Li sapeva arroganti e prepotenti quando si sentivano forti, valorosi in guerra e però crudeli nella vittoria almeno quanto subdoli, simulatori e lungamente rancorosi nella sconfitta; difficilmente assoggettabili, comunque, in quanto incapaci di accettare l'autorità di chi non appartenesse alla loro gente, che ciecamente ritenevano di gran lunga superiore rispetto a ogni altro popolo, convinzione questa dalla quale nulla poteva dissuaderli. Gli era sempre sembrato che, con i loro occhi vitrei, essi scrutassero torvamente gli occupanti romani, invidiandone l'efficienza delle armi e bramandone i beni, ma avendo cura di mostrarsi superbamente indifferenti rispetto gli agi dei quali amavano circondarsi e ostentando disprezzo per tutto quanto, nella loro barbarie, non riuscivano a comprendere dei suoi più civili costumi.
Guido Cervo, Il centurione di Augusto, pag 54.
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