Come il Santo mi ritrovai, legato all'albero del martirio. |
Ti avevo condotta
tra le fronde fiducioso, per amarci, ma mi ritrovai legato al tronco
con corde. Cappi figli del filo della fiducia donatoti, che invece di
esser tessuto per la nostra coperta, a poco a poco fu intrecciato in
funi con cui mi legasti.
Sorridendo
ipocritamente prendesti ciò di cui avevi bisogno, Io ingenuamente,
senza scorgere l’interiore vuoto famelico che ti spinse, ti diedi
ciò che avevo, senza domandarmi il perché o il come, lo diedi e
basta, ne ero felice.
Trovatomi però
serrato al tronco, impossibilitato a muovermi, cominciarono a
giungermi dardi addosso. Uno dopo l'altro, si conficcarono nelle
carni, ciascuno lacerante dolore interiore: la poesia dedicatami ad
uso e consumo del primo che la leggesse, la pinta di bolle ed altro
di cui non giunse novella per placarne dubbi logoranti, il tuo
passato sempre più nero e mortale ad ogni racconto/giro del cappio
intorno al collo.
Mi sentii morire
quando con sguardo cinico mi consegnarsi all'aeroporto e con volto di
chi si toglie un peso mi stampasti freddamente l'ultimo bacio sulle
labbra. A labbra serate, asciutto, dovuto come un timbro per
l'annullo postale su un francobollo.
Smarrimento ed
incredulità mi presero, come un malato che alla finestra
dell'ospedale attende invano la visita di un caro, cercavo la tua
macchina e la tua sagoma nel sottostante parcheggio alla vetrata
dell'aeroporto per scorgervi un tuo cenno. Nulla.
Piansi tutta la
notte prima della partenza e nei giorni a seguire. Ti voltasti e mi
lasciasti solo a contorcermi dal dolore di quei dardi nelle mie
carni.
Ora come il Santo
pendo al tronco, lacerato e sventrato. Ad ogni movimento la
sofferenza mi assale, ma come zombie insensibile, a poco a poco,
liberata la prima mano dal dardo che la trafiggeva, ho staccato la
prima punta infissa in me. Un urlo disumano grattò via le corde
vocali, una furia becera si è impossessato. Ho cominciato a
staccarmi i dardi da dosso ed una paura/anestesia mi prese .
L'immagine
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