tendini della mia vita su cui poter fare soldi e poi farteli fottere dalla banca .

giovedì 13 settembre 2018

Gli Italiani

Gli italiani quando sono in due si confidano i segreti, tre fanno considerazioni filosofiche, quattro giocano a scopa, cinque a poker, sei parlano di calcio, sette fondano un partito del quale aspirano tutti segretamente alla presidenza, otto formano un coro di montagna.

Cit. Paolo Villaggio, "Fantozzi, rag. Ugo la tragica e definitiva trilogia", ed. Rizzoli, luglio 2017, pag 35.

lunedì 10 settembre 2018

Ragno ed ignoranza.

Ignorante come un ragno marziano.

Cit. Paolo Villaggio, "Fantozzi, rag. Ugo la tragica e definitiva trilogia", ed. Rizzoli, luglio 2017, pag 21.

lunedì 23 luglio 2018

Furbizia

Berti, una vita trascorsa a celare la furbizia con l'intelligenza.

lunedì 16 luglio 2018

Lasciare

Lascialo prima che lui ti lasci.

Rai 5, le cattedrali della cultura

Esposizione a dosi..

“ Letali”.
“Molti di loro sono morti per l'esposizione a dosi letali di radiazioni. Uno dei piloti, costretto a sopportare condizioni fisiche estreme, perse il controllo del velivolo e urtò uno dei tralicci, schiantondosi al suolo.”

Tratto da L’Espresso

I pompieri di Chernobil, per spegnere l’incendio nel nocciolo della centrale nucleare ormai andata, si esposero ad una quantità di radiazioni che gli risultarono letali. Tutti morirono, chi prima o chi dopo, per i danni riportati dall’essersi esposti a dosi di radiazioni.
Valentina era come un nocciolo di centrale nucleare impazzito, sparava le sue “radiazioni” letali.
Le “radiazioni” erano i suoi problemi, versati addosso a chi aveva accanto. Andavano dall’assenza di coraggio per i sentimenti provati, alla mancanza di fiducia verso l’altro, passando per la mancanza di rispetto per la persona vicino a Lei. Comprendevano le reiterate fughe dalla storia ed assenze ingiustificate, senza scordarsi delle accuse verso l’altro, delle richieste continue ed ossessive, delle proposte inverosimili per andare avanti, insulti rivolti all’altro circa la persona, il corpo, l’altrui passato, presente e futuro; le scelte fatte, la famiglia, i genitori, il fratello fino a giungere alla nipote.
Insulti verso le persone che uno ebbe accanto, verso gli amici, verso le cose fatte, verso il lavoro altrui, le scelte.
C’erano pure le allucinazioni e tante altre cose a cui mi sono esposto per quasi due anni. Tutto poi finì.  
Al momento in cui scrivo la “mia” storia con lei è chiusa. Ribadisco la “mia storia” perché nel crederci alla fine c’ero Io.
Ho trascorso più di 967 giorni in quella Non-relazione, esponendomi a “radiazioni” che mi fecero a pezzi.
Mi ritrovai tra due sentimenti contrapposti “il restare perché l’amavo” ed il “fuggire per sopravvivere”.
Sono rimasto lì per quasi 1000 giorni della mia vita, giorni che nessuno mi porterà indietro, durante i quali ho sperato, combattuto, dimenticato, ascoltato, regalato, donato, capito, proposto, domandato, chiesto, ovviato, tolto occasione, come i pompieri di Chernobyl ho spalato quintali di merda psicopatica a più non posso, fino al cuore della notte, appellandomi ad ogni mia fibra di pazienza e resistenza, inventandomi storie per raccontare in modo omogeneo l’assurdità e follia altrui, ma alla fin fine è finito che lei se n’è andata via, lasciandomi una carcassa di carne putrida, dolorante e radioattiva.
Alla fine dei conti la responsabilità delle scelte fatte era e resta mia, sarei potuto andarmene via prima,  ma lo sto scrivendo ora seduto comodo sulla sedia, davanti al PC, nella veranda, dopo un lunghissimo percorso intrapreso, fatto di Km macinati a camminare, a piedi, in bici, albe, tramonti, notti, giorni, ore di sonno, incubi e sogni, fotografie, libri, terapia, ascolto, cadute e rialzate, marce in avanti finché la promessa di una fine non fosse diventata realtà.
Oggi Valentina mi manca, perché ancora dentro ho quella parte di Me che ha rimosso tutta la montagna di merda che mi ha riversato. Ma ho bisogno di vivere ed andare avanti, far finire questo dolore interiore e sperare nel meglio di Domani.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

domenica 8 luglio 2018

Immaginazione e realizzare

Dal pozzo profondo, incommensurabilmente ricco della sua immaginazione non aveva estratto una sola goccia di essenza odorosa in concreto, non era riuscito a realizzare neppure un atomo di tutto ciò che gli era aleggiato dinanzi in fatto di odori.

Cit. Patrick Süskind, "Il profumo", ed Tea editrice, gennaio 2010, pag 105.

martedì 3 luglio 2018

Elastico invischiato.

