martedì 19 settembre 2017

Caryan .

Fa le noci di Pecan .
18 Maggio 2017, Giovedì. Ho preso un giorno di riposo a lavoro, potrò fermare i pensieri, ma so che non verrà pagato. Lì o si lavora o non si viene pagati, non esistono ferie, pause o malattia, è lavoro da lager.
Mi sveglio di buona lena e faccio le cose mattutine bene, arrivando con largo anticipo al porto e prendendo il primo aliscafo disponibile. Sono in un buon anticipo sulla tabella di marcia per far rotta verso l’Isola di Vulcano.
Sbarcato sull’isola, mi immergo nella flora e geologia. E’ uno scattare foto e postarle su gruppi di identificazione botanica. La strada davanti si distende e mordo prima l’asfalto e dopo lo sterrato, direzione Monte Saraceno.
Guadagnata quota 490 metri, mi guardo attorno e scorgo quello che suppongo un acquedotto, infissi con reti metalliche, edificio in cemento e quel gorgogliare di acqua dentro vasche a Me noto. Sembra di essere a Monte Trino dove vi è allocato l’acquedotto del Capo.
Sentendomi quasi a casa come al Capo, con maggiore fiducia mi indirizzo verso il Piano di Vulcano. Scendo i primi tornanti di una strada smottata ma larga ed arrivo a quel che resta dell’inceneritore. Superato, torno a mordere strada di cemento, non so perché ho la sensazione di camminare in un luogo di scampagnate e mi sembra di sentire dentro le voci di bambini giocare il giorno di pasquetta. Supero le case dei pastori, umili e costituite da baracche, per sorpassarle e superare le ville.
Ad un incrocio scorgo davanti una villa. Da quando ho sentito il rumore dell’acqua su Monte Saraceno, sono alla ricerca di acqua, mi si è svegliata una forte sete e le riserve idriche sono numerate.
Provo ad addentrarmi nel giardino della villa, magari qualcuno si è dimenticato l’interruttore generale dell’acqua aperto e magari posso bere al rubinetto. Entro nel prato, con fare circospetto, ma tutto è sigillato e chiuso, dalle porte ai rubinetti. Volgo le spalle alla struttura sigillata ed inviolata e mi ritrovo davanti un albero maestoso, grande, alto, dalle belle fronde colorate di un verde smeraldo; emana serenità, tranquillità e calma.
Mi sento rilassato, accolto e coccolato dalle fronde arboree, scatto delle foto per farlo identificare. Scoprirò dopo esser l’albero di Carya sspp e produce le noci di Pecan, grazie al gruppo facebook “Le piante tropicali e subtropicali”.
Sono quasi stregato dall’albero, mi dimentico per pochi momenti la merda che mi porto appresso, dal lavoro alla giornata non pagata, passando per Valentina.
Neanche faccio in tempo a dimenticarla, che squilla il cellulare. Guardo il display e sono rapito dalla realtà: Valentina mi sta cercando, o meglio perseguitando. Rispondo con un filo di voce quasi tremante, non ce la faccio a sentire nuovamente insulti e gli stessi discorsi, sono stanco di una storia mai decollata. Valentina mi copre di insulti, dandomi del bugiardo, puttaniere ed insultando la mia famiglia, sai che novità. Quando mi chiede dove fossi, decido di non risponderle e di chiudere al più presto la chiamata, perché sono stanco di sentire questo disco rotto.
Guardo l’albero e trovo al pace e la forza per dirgli “lasciami stare, non riuscirai più a perseguitarmi”, stacco la chiamata ed un senso di spossatezza e delusione si impadronisce di Me. Ma me ne frego, punto a Capo Grillo, è la mia giornata di riposo e voglia godermela.
Da quel momento è iniziato un lungo calvario da cui ancora non ne sono uscito fuori del tutto.

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