giovedì 24 luglio 2008

Goodbye .



Ti regalo le mie scarpe, sono nuove,
prendi anche qualche libro, può servire,
saprò alzarmi in volo e vedere dove sei,
ti manderò a dire goodbye,
ti regalo la mia giacca, ti sta bene,
ti lascio una valigia, da riempire,
ti lascio anche il mio numero, perché non si sa mai,

Quanti sogni, viaggi, colori, antichi rancori,
e una fantasia, piena di amori,
e andare contro vento, non è difficile lo sai,
lo è, senza un saluto, casomai...

Saprò alzarmi in volo e vedere dove sei,
ti manderò a dire goodbye

Ti lascio, ti regalo, una giacca, una valigia, un numero, anche solo una parola prima di andare, per non lasciar solo contro al vento, durante al viaggio, all’ignoto, al vuoto.
Parole semplici, gesti spontanei, forti perché ricchi di contenuti, che senti e ne capisci l’importanza se ti è capitato di partire senza un saluto, un ciao, un addio, un arrivederci, uno sguardo. Parti senza niente di umano, di caldo, di vivo, senza un cane o una cagna che ti saluta.
In quei momenti capisci l’importanza del sorriso di tuo padre che ti dice “ciao” mentre il treno scorre sui binari, apprezzi il significato delle scene sdolcinate delle persone che corrono ai piedi del treno per non perdere lo sguardo di chi vogliono bene, capisci che partire da un posto, senza un saluto, è la cosa più schifosa e meschina che ti possa capitare, è come morire dentro.
Mi è capitato un paio di volte, la prima quando partì un mio amico, di notte. Partì senza dir nulla, come fanno i ladri, senza un ciao, un arrivederci, un “io vado”, niente di niente. Credevo fosse morto, non sapevo a chi chiedere aiuto, o semplicemente qualche nuova. Il nulla se lo era inghiottito.
La seconda occasione si è svolta alla mia partenza con un bus. Volti mai visti, luoghi sconosciuti, niente e nessuno a dirmi ciao. Solo una famigliola di venditori ambulanti di panini, nello spiazzale antistante la fermata dell’autobus, erano l’unica cosa che riusciva a darmi un po’ di calore umano prima della partenza.
Fortuna volle che quando i miei occhi si posarono sul mare dello stretto, la morsa che stringeva il cuore si allentò, perché dentro una voce mi sussurrava: Casa….

3 commenti:

festina_lente ha detto...

E' davvero brutto partire senza avere nessuno che è venuto a salutarti: ti fa sentire abbandonato, (ma ancora peggio è non avere nessuno che ti accompagna alla stazione quando hai una serie di bagagli pesantissimi e sei una ragazzetta smilza come me...).
Riguardo poi a quelli che spariscono così, da un giorno all'altro, beh, io proprio non lo sopporto. Non che a volte non sarebbe piaciuto anche a me partire senza salutare nessuno e non dover spiegare né il perché né il percome della tua decisione, però poi non l'ho mai fatto in quanto mi sono resa conto che, a meno che uno non lo faccia perché ha deciso di tagliare i ponti con qualcuno con cui ha litigato, diventa solo un modo di dispiacere ingiustamente persone che provano affetto per noi.

Bucaniere_Melee ha detto...

Maria, con piacere "amaro" ti dico che hai centrato i 2 punti del Post: l'essere abbandonato ed il dispiacere ingiusto. Comunque, ma con tutti i ragazzi che bazzicano il tuo blog, uno che potesse aiutarti con i bagagli non c'è? :-)

festina_lente ha detto...

Eh, in realtà la gente che bazzica il mio blog è dislocata a random sull'orbe terracqueo e in questi due anni passati a Torino di amicizie maschili non ne ho fatte molte, anche perché Lingue è una facoltà tipicamente femminile. Inoltre, anche quei pochi amici che ho sono tutti assai meno cavalieri dei ragazzi siculi...