venerdì 20 dicembre 2013

Pota .

E polenta .
Domenica a pranzo, fuori 18 °C ma ti sei fissata che dobbiamo cucinare la Polenta per il brasatino preparato. Dici di averlo fatto per me, lo ribadisci, ma io su quest'ultimo passaggio ho dubbi.
Tiri fuori il paiolo elettrico per la polenta e la mia radice toscana, mai recisa anche se ipotrofica rispetto a quella sicula, alza un'obiezione. Dato che non sono abituato a soffocarmi le osservazioni, cerco di capirmi. Il ricordo del nonno Nando e della nonna Gina che preparavano la polenta si fa avanti. Il paiolo era si di rame, ma ci si alternava a girarla, era un fare le cose assieme e quindi esser famiglia. Il concetto è troppo vecchio, mi dico tra me e me. Cerchiamone uno recente.
Ricordo il Babbo in Sicilia, per una festa natalizia che armeggia con un pentolone, bastone per polenta preparatosi in Trinacria e chino a girare. I maschi della casa, Claudio ed Io, ci alterniamo per girare la ramata. Una cosa fatta assieme, sempre famiglia, sempre casa. Le dosi di acqua e polenta insegnatomi, mi portano a ricordar che  all'inizio deve esser lenta, perchè cuocerà 40 minuti e verrà girata continuamente.
Mi dico tra me e me: forza piccolo Berti! Raggomitolati le maniche e tira fuori la tua cultura Toscana.
Ti dico: Giò guarda che la Polenta la dobbiamo girare per 40 minuti, dov'è il mestolo? Mi guardi con occhi di una SS verso un Ebreo:
- Non ce n'è bisogno, abbiamo il paiolo elettrico.
- Qualcosa mi dice che non faremo questa cosa assieme.
Armeggi con il trabiccolo elettrico, lo monti, mi racconti la storia di come hai avuto la pentola elettrica tutta fiera e cominci a dosare, farina bramata ( la stessa marca della nonna riconoscibile dalla corona sulla testa del re ) ed acqua. Con una domanda travestita di innocenza ti chiedo se quell'acqua basterà per la cottura di 40 minuti. Come un Professore universitario in camice bianco rispondi allo studente nella corsia che ti ha fatto notare una tua minchiata:
- Ma perchè? Sapresti fare la Polenta Te?
- Guarda che i miei nonni paterni erano Toscani e lì son cresciuto a Polenta. Oltre che a casa mia per Natale potevi benissimo trovarti Polenta come primo e Spada come secondo.
La faccia che fai non suggerisce di proseguire con la discussione, l'acqua è quella e resterà quella. La chiudo lì. Avrei preferito avessimo cucinato qualcosa assieme, anche di bruciato, scotto, scondito, crudo, ma fatto assieme di domenica, magari giocando tra i fornelli, un bacio, una carezza e perché no far l'amore ed infischiandosene se il mangiare brucia sui fornelli.
Niente. Ti sei intestardita che c'è il brasatino e la polenta. Contenta Te, contenti tutti.
A metà cottura l'acqua della polenta è bella e asciutta, profumo di popcorn si sprigiona dal paiolo. La cottura procede e l'odore di popcorn diventa altro. La massa gialla si attacca ai bordi, dato che il braccio elettrico non gira omogeneamente il composto. Sul margine il composto da marrone diventa nera, un puzzo di bruciato inonda la cucina. Guardo in alto e tra me e me penso "Diamine, ora i vestiti mi puzzeranno anche di popcorn bruciato".
Apro il finestrone e la cosa non ti aggrada. Mi domando "Sono ospite o prigioniero?".
Arriva il momento di fine cottura, guardo con apprensione i fronzoli di nero che cadono nell'impasto duro come il pane di 3 giorni e mi rendo conto quanto sia lontana la polenta che mi preparava la nonna.
Apri l'acqua del lavandino, appoggi il piatto al bordo del lavello, cerchi di girar il paiolo, ma le tue braccia non ce la fanno. Ti vedo armeggiare un paio di volte fino a che non capisco che non scenderai a chiedermi di aiutarti e che la polenta rischierà di cadere in acqua:
- Ti aiuto.
- Ma lo sai fare?
- Spiegami come.
Una spiegazione infastidita e frettolosa a chi non vuol svelati i “segreti” dello chef, mi giunge, mentre tento di tener un sorriso tirato. Ho poco spazio per muovermi, il piatto in bilico sull'acqua corrente e Tu incazzata come una biscia alle spalle. Giro il pentolone ed et voilà in un colpo il composto è capovolto nel piatto. Lascio il campo a Te, ma come si dice dalle mie parti “cugghiunii”. Non capisco se per farmela apposta o perchè hai da digerire l'affronto di un Marucchin che sa armeggiare con la polenta. Mi sposto e ti lascio libero il campo, ma non avanzi. Il piatto è in bilico sul lavello e stà per cadere nell'acqua corrente.
Il falsh di pochi attimi, l'equilibrio instabile con baricentro spostato verso il fondo del lavello inizia a far smuovere il mattone a cupola gialla. La corsa è lentissima, i centesimi di secondi si allungano e nonostante stai “armeggiando” ai fornelli, non fai una beneamata minchia.
In modo garbato ti scosto e con le mani nude afferro la cupola gialla. Capisco come si sente una salsiccia nella polenta, cotta. Il dolore si fa forte sulle dita, non resisto. Sposto con un gesto secco le cose dal lavello spingendo al sicuro il pranzo. La polenta è salva, ma io mi ritrovo imprecante con le dite dolenti sotto l'acqua corrente.  E' ovvio che non ti viene spontaneo di darmi della crema per ustioni se non te la chiedo dopo Io: Come dire, hai fatto più del tuo dovere e non rompere i coglioni.
La polenta era dura e secca, si sgretolava sotto la pressione della forchetta ed il sugo del brasato non era abbastanza lento per dar liquido in cui intingere.
Fatti un po te i conti se sai farla e quanto vali.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

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