venerdì 14 febbraio 2014

Infisso dalle frecce


300: Pioggia di frecce .

 
Ho difficoltà, ad esprimere emozioni, sensazioni, il mio Io. La mente è affollata da cose, pensieri, idee, problemi, sfiducia e discussioni. Cicatrici su cicatrici mentali affollano la coscienza. Toccarle mi da una scarica di sofferenza interiore che si tramuta in lacrime nere, che svuotano e non liberano.
Da 3 mesi piango ogni giorno o quasi, anche più di una volta al dì. Ho una montagna di merda interiore da spalare e non ci riesco a toglierla tutta. Il blog da una mano, la lettura di “cinquanta sfumature..” mi permette di trovar spunti di coagulazione dei pensieri su concetti altrui espressi, ma non basta.
Ho bisogno di scrivere, parlare, confrontarmi, ascoltar musica, dir la mia. Ieri parlare con Stefano mi ha dato una mano. Poter chiacchierare delle proprie cose personali con un coetaneo della propria terra, con cui si condivide molto, aiuta e molto.
Ma quello che da ai nervi sono le continue scariche di dolore interiore provate. Mi sento come il San Bastiano legato ad un albero per il martirio. Frecce nere, appuntite e taglienti infisse nelle membra, tronco, costato, braccia e gambe.
Provo a muovermi, verso una persona, una ragazza, una situazione difficile, un esame. Ad unisono i dardi come antenne iniziano a vibrare e dolermi. Il dolore interiore spacca, rompe, ammacca, accartoccia.
Devo fare uno sforzo sovrumano per trovare la forza di piegare un braccio apparentemente libero e dirigerlo verso la freccia che duole maggiormente. L'afferro, altro dolore si sprigiona, comincio a tirarla.
Uno sbocco di sangue nero esce dalla bocca e lacrimo sangue che riga il volto. Uno sbuffo di dolore esce dalla bocca e lascio la presa.
Resto tramortito, fino a quando riprendo i sensi. A quel punto ricomincia la via crucis. Allungo la mano libera verso la freccia, l'afferro tra dolori. Fili di sangue iniziano a lacrimare dal punto di infissione. Il nodo a rete, grigio ed impolverato che serra la gola, stringe la voce. Stringo i denti, punto le dita dei piedi per terra, mi faccio forza trattenendo il respiro in un'apnea/agonia. Dagli spazi interdentali un soffio profondo e gutturale sputa fuori bava e sangue. Rivoli rossi scorrono giù dalle rime labiali. Un tremitio scuote il corpo, lo sbuffo scioglie il nodo, le labbra si schiudono, mentre la testa della freccia scorre via dalle carni.
Un sibilo prima tenue e poi via – via più intenso trova spazio in gola. Il sibilo diviene urlo, l'urlo squarcia il silenzio. L'urlo diventa un grido di dolore che gratta le corde vocali ma decresce non appena la punta infissa nelle carni esce.
La porto a gli occhi. Una goccia di liquido rosso cupo coagula sulla punta. Gocciola per terra. Mi guardo attorno inebetito. Non trovo nessuno, figuriamoci Te. L'amica rabbia mi solletica il volto, scaglio il dardo il più lontano possibile. Capisco che è una cattiva amica di viaggio e non cedo alle sue lusinghe di compagnia. Mi ricompongo per pochi secondi ed inebetito guardo il resto delle code di piume nere che tappezzano l'animo e quante ancora ne dovrò estirpare.
Una domanda mi torna a mantra: Perchè mi sono fatto del male? La risposta non arriva ancora, forse un giorno. Intanto mi riposo, per poi riprendere con le restanti. Amorevolmente mi sono state scagliate contro da una Forsennata, subito dopo essersi fatta a pezzi con la lama de “Il fallimento” ed ebbra dell'odor di sangue, ti sei scagliata con chi avevi accanto.

Il materiale audio-video appartiene al rispettivo proprietario.

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