sabato 10 giugno 2017

Vulcano .


L’esperienza delle 48 ore a Stromboli ha mosso qualcosa dentro, precisamente l’escursione nell’isola di Vulcano del 27 Dicembre 2016. Ho voglia di uscire, di girare, di guardare, di perdermi nella strada davanti, di progettare, di sperare, di vedere, di vivere, di conoscere e perché no stare con ME stesso e per Me stesso.
La settimana scorsa vedendo le ultime foto condivise da Valentina, un‘idea sopita nel dimenticatoio riemerge “Monte Saraceno a Vulcano”. Sono stato alle Eolie poche settimane fa e mi sono trovato bene, perché non bissare, magari con un’altra escursione? E perchè non provare stavolta la scalata in solitaria di una montagna, anche se parliamo di 400 Metri? “Ok”, dico tra Me e Me, si farà.
Non devo caricarmi di troppe cose, chiedo un piacere a mia madre, se potesse farmi un panino per Giovedì, l’assenso ed è stata un’iniezione di fiducia, anche se resto traballante. In dubbio nelle giornate seguenti, ma a poco a poco, con costanza e determinazione assemblo i pezzi che mi servono, dallo zaino da trekking all’attrezzatura per la giornata, finendo per gli orari di aliscafi.
E’ fatta, i pezzi ci sono e questa sarà la mia micro-vacanza.
Le 5.40 di mattina, suona la sveglia. La melodia mi strappa da un sogno profondo che finalmente torno a fare con maggiore costanza. Faccio colazione un po sincopato, ma procedo. Mi manca il bagno ma riesco a mettermi in strada per le 6.40 e non so come, volando, arrivo all’imbarco degli aliscafi. Faccio il biglietto e guadagno il posto per l’aliscafo delle 7.00. Sono in anticipo di 30 minuti sulla tabella di marcia.
Approdo all’isola e sono felice, inizio a scattar foto, ma mi ricordo che ho tanta strada da fare e già punto al mio obiettivo nascosto dal cratere. Procedo con costanza e mi si mostra in tutta la sua bellezza.
Incrocio i dati della guida, una mappa trovata per strada e fotografata, i dati del GPS e riesco a farmi strada per il giusto viottolo sterrato. Sono tornati che si susseguono ed un mare dal lato di ponente che mi ruba il cuore. Sento la risacca sugli scogli, un grosso faraglione davanti a Me ed una sensazione di pace e rilassatezza che mi pervadono.
Le incertezze precedenti vengono evacuate come ho evacuato a bordo strada prima. Mordo la strada davanti e procedo. Scelto il bivio giusto, cammino per una strada asfaltata nel bel mezzo del nulla, ma ripida come quella di Rocchenere per andare al cimitero. Non mi preoccupo e non demordo, continuo, anche prechè il sentiero è segnato in una o più carte.
Arrivato allo spiazzo davanti una casa, finisce la strada percorsa, sia essa asfaltata o altra tipologia. Con delusione ma non sconfitto trovo un sentiero di capre e punto alla vetta davanti.
Cerco di restare sulla cresta ma sdevio sul fianco EST della montagna, perdendomi su sentieri battuti da pecore. Guadagno nuovamente il crinale, decidendo di puntare si alla vetta, ma non perdendo il sentiero da dove vengo, cerco di non lasciare il crinale, vado spedito.
I metri si susseguono, la punta si avvicina. Sono quasi arrivato e mi volgo dietro, il sentiero si vede ed ora è pure chiaro, il mare e qualche capra mi fanno compagnia.
Arrivare in vetta è gioia. Ho raggiunto la mia quota, ho scalato la mia montagna, ho ritrovato la mia strada per l’obiettivo ed ora festeggio con un buon sorso d’acqua la riuscita.
L’occhio volge verso le case del Piano e cerco di capire dove si trova Capo Grillo, i sentimenti mi portano da Federica, chissà cosa farà? Avevamo in progetto di viverci Vulcano assieme e gustarcelo. Tristezza, delusione. Riemergo da questa palude guardando il mare e già penso ad una prossima escursione a grotta dell’Abbate, un grosso pino a mare suggerisce dove poter trascorrere le ore calde della giornata.
Scendo dalla quota senza prima aver scoperto l’acquedotto di Vulcano ( o credo ), seguendo una trazzera arrivo al vecchio inceneritore e poi a poco a poco alla strada di cemento, asfalto ed infine nei pressi delle case.
Mi ruba il cuore una casa in ristrutturazione, con il pergolato, il pozzo, un sedile in muratura fronte strada e le porte come quelle di casa della nonna. Vorrei averne una così, poterci stare nei momenti di bisogno.
Fatte le foto e lasciato un pezzo di cuore, cerco la strada per Punta Grillo. Pausa per bere al cimitero, dove trovo una Crisafulli Domenica, chissà se parente della Nonna?
Continuo la strada ed incrociando i dati prendo il via per Capo Grillo. Arriverò a Mezzogiorno passato, conscio che la prossima volta servirà uno scooter per muoversi a Vulcano, troppe le distanze tra i posti e troppa la strada da fare.
E’ un camminare tra isole di querce secolari, lecci e pascoli. La scarpata di Capo grillo è una mezza delusione, un bosco umano dalle essenze assurde, custodisce un bel panorama, ma non mi piace come bosco, sa di sintetico. Guadagno la più bella panchina e faccio campo – base sotto ad un albero per il pranzo. Mi concederò una pausa lunga fino alle 3.
Suonata la sveglia si apre la strada del rientro, a malincuore, ma rientro. Alla tredicesima richiesta di autostop mi danno uno strappo delle Belga al porto. E’ un salto alla bottega messa sott’occhio all’andata ed una granita al Faraglione. Un souvenir per mia nipote ed un imbarco all’aliscafo.
Ci voleva e ce ne vogliono di altre mini vacanze. La sensazione che mi sono portato appresso è come quando andai i primi di gennaio ai laghetti di Marinello, un gioia-triste, una libertà-solitudine, come se le cose avessero un velo di polvere che le rattristerebbe, ma non guastate.
Resta una perla di esperienza che aggiungerò nella mia vita.

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