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Pioggia di frecce .
Ho difficoltà, ad
esprimere emozioni, sensazioni, il mio Io. La mente è affollata da
cose, pensieri, idee, problemi, sfiducia e discussioni. Cicatrici su
cicatrici mentali affollano la coscienza. Toccarle mi da una scarica
di sofferenza interiore che si tramuta in lacrime nere, che svuotano
e non liberano.
Da 3 mesi piango
ogni giorno o quasi, anche più di una volta al dì. Ho una montagna
di merda interiore da spalare e non ci riesco a toglierla tutta. Il
blog da una mano, la lettura di “cinquanta sfumature..” mi
permette di trovar spunti di coagulazione dei pensieri su concetti
altrui espressi, ma non basta.
Ho bisogno di
scrivere, parlare, confrontarmi, ascoltar musica, dir la mia. Ieri
parlare con Stefano mi ha dato una mano. Poter chiacchierare delle
proprie cose personali con un coetaneo della propria terra, con cui
si condivide molto, aiuta e molto.
Ma quello che da ai
nervi sono le continue scariche di dolore interiore provate. Mi sento
come il San Bastiano legato ad un albero per il martirio. Frecce
nere, appuntite e taglienti infisse nelle membra, tronco, costato,
braccia e gambe.
Provo a muovermi,
verso una persona, una ragazza, una situazione difficile, un esame.
Ad unisono i dardi come antenne iniziano a vibrare e dolermi. Il
dolore interiore spacca, rompe, ammacca, accartoccia.
Devo fare uno sforzo
sovrumano per trovare la forza di piegare un braccio apparentemente
libero e dirigerlo verso la freccia che duole maggiormente.
L'afferro, altro dolore si sprigiona, comincio a tirarla.
Uno sbocco di sangue
nero esce dalla bocca e lacrimo sangue che riga il volto. Uno
sbuffo di dolore esce dalla bocca e lascio la presa.
Resto tramortito,
fino a quando riprendo i sensi. A quel punto ricomincia la via
crucis. Allungo la mano libera verso la freccia, l'afferro tra
dolori. Fili di sangue iniziano a lacrimare dal punto di infissione.
Il nodo a rete, grigio ed impolverato che serra la gola, stringe la
voce. Stringo i denti, punto le dita dei piedi per terra, mi faccio
forza trattenendo il respiro in un'apnea/agonia. Dagli spazi
interdentali un soffio profondo e gutturale sputa fuori bava e
sangue. Rivoli rossi scorrono giù dalle rime labiali. Un tremitio
scuote il corpo, lo sbuffo scioglie il nodo, le labbra si schiudono,
mentre la testa della freccia scorre via dalle carni.
Un sibilo prima
tenue e poi via – via più intenso trova spazio in gola. Il sibilo
diviene urlo, l'urlo squarcia il silenzio. L'urlo diventa un grido di
dolore che gratta le corde vocali ma decresce non appena la punta
infissa nelle carni esce.
La porto a gli
occhi. Una goccia di liquido rosso cupo coagula sulla punta.
Gocciola per terra. Mi guardo attorno inebetito. Non trovo nessuno,
figuriamoci Te. L'amica rabbia mi solletica il volto, scaglio il
dardo il più lontano possibile. Capisco che è una cattiva amica di
viaggio e non cedo alle sue lusinghe di compagnia. Mi ricompongo per
pochi secondi ed inebetito guardo il resto delle code di piume nere
che tappezzano l'animo e quante ancora ne dovrò estirpare.
Una domanda mi torna
a mantra: Perchè mi sono fatto del male? La risposta non arriva
ancora, forse un giorno. Intanto mi riposo, per poi riprendere con le
restanti. Amorevolmente mi sono state scagliate contro da una
Forsennata, subito dopo essersi fatta a pezzi con la lama de “Il
fallimento” ed ebbra dell'odor di sangue, ti sei scagliata con chi
avevi accanto.
Il materiale
audio-video appartiene al rispettivo proprietario.
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