mercoledì 8 ottobre 2014

Frequentarsi .


Giù la maschera .
Il pomeriggio è scivolato nella sera, ci siamo uniti che era primissimo pomeriggio e fuori è tramonto inoltrato, si potrebbe parlare di cena. Non c'è nulla in casa, dovremmo andare a mangiar fuori. Come gatta distesa su me, quasi dormi, quasi sento il respiro sulla pelle, la testa appoggiata sul petto. Respiriamo ad unisono mentre in un dormiveglia parliamo di noi, del nostro passato e del nostro presente.
Una mano scorre sui fianchi scolpiti, fino a poco tempo prima tesi come corda di violino assieme ad ogni fibra di muscolo per catturare ogni attimo di piacere. Con una carezza languida accarezzo i glutei giocando e scherzando. E' il momento perfetto, le mie labbra si aprono per proferir parola “Giò. Ci mettiamo assieme?” Silenzio. Ancora silenzio. Maledetto interminabile silenzio, mi perseguita. La mano scivola e preme dove prima è stato mio. Silenzio, ancora silenzio.
Una voce tenue mista ad imbarazzo, come se fosse stata richiamata dall'aldilà, parla, dicendo che “da queste parti” è solito prima frequentarsi e poi mettersi assieme.
Resto sbigottito nel sentir la stessa persona che fino ad una ventina di giorni prima in villa mimava con le labbra la parola “Io ti amo” ora tirar fuori garbugli legali di cuore a cui appellarsi. Resto sbigottito.
La cena è una pizza in città alta da Luigino o non ricordo più chi. Le luci della candela sembrano riportarci alla nostra notte, riprendo l'argomento dello star assieme, ma devi il discorso. La cosa mi lascia nuovamente sbigottito, dato che il giorno prima mi hai chiuso in un angolo per avere una risposta sul futuro: casa, famiglia, figli, lavoro, trasferirsi. Io ho ceduto, ti ho accettata, ma tu sembri aver raggiunto l'obiettivo di esserti vendicata di non so cosa.
Passano i giorni, si fanno settimane e le settimane diventano mesi, il nuovo anno prende il posto del vecchio e la vita scorre.
Mi imbatto in un Tweet di una “gallinaccia” che lamenta l'eccessivo interesse ed invasività di uno con cui si frequenta. Lamenta il suo richiedere attenzioni, interessi, fine settimana, appuntamenti, tempo, tutte cose che si dedicano ad un fidanzato. Noto un velo di soffocamento nelle parole, come se si avessero altri interessi e non si vorrebbero perderli. Scatta la mia domanda: Frequentarsi vuol dire più libertà anche per altri? Un'aggiunta tra i preferiti è la risposta, un silenzioso assenso ipocrita.
Dei pezzi sparsi sul tavolo si ricompongono, un nesso logico li lega ed un senso compiuto emerge: Davvero era una frequentazione, a 1000 ma era per te una frequentazione, in modo da avere libertà anche per altri.
L' ”altro” ho scoperto molto dopo esser il buon Massimo, così buono e disponibile da ospitarmi a casa sua in Toscana, assieme al resto della ciurma pur di vederci congiunti.
Riecheggiano le parole di Lei in una telefonata “Lo vedi com'è buono?”, come riecheggiano le cene finite alle 3 di mattina a casa sua e la processione funebre del Sergio dove il ruolo della prefica o “chiangimotto” la usavi come paravento dietro cui celarvi i forti sentimenti per Massimo, ma questa è un'altra storia.

L'immagine appartiene al rispettivo proprietario.

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