mercoledì 10 maggio 2017

Il Treno per il passato .


 
Non ha numero ed orario, ma è puntuale.
Notte. Ruote di metallo stridono su binari, scintille rosso fuoco tagliano l’oscurità. Lo sferragliamento annuncia l’intercedere lesto di vagoni trainati da una motrice attempata.
Seduta su una panchina di marmo, una ragazza attende dondolando le fragili gambe. Le fanno compagnia una piccola borsa contenente i quattro stracci di sentimenti rubati a casa, stipati alla rinfusa, ed un uomo.
Lui parla, cerca di dissuaderla, forse dalla partenza o da altro. Chi ascolta ha il volto incorruttibile, fa finta di ascoltare mentre dentro tutti i contatti con il mondo esterno sono chiusi ormai da tempo .
Silenzio. Lui sembra aver capito di non esser ascoltato. Un ultimo sforzo, le dichiara ciò che prova per Lei, ma invano. La scelta è stata presa già da prima, ma solo ora viene comunicata a chi le sta accanto. Nonostante tutto non ne verrà distolta .
Lo stridere dei freni preannuncia una folata di vento. L’aria puzza di freno bruciato, di vecchio, di rancido, di cose andate a male e malamente conservate in un armadio intriso di naftalina.
Davanti alla panchina si ferma un vagone. Ombre al suo interno si muovono, armeggiano dietro i finestrini. Le luci della stazione tremolano. Aumentano di intensità per poi spegnersi, restando accesi i punti luce di emergenza. Le ombre si allungano, si gonfiano, gli oggetti diventano sagome.
Lo sportello si apre vomitando una scaletta nascosta nelle viscere di acciaio. Una sagoma scura scende lentamente, un passo ed un tonfo, un piede ed un rimbombo. Ha il volto inghiottito da un grosso cappotto dal colletto quasi sfiorante il berretto rigido in testa, l’occhio di chi è sulla banchina non può non cadere sull’alta calotta del copricapo. Le mani sono incorniciate da pesanti polsini. Puzza di rancido, non lavato. Una mano scheletrica tiene una punzonatrice, schioccata ad un ritmo lento e malinconico.
Si volta verso la coppia sulla banchina ed una voce cavernosa fuoriesce da quella che forse è una bocca:
- Treno! Treno per il passato! Biglietti prego o la moneta per essere traghettati.

La ragazza solleva il sacchetto e senza voltarsi scivola dal marmo. Punta al controllore. Cerca qualcosa nella borsa: o il titolo di viaggio, o la moneta. Trovato il soldo, lo afferra per mostrarlo fiera. Un ghigno ferino dall’altra parte è la conferma che basterà. Impugnata la moneta con mani scarne, esce dell’altro dall’antro :
- La moneta coprirà il viaggio. Prego Signora, salga in vettura. L’aiuto, Io. Carrozza “Ricordi”, scompartimento “Passato”, posto “Ragione solo lei”.
Senza troppe smancerie spalancato il portello della vettura, le sagome all’interno si agitano.
La moneta per l’acquisto scivola in una tasca polverosa dell’uniforme, mentre un biglietto viene afferrato da una risma macchiata e logora.
La punzonatrice stavolta emette scatti pieni, come di fera che rompe ossa. Il biglietto è stato staccato, l’ultimo piede scompare dentro la carrozza e la voce del capotreno echeggia:
- In carrozza signori. Partiamo per fare la guerra in un un posto in cui non serve !
Si volta verso l’accompagnatore che ha seguito tutta la scena. Due fessure di un nero differente fissano l’ospite. Con un tono poco rassicurante lo apostrofa:
- E Lei? Non vuol salire in vettura?
Un secco “No”, senza aggiunte è la risposta.
Con fare felino il controllore salta in vettura, sventola in direzione della locomotiva uno straccio ridotto a brandelli di fu color rosso. E’ il Vai per il macchinista. Un forte fischio preannuncia la partenza. Le ruote in motrice scivolano sui binari un paio di volte e lentamente il convoglio si muove.
L’ospite guarda attonito verso i vetri sporchi. Cerca di vedervi attraverso. Tra le ombre vede una sagoma, assomiglia a Lei. Persa chissà dove, ma decisa a non voltarsi e non salutarlo.
Il treno fischia e prende velocità. Una lanterna rossa dondolante in coda, è l’ultima cosa vista prima che la notte inghiotta il convoglio, Lui resta solo sulla pensilina.
Tornata la luce è come se nulla fosse accaduto.

Nessun commento: