Del Sub-conscio |
I
preparativi fremono da settimane. Pacchi, costi vettori, sessioni on
– line lunghissime per capire come funzioni la Ryanair, panico,
spese su spese, conti che non tornano ed un dubbio atroce in
sottofondo.
Un
tarlo che rode dentro, di notte, quando meno te l'aspetti, quando
l'inconscio viene a galla ed urla, quando la piazza è libera e le
urla possono essere gettate, tanto nessuno le ascolta. “Ma non è
meglio che non parta?”, il mio Marte interiore ha già gridato la
sentenza “Non partire!”, seguito da un ululato di dolore quando
all'ultima telefonata sento un non proprio disinteressato <> Il Marte
interiore impugna la sarissa e grida “Morteeeeeee! Stai andando
verso la morte! Testa di cazzo!”. Un dubbio ingenuo risponde al
quesito postosi <>,
una furba risposta evasiva di cambiar argomento è la conferma
indiretta.
I
pezzi sono molti, troppi, non riesco a ri-assemblarli tutti. E'
un'impresa, preferisco chiudere gli occhi ed affidarmi al sentimento,
ma il sentimento è un lumicino di stoppa dove l'olio sta finendo in
una notte sempre più buia e via – via piena di bestie fameliche.
Programmo
il più ragionevolmente possibile i passi da fare. Mi do delle
scadenze programmate, in base alle quali mi prefiggo dei risultati da
raggiungere e predisporre delle copie di backup di dati, appunti,
biglietti, non si sa mai con gli imprevisti.
Il
primo segnale di restar dove sono arriva, o genericamente resistenza
dal subconscio. Una sera di ritorno a Milazzo, mi fermo a far benzina
e dimentico il portafogli sopra il tettuccio dell'auto. Un gesto di
testa tra le nuvole, si, ma perché? Ieri non sapevo, troppo confuso
e preso dalla partenza a gli sgoccioli. Oggi posso dire perché, il
Marte interiore urlava scagliato nel Tartaro di “non partire. Senza
soldi, documenti e quant'altro, vediamo come farai a metterti in
strada?” Riesco ad organizzarmi lo stesso. Il sistema a tappe
graduali e con copie di sicurezza procede, senza freni. Come una vite
proseguo il percorso e vado avanti, troppo, mi stritolo con le stesse
mani.
La
torta era stata ordinata e pagata con largo anticipo, prima della
perdita del portafogli. Il biglietto era stato comprato con largo
anticipo e restava solo il chek-in on-line. Il sistema di riserva
permette di andare avanti, impegnerò il passaporto per
l'identificazione, dato che la carta di identità se ne è andata a
farsi strabenedire con il portafogli.
Nuovo
panico, o meglio resistenza del subconscio, non trovo la carta
d'imbarco stampata, neanche i file pdf. Me ne accorgo alle 9 di
mattina del giorno prima di partire, ci metterò una mattinata intera
per rintracciare una scansione in pdf salvata sul cellulare a scanso
di equivoci come ultima spiaggia. Il Marte interiore scagliato nel
Tartaro cerca di dare un altro colpo, ma il mio meccanismo di
proseguimento senza sosta non si placa. Costi quel che costi si deve
andare avanti, “marciare per non marcire! Verso l'obiettivo”.
Stampo il file salvato sul cellulare verso le 2 di pomeriggio e tiro
un sospiro di sollievo. Posso fare in chek-in on-line.
Ti
telefono, non mi sembri tanto contenta della notizia che abbia perso
il portafogli, sarà per cosa mi domando “soldi o altro?”. Cerco
di sdrammatizzare, ma mi ritrovo da solo a combattere con una parte
di me stesso che “non capisco” come mai non mi voglia far
partire, senza un minimo di empatia da chi è dall'altra parte della
cornetta. Un attonito “Mha..” riecheggia nel vuoto del Tartaro,
mentre il mio Marte lancia urli di guerra e di allarme.
Superate
le varie problematiche presentatesi lungo il percorso, riesco ad
arrivare a destinazione. Lì si apre l'ultimo atto, già raccontato
in altra occasione.
Tornato
dalla città delle 2 città, gli eventi prendono il loro verso ed una
profonda coltre di nebbia grigia scende. Sofferenza, depressione e
chi più ne ha e più ne metta diventano pane quotidiano, aggravato
dalla perdita del posto di lavoro.
La
sera del 2 marzo, rovisto nelle cartelle alla ricerca di indizi o
pezzi del puzzle che mi permettano di ricomporre la situazione,
dargli un senso. Sono giorni che scrivo, scatto foto, vedo film,
taglio video, faccio riprese, ascolto musica, radio, bevo tisane, mi
do delle ferree regole di sonno, modulo il caffè e cerco di tirar
dritto, prendendomi cura di me principalmente. Quella sera in una
cartella di non mi ricordo quale supporto di memoria, trovo la carta
d'imbarco. Un senso di pace e tranquillità mi pervade, come se
avessi stretto la mano in segno di pace senza obblighi esterni,
voglio festeggiare. E' come se avessi fatto pace con me stesso.
Forse
tutte queste mattonelle saltate sul mio percorso era la resistenza
del mio subconscio/marte interiore che mi tratteneva, mi fermava dal
compiere il passo. Forse avrei potuto restar a casa, forse avrei
potuto non partire, ma non è da me e questo mi avrebbe creato
problemi ancor più pesanti di quelli in cui mi sono andato a
ficcare.
Il
punto è che più le complicazioni si ampliano tra raziocinio e
subconscio, più le reazioni di quest'ultimo sono pesanti e forti. Il
primo può instaurare tutto il meccanismo logico – deduttivo che
vuole per affrontare al meglio gli eventi, ma se non fa pace con
l'inquilino del piano di sotto la vedo proprio dura.
Da
quella sera capii che dovevo prendere in mano nuovamente il badile
ed il piccone e tirar fuori il mio ragazzo dalla valanga di
cemento/ragionamento sotto cui ero andato nuovamente a seppellirlo.
Capita,
vedrò di non farlo capitare più.
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