Quindi una situazione quale può essere la Bruma, si potrebbe descrivere come coperto di una nube grigia, ora così fitta da non farti veder nulla più lontano ad una spanna dal tuo naso, ora diradata per svelarti tutti gli orrori che essa cela.
Il paesaggio non si vede, le cose a distanza se non sono celate, assumono contorni vaghi, confusi, poco chiari. Ciò che vedi è mascherato, come se madre natura volesse stendere un velo pietoso per nascondere tutte le sue male cose, come se mettesse in guardia chi vi si avventura scoraggiandolo, per non fargli vedere cosa cela con la Bruma.
Alberi morti che ti cadono di sopra a pezzi, quasi a voler succhiarti un po’ di vita per loro, dato che tu che ti sei avventurato nella bruma ne hai così tanta, ne potresti dare un pochino anche a loro. Cosa ti costa? Cosa ti costa spartire un po’ della tua linfa vitale con loro? Loro che non ne hanno più, neanche per morire tutto di un fiato, loro che neanche i vermi vogliono mangiarne le carni perché putride e marce, loro che sono scossi dal vento. Non un mite venticello che accarezza le fronde, ma un vento gelido che ghiaccia i baccelli, che trascina e scuote i rami spogli come migliaia di dita di bimbi affamati di vita. Perché non gliene potresti dare un po’ di vita anche a loro? Cosa ti costa?
Non ci sono cespugli di rovi, con succose more da mangiare, ma prunai con irte spine. Cespugli simili a cumuli di resti di ossa. Ossa lucide, bianche, spolpate e svuotate, dei muscoli e della pelle, anche del midollo, da tanti piccoli denti affilati che le hanno rosicchiate.
La poca luce con cui vedi, difficilmente traspare tra i banchi di nebbia. Se dovesse esserci qualcuno, difficilmente lo vedresti, o se magari lo intravederesti, assumerebbe i contorni così sfumati ed alterati, da riconoscerlo non più come essere umano, ma come bestia. Animale famelico, pronto a farti male, ad aggredirti, a violentare le tue carni e l’animo, per cui appena lo intravedi, spinto da questa paura di violazione scappi a gambe levate e continui ad essere sempre più solo.
Nel crepuscolo ti senti solo, sei solo, attanagliato tra gli oggetti confusi e la nebbia che assedia anche il tuo corpo. Non vedi bene neanche più le tue mani, un velo si stende sopra esse, le senti perché ne hai la percezione, ma non riesci a distinguerne neanche i contorni delle dita, sembra che ti sia trasformato in un mostro dalle pinne deformi al posto delle mani. Il cuore si fa piccino, quasi la nebbia lo soffocasse e vorrebbe soffocare te.
Non c’è più il sole ad orientarti, o stelle ad indicarti, nella Bruma non puoi guardare il cielo per rincuorarti con gli astri qual che essi siano: le stelle, la luna, o peggio ancora sole o altri pianeti qualunque esso sia, nella volta celeste sono scomparsi. Non vedi più il soffitto dell’universo, non lo scorgi perché c’è la bruma che copre tutto il resto.
La bruma è una valle desolata, dove non c’è altra anima viva se non tu, dove le parole altrui rimbombano per la pianura vuota, più che parole sono urla di dolore, di strazio interiore che si portano appresso nella bruma, e queste urla rimbombano sui sassi spogli che spuntano dall’erba.
Nella Bruma non ci sono fiori a rallegrarti, c’è un verde scuro, quasi grigio che fonde le foglie alla nebbia, in una trama che opprime la vista che non riesce più a discriminare le cose. Non ci sono piante commestibili, ma alberi spogli, senza foglie, scarni di vita e con solo i loro tronchi gnudi quasi a voler spuntare, squarciare la trama della nebbia e spuntarti davanti come le ossa sembrano sbucare dal ventre vuoto di una anoressica.
Un luogo dove c’è freddo, non capisci più che tipo di freddo ci sia, perché il freddo di fuori ed il freddo interiore, si sommano, si uniscono, si fondono in un gelo che ti attanaglia il cuore in una morsa di ghiaccio.
Senti freddo, freddo interno e freddo esterno, la nebbia ti cela il sole, e se il non sentirlo con la pelle ti toglie quel minimo di tepore, il non vederlo ti toglie quel minimo di speranza che almeno può donarti, rimanendo così in uno stato di torpore dove non sai cosa fare, pensare ed andare, ti resta solo che vagare, blaterare tra te e te per cercare di rincuorarti, ma le tue urla vagano per la distesa e ti vengono restituite dalla bruma come altre urla strazianti, ma il peggio è che questa voce ti è familiare.
Cosa puoi fare se non vagare? Vagare senza meta, fintantoché per la troppa stanchezza alle gambe, i piedi doloranti, ed il mal di testa ti siedi su di un nudo sasso. Ma ben presto ti coglie il freddo ed allora vorresti rialzarti per rimetterti a camminare ed uscire, ma non ce la fai, sei stanco, hai mal di testa. Allora cosa fai? Ti rannicchi in un angolino sopra il sasso, ti chiudi come un bimbo nel grembo della mamma, per raccogliere un minimo di calore. Ma qui calore non ce ne è! Qui non è un grembo, è un masso! E tra il freddo che ti scompone ed i pensieri che ti abbandonano, da che sopra il masso, ti trasformi tu in un sasso. Trattieni la testa tra le mani, sperando che venga un miglior domani, ma il giorno nuovo non fa capolino nella Bruma e tu muori facendoti piccolino.
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