martedì 29 settembre 2009

Elaborazione del lutto .


Con una cortina di ferro di ipocrisia .

Che bella cosa svegliarsi una mattina ( era il 18 Settembre 2009 ) tra le urla materne per casa. Ti domandi cosa è successo e ti dici tra te e te: andiamo a vedere.
Urla e rabbia, è stato occupato un cassetto della stanza del primogenito maschio! Si apre il solito menage casalingo fritto e rifritto con mio padre, mia madre ed io. Mia madre innocentemente aveva messo i cappelli appena lavati nel cassetto in questione ( 1 e non li ha mai messi lì ndr ) ed ha scoperto il cassetto pieno di cose di Ale. Urla e grida con il solito discorso partito con: Io ti voglio bene, sono attaccatissima a te, voglio solo il tuo bene, ma Tu ed Ale qui in casa non ci dovete stare più.
Silenzio.
A primo acchito avevo voglia di spaccargli la faccia a colpi di martello, poi mi son detto, dove l'ho già vista questa scena? Mi fermo ed ascolto. Arriva lo Stalin della situazione dicendomi che se avessi fatto come diceva lui a suo tempo non sarei in questa situazione. Prendo la palla al balzo e rispondo:
Ero rinchiuso in un gulag, con il cervello spappolato, facendo il saluto comunista al compagno Stalin.
Silenzio paterno ed urla materne. Io intanto bestemmio allegramente e vivacemente per casa.
Esco a farmi una passeggiata. Sete e fame mi accompagnano per la strada, dato che non ho avuto tempo di mangiare.
Trovo una fontana, bevo. Scendo in spiaggia, sono solo, mi metto a guardare il mare. I pensieri vanno alle persone care che in questo periodo mi hanno dato una mano piuttosto che buttarmi sistematicamente giù . Ci rifletto un po su e mi calmo.
Riprendo la via di casa e provo a parlare con la “Formica regina” di casa.
Stesso identico discorso di prima: Io ti voglio bene, sono attaccatissima a te, voglio solo il tuo bene, ma Tu ed Ale qui in casa non ci dovete stare più. Fate come le altre coppie, vedetevi fuori, in strada. Non voglio più soffrire.
Analizzo la situazione: 29 anni, ancora in casa dei miei, una laurea da finire, lavori precari per pagarmi delle cure non accettate, non ho una casa, non ho un'auto, Ale è dall'altra parte dei Peloritani. Dove minchia me ne devo andare? Cosa Stracazzo posso fare? Ho la bacchetta magia? Come cazzo di DIO posso campare? Come stracazzo di eva puttana posso provare a farmi una vita sentimentale? Come Cristo in croce posso farmi una stabilità affettiva se alla prima buona occasione che ho mia madre mi sega le gambe e mi butta a dosso la sua ipocrisia del cazzo?
Tiro il freno, cerco di mantenere la calma e rispondo. La situazione è chiara, sarei  pazzo se non tenessi conto della sua osservazione, ma non posso prendermela addosso al 100%. La lascio perdere, metto in disparte le sue pretese assurde e considero una cosa: Posso tenerla in conto, ma non la posso prendere in considerazione. In qualche maniera si farà ma io ho la mia vita da farmi, senza prendermi le ansie ed i problemi altrui.
Risposta, secca e diretta alla mia presa di posizione:
Fai le tue scelte e prenditi le tue responsabilità.
Risposta, mia altrettanto secca:
Se ci sono delle regole, allora varranno per tutti, se per caso per uno solo le regole non saranno rispettate, allora salta tutto.
In pratica mia madre si piange di sopra da anni il mancato lutto elaborato di una ex di mio fratello. E dato che questo lutto non se l'è potuto piangere perché sull'argomento è calata la cortina di ferro, senza poter parlare di quello che è successo, discutere o semplicemente dire che è dispiaciuto a tutti, praticamente sto lutto del cazzo gli è rimasto dentro.
Questo dispiacere era nell'aria da un bel pezzo, al solo nominare il nome della ragazza, scattavano facce lunghe, frasi mozzate, sguardi truci, mani che a gesti tagliavano l'argomento. In pratica l'ennesima situazione di merda, dove da qualche parte pure doveva esplodere.
E dove poteva sbucare questa situazione assurda, se non nel culo del sottoscritto? Quindi mia madre se ne è spuntata con la seguente bella sparata: Siccome non si vuole affezionare ad Ale perché non vuole più soffrire di un eventuale distacco, lei piede in casa non ce può mettere più. Dobbiamo andarcene in strada come fanno gli altri. Io vado in strada, non ho un tetto, un'auto, un lavoro stabile ed ho una laurea da finire dove ora comincio a vederne l'uscita.
E' finito il tempo della pace in casa, a qualcuno è un pezzo che non gli cade la faccia per terra ed io mi sono rotto i coglioni a starmene in silenzio.

Nessun commento: