mercoledì 24 marzo 2010

Gli anni .



Sulle note dell'omonima canzone di Max.

Stamane sono uscito per fare una corsetta, solita direzione: Tono. Giunto alla 'gonia, mi sono guardato attorno, come un estraneo, come un sopravvissuto ad una epidemia, ad un bombardamento, mi muovevo tra i resti di quella che una volta era una ridente piazzetta, angolo di incontro di noi giovani Milazzesi e del comprensorio, ed oggi è poco più che un cesso.
Mi sono guardato attorno, tra le macerie della pavimentazione incompiuta, delle mattonelle mai più rimesse, dei muretti sventrati e sbancati dove ci baciammo, ci inamorammo, ridemmo, dove Milazzo viveva, una sola frase mi veniva in mente:

non lo so che faccio quì .

Continuo a correre in direzione del campo da calcio “Grotta Polifemo”, incrocio delle auto, forse visi conosciuti, o forse perfetti estranei, non saprei che dire, lascio scorrere e mi domando:


e vedo i fari delle auto che mi
guardano e sembrano chiedermi chi cerchiamo noi

Continuo a correre, un botta di rabbia mi sale dalla gola, forse vecchia roba, forse nuova per lo sventramento di un pezzo di Milazzo che tanto mi appartiene come a molti di voi cybernauti, il fatto è che allungo le mani e faccio scorrere i palmi sulle spighe di avena selvatica ancora verdi a bordo strada.
Vado avanti e guardo il mare. La memoria vola al 23 Marzo di 2 anni fa, quando scattai delle belle foto sul muretto di mattoni rossi nella piazza del Tono. Era Pasqua e chi mi era accanto era felicissima di quegli scatti, io solo ora a mente raffreddata e distanziata ne capisco la felicità. Oggi purtroppo non ho neanche più il muretto di mattoni dove ci baciammo per poter ricordare o piangere grazie allo sbancamento del Tono. Mi tornano in mente dei verso della canzone:

vedo le fedi alle dita di due


Penso che dopo quel giorno, se non vi fossero state una serie di cose, minchiate da entrambe le parti, forse davvero avevo le fedi alle dita e non mi trovavo a dirmi, da solo e correndo:

che porco giuda potrei essere io qualche anno fa

Guardo lo spiazzale della foresta dell'ancora, e penso a quando vi si piazzavano le giostre per la festa della madonna del Tono. Alla gioia di noi ragazzini di andarvi tutti quanti assieme. Ai primi amori, alle prime litigate, alle immense compagnie per muoversi e raggiungere ogni luogo con il motorino sempre in due. E qui tornano altre strofe della canzone:

gli anni delle immense compagnie
gli anni in motorino sempre in due

Penso un attimo all'ultimo film visto al Cinema, “Alice in wonderland”. Bello si, ma il classico polpettone americano dove ci trovi un po di tutto. Trovi del fantasy prestato dal “Signore degli anelli – Le due Torri” con le scene delle carte che marciano con le sarisse in asta come gli Urukay al momento della partenza dalla torre di Saruman. O magari il combattimento con il drago di Alice così come Gandalf a spada tratta se la vede contro il Nazgul. Ci ho trovato un pizzico di Harry Potter con quelle svolazzate a mozzafiato tra i contrafforti del castello. Praticamente un collage di film già visti, ed anche qui un verso della canzone si fa strada:

gli anni di che belli erano i film

Finisce il flash, mi guardo attorno e mi trovo a correre da solo per la strada. Un altro paio di versi si fanno strada nella mia mente, mentre il ricordo va alle corse in compagnia, in due, sulla battigia spingendosi verso l'acqua, sulla spiaggia per far fiato, sulle scale assieme ad un amico con due tipe che ci stuzzicavano ogni volta che raggiungevamo la sommità di una scalinata di oltre 150 gradini con il fiatone, in campo con la squadra di Rugby, sull'erba con i compagni di squadra, a Ponente con la squadra di basket fino al depuratore, sullo spiazzale del Liceo, mi guardo attorno e mi domando:

gli anni del tranquillo siam qui noi
siamo qui noi
siamo qui noi

Un mix di rabbia, sconforto, delusione, tristezza ed ancora rabbia mi assale. I passi diventano sempre più rapidi, la musica nelle cuffie pompa Bit come anestetico per non sentire il dolore della corsa.
Corro, corro, corro prendendo a colpi le spighe di avena selvatica, sbuffando e sputando a terra come un cavallo a cui hanno messo un carico troppo gravoso. Sento il cuore sbattermi addosso, lo sento premere sulla parete toracica e mi dico tra me e me:

il tempo passa per tutti lo sai
nessuno indietro lo riporterà neppure noi

Cala il sipario sulla corsa, la falcata diventa passo e comincio a camminare e respirare lentamente, mentre i ricordi tornano a dormire nelle acque del fiume Lete.

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