giovedì 4 marzo 2010

Villa Dante .

A Messina.

Leggevo Macno di Andrea De Carlo, quando una tra le tante frasi/periodi mi ha particolarmente colpito, la riporto:

“Andavo a correre nel parco per ore di seguito, per dimenticare il cibo e i milioni di parole a vuoto e lo schifo di vivere in questa città” .

Mi ha riportato indietro di oltre un lustro, a Messina. Quando per scaricare la tensione accumulata al policlinico, tra banchi, con colleghi, conoscenti, professori, chi mi era accanto, sui libri, per le strade di una città (che reputavo e reputo alla stregua di un cesso pubblico), la sera me ne andavo per le 19 a correre a Villa Dante. Memore di una Milazzo dove trovavi e trovi per quell'ora persone in giro, mi misi a correre.
Corri e corri, la tensione non si smaltiva. Continuavo a correre fino a quando mi accorsi che per la Villa non c'era più nessuno. Il parco è in pieno centro, ma scesa la notte ha un aspetto lugubre. Decisi di continuare a correre a più non posso, dato che ero in evidente aumento di peso e qualcosa pur dovevo fare.
Stremato dalla corsa, me ne andai a fare il salto con la corda. Scelsi una pavimentazione di mattonelle realizzata sotto un grande albero (simile a quelli della marina Garibaldi), nei pressi di un piccolo stabile dove di giorno i pensionati giocano a carte.
Iniziai a saltare. 10, 20, 30, 50, 100, 200 salti, sentivo il cuore impazzire. Volevo fare una serie perfetta di 50 salti ma non ci riuscivo. Arrivato a quota 48 inciampavo sul filo, sbagliavo e ricominciavo daccapo.
Più andavo avanti e più iniziavo ad inciampare sempre prima: a 40, a 30, a 20 salti. Quando arrivai ad inciampare a 20, raccolsi tutte le mie strenue forze e ricominciai. Detti un ultimo strenuo “colpo di reni” e riprovai nuovamente.
Arrivato a quota 15, un dolore lacerante e tagliente mi trapassò da parte a parte il petto. Mi mancò il fiato e mi accascia per terra. Al freddo e al gelo, in un parco abbandonata in un cesso di città, senza nessuno intorno, nessuno a casa che mi aspettasse (ero solo), senza un parente prossimo a cui dire: Aiuto! Raccolsi le mie forze, il fiato cortissimo come se avessi potuto morire da un momento all'altro tirandolo troppo, raccolsi le cose e tornai a casa.
Mi lavai e me ne andai a letto, non facendo menzione a nessuno di quello che mi era successo: Quella sera nessuno mi avrebbe cercato o telefonato. Tanto vale non disturbare nessuno, a chi avrebbe potuto interessare?
Il mese successivo andai a visita cardiologica all'ospedale di Milazzo tramite l'AVIS di Milazzo.
Il dottore mi rassicurò circa i fatti, ma dentro di me morii.

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