Non ha numero ed orario, ma è puntuale. |
Notte.
Ruote di metallo stridono su binari, scintille rosso fuoco tagliano
l’oscurità. Lo sferragliamento annuncia l’intercedere lesto di
vagoni trainati da una motrice attempata.
Seduta
su una panchina di marmo, una ragazza attende dondolando le fragili
gambe. Le fanno compagnia una piccola borsa contenente i quattro
stracci di sentimenti rubati a casa, stipati alla rinfusa, ed un
uomo.
Lui
parla, cerca di dissuaderla, forse dalla partenza o da altro. Chi
ascolta ha il volto incorruttibile, fa finta di ascoltare mentre
dentro tutti i contatti con il mondo esterno sono chiusi ormai da
tempo .
Silenzio.
Lui sembra aver capito di non esser ascoltato. Un ultimo sforzo, le
dichiara ciò che prova per Lei, ma invano. La scelta è stata presa
già da prima, ma solo ora viene comunicata a chi le sta accanto.
Nonostante tutto non ne verrà distolta .
Lo
stridere dei freni preannuncia una folata di vento. L’aria puzza di
freno bruciato, di vecchio, di rancido, di cose andate a male e
malamente conservate in un armadio intriso di naftalina.
Davanti
alla panchina si ferma un vagone. Ombre al suo interno si muovono,
armeggiano dietro i finestrini. Le luci della stazione tremolano.
Aumentano di intensità per poi spegnersi, restando accesi i punti
luce di emergenza. Le ombre si allungano, si gonfiano, gli oggetti
diventano sagome.
Lo
sportello si apre vomitando una scaletta nascosta nelle viscere di
acciaio. Una sagoma scura scende lentamente, un passo ed un tonfo, un
piede ed un rimbombo. Ha il volto inghiottito da un grosso cappotto
dal colletto quasi sfiorante il berretto rigido in testa, l’occhio
di chi è sulla banchina non può non cadere sull’alta calotta del
copricapo. Le mani sono incorniciate da pesanti polsini. Puzza di
rancido, non lavato. Una mano scheletrica tiene una punzonatrice,
schioccata ad un ritmo lento e malinconico.
Si
volta verso la coppia sulla banchina ed una voce cavernosa fuoriesce
da quella che forse è una bocca:
-
Treno! Treno per il passato! Biglietti prego o la moneta per essere
traghettati.
La
ragazza solleva il sacchetto e senza voltarsi scivola dal marmo.
Punta al controllore. Cerca qualcosa nella borsa: o il titolo di
viaggio, o la moneta. Trovato il soldo, lo afferra per mostrarlo
fiera. Un ghigno ferino dall’altra parte è la conferma che
basterà. Impugnata la moneta con mani scarne, esce dell’altro
dall’antro :
-
La moneta coprirà il viaggio. Prego Signora, salga in vettura.
L’aiuto, Io. Carrozza “Ricordi”, scompartimento “Passato”,
posto “Ragione solo lei”.
Senza
troppe smancerie spalancato il portello della vettura, le sagome
all’interno si agitano.
La
moneta per l’acquisto scivola in una tasca polverosa dell’uniforme,
mentre un biglietto viene afferrato da una risma macchiata e logora.
La
punzonatrice stavolta emette scatti pieni, come di fera che rompe
ossa. Il biglietto è stato staccato, l’ultimo piede scompare
dentro la carrozza e la voce del capotreno echeggia:
-
In carrozza signori. Partiamo per fare la guerra in un un posto in
cui non serve !
Si
volta verso l’accompagnatore che ha seguito tutta la scena. Due
fessure di un nero differente fissano l’ospite. Con un tono poco
rassicurante lo apostrofa:
-
E Lei? Non vuol salire in vettura?
Un
secco “No”, senza aggiunte è la risposta.
Con
fare felino il controllore salta in vettura, sventola in direzione
della locomotiva uno straccio ridotto a brandelli di fu color rosso.
E’ il Vai per il macchinista. Un forte fischio preannuncia la
partenza. Le ruote in motrice scivolano sui binari un paio di volte e
lentamente il convoglio si muove.
L’ospite
guarda attonito verso i vetri sporchi. Cerca di vedervi attraverso.
Tra le ombre vede una sagoma, assomiglia a Lei. Persa chissà dove,
ma decisa a non voltarsi e non salutarlo.
Il
treno fischia e prende velocità. Una lanterna rossa dondolante in
coda, è l’ultima cosa vista prima che la notte inghiotta il
convoglio, Lui resta solo sulla pensilina.
Tornata
la luce è come se nulla fosse accaduto.
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