L'angoscia
lo spingeva a frugare dovunque senza metodo e senza precisione e poi
a ritornare sui suoi passi nella convinzione di non aver cercato
abbastanza bene.. .
Manfredi
V. M. , L'oracolo, Stabilimento NSM – Cles ( TN ), giugno 1992,
Arnoldo Mondadori Editore SPA, pag 82.
Stai
per uscire. Ti fermi davanti lo zaino o la borsa e fai mente locale
su ciò che dovrai fare mentre sarai fuori. Le prime immagini si
focalizzano sul pavimento dell'attenzione, ma quasi subito le
mattonelle saltano ed altre idee si fanno strada, come spinte da una
molla molto e da troppo tempo carica.
Il
pavimento si sgretola, le idee si affollano e sei lì a dover
preparare la borsa per uscire.
Ricominci,
magari con l'ausilio di un foglio di carta per scrivere il da fare,
lasciando uno spazio tra il margine foglio ed il rigo di scrittura.
Dopo darai un ordine cronologico o topografico per quello da
sbrigare, aggiungendovi un semplice numero.
Le
idee si materializzano sul pavimento dell'attenzione. Scritte alcune
cose, il pavimento si sgretola sotto la spinta di geyser. Idee
interrotte prendono il sopravvento, trovano fessure tra gli
interstizi delle mattonelle e sputano fuori tutta la loro energia,
facendo saltare i cocci proprio lì dove prima si focalizzavano le
idee.
Ri
– provo, la lista è stata fatta a metà e forse riesco a
riprendere il lavoro interrotto. Leggo dal vetta lista, proseguo.
Aggiungo alcuni particolari non scritti ed appena sono alla fine,
iceberg di ghiaccio squarciano il calpestio. Lame appuntite emergono
dal profondo degli abissi a notevole velocità, con spinta senza
eguali e freni, puntano al pavimento della coscienza, lo urtano, lo
rompono con gran fragore, spezzando il sartiame alla base della
coscienza.
Riprendo
a leggere la lista dal vertice. Scorro sui punti, arrivo verso la
fine e la concludo con gli ultimi punti. L'elenco è finito. Torniamo
a preparare la borsa. Questo mi potrebbe servire, quell'altro pure,
cerco di immaginarmi cos'altro potrebbe servirmi, ma le idee che
hanno iniziato a scorrere sul pavimento della coscienza vengono
interrotte da un'esplosione di rabbia interiore. Una colata
piroclastica di lava lancia in aria lapilli e lava, la rabbia gratta
dalle profondità dell'abisso frustoli e brandelli di anima per poi
sputarla più alto possibile. Il filo della ragione è perso.
Cerco
gli occhiali. Cerco la custodia, ma il loro “solito” posto è
vuoto. Mi metto a cercare nell'ingresso, ma la mensola è vuota.
Torno nella stanza e ri – apro il cassetto del comodino, forse non
ho cercato bene. Ri-frugo senza gran precisione, rovistando tra la
marea di oggetti ivi depositati senza un senso o un perchè,
sedimentati nel tempo per pigrizia, con la scusa “poi gli troverò
una sistemazione”.
Non
li trovo.
Ritorno
all'ingresso nuovamente, stavolta cercherò con metodo questo guscio.
Passo in rassegna i vari oggetti allocati, concludendo che gli
occhiali lì non ci sono. L'angoscia mi dice che non ho usato
precisione nel cercarli nel cassetto. Torno sui miei passi e rovisto
magari prima sul tavolo, poi sulla libreria, ma una voce interiore mi
dice che quello non è il loro posto.
Mi
rivolgo alla memoria, ma un moncherino amputato risponde. Cerco con
angoscia nel cassetto. Prende un annebbiamento della coscienza, come
se fosse calata la bruma nella stanza, si fa strada un mal di testa
di formiche fameliche che mordono il cervello.
Spiegelman
A., Mause, Einaudi Tascabili Stile Libero .
|
Rabbia,
rabbia, rabbia e nuovamente rabbia, arriva, verso gli occhiali, verso
la custodia regalatami e non c'è più, verso la memoria che non
risponde, verso la coscienza fatta a pezzi, verso quelle emozioni
emerse con insistenza e forza dalle profondità del fiume lete per
far a pezzi quell'angolo di pace costruito per poter uscire fuori.
Rabbia verso la stessa rabbia.
Mi
fermo, tra me e me una scena di un fumetto si focalizza, Art
Spiegelman, MAUSE, “Lascia stare quel cuscino e si porti via
tutti i nostri guai!”. Ripeto tra me e me “Lascia stare
gli occhiali! Si portino via tutti i miei malanni!”.
Una risata tra me e me scorre sulle labbra. Un venticello di
leggerezza entra nella stanza della ragione da una finestra apertasi.
Prendo un cappellino e lo indosso, se ci sarà sole mi riparerò gli
occhi con questo.
Prendo
lo zaino ed esco a sbrigare le commissioni, meno male che non sono
subentrate le abitudini che incarcerano tutto e ti asfissiano.
L'immagine
appartiene al rispettivo proprietario.
Il
materiale letterario appartiene al rispettivo proprietario.
Nessun commento:
Posta un commento