giovedì 26 febbraio 2009

Mettere in gioco tutto se stesso .

E rischiare di esser accettati o respinti.

Nella partita dell'amore si decide come giocare.
C'è chi punta poco, chi punta gradualmente sempre di più parti di se, chi non punta nulla ed usa la puntata altrui, c'è invece chi punta tutto se stesso.
In quest'ultimo caso per me vuol dire giocarsela tutta, dare tutto se stesso perché poi non vengano in un secondo momento dei rimorsi, per cui la subdola domanda di sempre fa capolino e chiede: Ma se avessi fatto così? E se invece avessi fatto quello?
Il presente va vissuto sul momento, senza lasciarsi scorrere via le opportunità, senza aver prima provato a farle tue. Poi se deve andare male, che vada pure al Diavolo, vuol dire che non era la mia puntata, ma alla fine della partita posso sempre alzarmi dal tavolo e dire: Ho giocato tutto, ma proprio tutto, fino a restare in mutande, fino a sfinirmi.
Se invece la giocata vuol dire mettere in gioco tutto se stessi e alla fine rimpiangere ciò che si è fatto perché le cose sono andate male, perché si credeva che le cose sarebbero dovute andare per forza bene, perché giocando tutto l'altra persona non sarebbe potuta più andarsene, perché se giocando tutto te stesso credevi di legare per sempre chi ti stava accanto, bene, questo tipo di puntata al gioco dell'amore mi puzza tanto di amore infantile, bello quanto può esser bello, per chi se lo sente, ma spiacevole per chi lo riceve.
Se poi si sono superati i 25 anni, o comunque si è adulti, questa forma di cappio al collo dorato, può essere abbastanza fastidioso, dato che quello che cerchi è la condivisione e la cooperazione.
Cooperazione tra due persone sullo stesso piano, senza che uno sia messo sull'altarino e l'altro le veneri, o magari uno buttato nel fosso e l'altro lo controlli, uno stare assieme dove si condividano obiettivi, idee, pensieri, ambizioni, passioni ed emozioni.
Dove condividere non vuol dire omologare l'altro a te stesso o te stesso all'altro, essere se stessi, pensare ed amare con il proprio cuore, ma donarlo all'altro senza remore o doppi fini. Dove sciogliersi nell'altro pur restando se stessi, mischiarsi all'inverosimile e tornare se stessi, sentire il respiro dell'altra dentro di te fondersi con il tuo e restituirlo all'altra affinché ti assaggi. Vuol dire regalare una bella serata non perché vi è l'incubo di una scadenza da rispettare, ma perché si vuole donare se stessi all'altro quella sera, con una cena, un pensiero, della musica, dei fiori, nel fare l'amore. E tanto – tanto altro.
Per intenderci un po quello che si sente sulle note di Marvin Gaye in Sexual Healing, quel tono sensuale e confidenziale che può esservi tra due persone adulte che sanno quello che vogliono e si capiscono. Buon ascolto..


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