<< Ci facciamo del male in ogni modo possibile, e appena uno dei due accenna ad andarsene l'altro gli corre dietro come un vero masochista, non c'è verso che la cosa si risolva>>.

Andrea De Carlo, Due di Due, ed. 1989 pag.243

sabato 23 giugno 2018

Tempo e vita

Il profumo vive nel tempo, ha la sua giovinezza, la sua maturità e la sua vecchiaia.

Cit. Patrick Süskind, "Il profumo", ed Tea editrice, gennaio 2010, pag 67.

mercoledì 20 giugno 2018

Lettere d'amore

Inchiostro per lettere d'amore all'olio di rose.

Cit. Patrick Süskind, "Il profumo", ed Tea editrice, gennaio 2010, pag 51.

lunedì 28 maggio 2018

Spettri

Nella percezione dì sentirsi insicuro doveva aver combattuto, quotidianamente, con gli spettri che si nascondevano nel suo animo e che, spesso, gli avevano insidiato il cammino.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 107.

Bluff

Il suo bluff era sempre stato quello di elevare la sua fragilità a virtù, cammuffando le sue debolezze con l'arroganza e il decisionismo.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 107.

Nervi saltati

I nervi di don Ciccio si erano lasciati andare, mostrando tutta la sua fragilità di uomo incapace di affrontare la vita quotidiana a causa dei suoi specifici disturbi di depressione e ansia, come indicavano i sintomi di nevrosi, stanchezza, irritabilità ed instabilità emotiva.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 106.

lunedì 21 maggio 2018

Corna

Intere ore di pianto non potevano corrodere metri di corna.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 91.

Paese sonnolento

Concluse maledicendo il sonnolento ambiente della città che era il vero responsabile delle sue voglie e delle sue aspirazioni. In quel paese lento e restio ad accettare il futuro avrebbe potuto anche viverci, costretta dalle situazioni, ma non ci voleva senz'altro morire. Prima o dopo, sarebbe venuta via da quell'ammorbante tanfo di vino che le aveva segnato la vita.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 90.

sabato 19 maggio 2018

Sostegni

Cercò di mantenere la calma, ma le riusciva difficile senza la sua solita aria da donna di classe, perché tutti i sostegni di quella presunzione erano assenti dal suo volto e giacevano inutilizzati sul ripiano davanti allo specchio della sua toletta. Senza ciglia finte, mascara, rossetto, cipria, fondo tinta, matita del trucco, ombretti, abiti cortissimi e calze di seta era veramente difficile sostenere quella tesi.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 87.

mercoledì 9 maggio 2018

Rapporti

Ripensavo alla discussione di ieri con Letizia, di come un rapporto di convivenza tra due adulti possa sfociare in una relazione dove a parte dire "è il mio compagno", stare assieme, lavorare assieme e non essere pagati, sia un rapporto sterile. Raffronto con il rapporto dei miei, del Principale, dell'avvocato, relazioni che hanno generato figli, case, nipoti, lavoro. Penso alle relazioni di oggi, sterili, fini a se stesse, fatte per consumare l'altro e poi andarsene, penso a Valentina che chiedeva in continuazione, a Laura che a parte guardare la sua parte non andava oltre, a Federica ed il suo investimento economico/emotivo e qui mi fermo, perché fa male.

martedì 8 maggio 2018

Nocera

Il vino di Milazzo continuava a essere un prodotto ricercatissimo: era ottenuto dal Nocera, un vitigno che forniva un nettare robusto, a schiuma rossa come sangue di bue, un rosso-nero carico come l'inchiostro, il cui utilizzo maggiore era, appunto, nel 'taglio' dei vini deboli.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 10.

domenica 6 maggio 2018

Fede e sdegno

Aveva scelto dunque di accomunare il suo destino alla fede di tutti gli Italiani sdegnosi del passato e bramosi di rinnovamento.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 59.

Scacchiera

Nella scacchiera rappresentata da quello spaccato di società, vedeva solo un falso eroismo civile e militare, tutto a lettere minuscole. Riusciva a notare solo piccoli e insignificanti pedoni, il cui posto era da ultime file, una corruttibile regina, cavalli di cartone, torri immobili, alfieri di un'ideologia oscura ed un re da mettere facilmente sotto scacco.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 60.

venerdì 4 maggio 2018

Il vino

Il vino rappresentava il miracolo realizzato dalla dura fatica di chi, da esso traeva sostentamento, concedendo in cambio, ai propri simili il dono di sollevare l'umanità dalla fatica, elargendo momentanea allegria e spensieratezza.

Cit. Filippo Lo Schiavo, "La nave del Vino", ed Pungitopo editrice, 2013, pag 50.

giovedì 26 aprile 2018

Tempi

In tempi disperati, ci si accontenta.

Cit. Programma "Animali: orme nella storia "

venerdì 9 marzo 2018

Trasformazioni

Mi riempivo di commozione all'idea di come le cose si possono trasformare senza rovinarle.

Cit. Andrea De Carlo "Due di due", pag 200 ed.