sabato 8 novembre 2014

Resistenza .


Del Sub-conscio
I preparativi fremono da settimane. Pacchi, costi vettori, sessioni on – line lunghissime per capire come funzioni la Ryanair, panico, spese su spese, conti che non tornano ed un dubbio atroce in sottofondo.
Un tarlo che rode dentro, di notte, quando meno te l'aspetti, quando l'inconscio viene a galla ed urla, quando la piazza è libera e le urla possono essere gettate, tanto nessuno le ascolta. “Ma non è meglio che non parta?”, il mio Marte interiore ha già gridato la sentenza “Non partire!”, seguito da un ululato di dolore quando all'ultima telefonata sento un non proprio disinteressato <> Il Marte interiore impugna la sarissa e grida “Morteeeeeee! Stai andando verso la morte! Testa di cazzo!”. Un dubbio ingenuo risponde al quesito postosi <>, una furba risposta evasiva di cambiar argomento è la conferma indiretta.
I pezzi sono molti, troppi, non riesco a ri-assemblarli tutti. E' un'impresa, preferisco chiudere gli occhi ed affidarmi al sentimento, ma il sentimento è un lumicino di stoppa dove l'olio sta finendo in una notte sempre più buia e via – via piena di bestie fameliche.
Programmo il più ragionevolmente possibile i passi da fare. Mi do delle scadenze programmate, in base alle quali mi prefiggo dei risultati da raggiungere e predisporre delle copie di backup di dati, appunti, biglietti, non si sa mai con gli imprevisti.
Il primo segnale di restar dove sono arriva, o genericamente resistenza dal subconscio. Una sera di ritorno a Milazzo, mi fermo a far benzina e dimentico il portafogli sopra il tettuccio dell'auto. Un gesto di testa tra le nuvole, si, ma perché? Ieri non sapevo, troppo confuso e preso dalla partenza a gli sgoccioli. Oggi posso dire perché, il Marte interiore urlava scagliato nel Tartaro di “non partire. Senza soldi, documenti e quant'altro, vediamo come farai a metterti in strada?” Riesco ad organizzarmi lo stesso. Il sistema a tappe graduali e con copie di sicurezza procede, senza freni. Come una vite proseguo il percorso e vado avanti, troppo, mi stritolo con le stesse mani.
La torta era stata ordinata e pagata con largo anticipo, prima della perdita del portafogli. Il biglietto era stato comprato con largo anticipo e restava solo il chek-in on-line. Il sistema di riserva permette di andare avanti, impegnerò il passaporto per l'identificazione, dato che la carta di identità se ne è andata a farsi strabenedire con il portafogli.
Nuovo panico, o meglio resistenza del subconscio, non trovo la carta d'imbarco stampata, neanche i file pdf. Me ne accorgo alle 9 di mattina del giorno prima di partire, ci metterò una mattinata intera per rintracciare una scansione in pdf salvata sul cellulare a scanso di equivoci come ultima spiaggia. Il Marte interiore scagliato nel Tartaro cerca di dare un altro colpo, ma il mio meccanismo di proseguimento senza sosta non si placa. Costi quel che costi si deve andare avanti, “marciare per non marcire! Verso l'obiettivo”. Stampo il file salvato sul cellulare verso le 2 di pomeriggio e tiro un sospiro di sollievo. Posso fare in chek-in on-line.
Ti telefono, non mi sembri tanto contenta della notizia che abbia perso il portafogli, sarà per cosa mi domando “soldi o altro?”. Cerco di sdrammatizzare, ma mi ritrovo da solo a combattere con una parte di me stesso che “non capisco” come mai non mi voglia far partire, senza un minimo di empatia da chi è dall'altra parte della cornetta. Un attonito “Mha..” riecheggia nel vuoto del Tartaro, mentre il mio Marte lancia urli di guerra e di allarme.
Superate le varie problematiche presentatesi lungo il percorso, riesco ad arrivare a destinazione. Lì si apre l'ultimo atto, già raccontato in altra occasione.
Tornato dalla città delle 2 città, gli eventi prendono il loro verso ed una profonda coltre di nebbia grigia scende. Sofferenza, depressione e chi più ne ha e più ne metta diventano pane quotidiano, aggravato dalla perdita del posto di lavoro.
La sera del 2 marzo, rovisto nelle cartelle alla ricerca di indizi o pezzi del puzzle che mi permettano di ricomporre la situazione, dargli un senso. Sono giorni che scrivo, scatto foto, vedo film, taglio video, faccio riprese, ascolto musica, radio, bevo tisane, mi do delle ferree regole di sonno, modulo il caffè e cerco di tirar dritto, prendendomi cura di me principalmente. Quella sera in una cartella di non mi ricordo quale supporto di memoria, trovo la carta d'imbarco. Un senso di pace e tranquillità mi pervade, come se avessi stretto la mano in segno di pace senza obblighi esterni, voglio festeggiare. E' come se avessi fatto pace con me stesso.
Forse tutte queste mattonelle saltate sul mio percorso era la resistenza del mio subconscio/marte interiore che mi tratteneva, mi fermava dal compiere il passo. Forse avrei potuto restar a casa, forse avrei potuto non partire, ma non è da me e questo mi avrebbe creato problemi ancor più pesanti di quelli in cui mi sono andato a ficcare.
Il punto è che più le complicazioni si ampliano tra raziocinio e subconscio, più le reazioni di quest'ultimo sono pesanti e forti. Il primo può instaurare tutto il meccanismo logico – deduttivo che vuole per affrontare al meglio gli eventi, ma se non fa pace con l'inquilino del piano di sotto la vedo proprio dura.
Da quella sera capii che dovevo prendere in mano nuovamente il badile ed il piccone e tirar fuori il mio ragazzo dalla valanga di cemento/ragionamento sotto cui ero andato nuovamente a seppellirlo.
Capita, vedrò di non farlo capitare più.

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