È una prerogativa di alcuni conoscenti, con cui si apre un discorso, di finir col parlare di fumo. Voglio dire che se all’interlocutore domandi o dici una cosa in modo chiaro, o non hai risposta o se ce l’hai, la risposta assume contorni velati, le idee / cose da fare, comprare, decidere, progettare sono sfumate, mal delineate, confuse, generiche, al punto tale da non capirci più un cazzo di cosa si sta dicendo.
L’abitudine viene praticata su argomenti di convenienza, dove magari si è scoperti, vedi ad esempio progetti, mezzi di trasporto, spese, ambiti personali, storie, esperienze ed impegni soprattutto. Trattando tali argomenti accade che l’interlocutore lascia la chiarezza che magari lo distingueva fino a poco prima nel trattare le cose, ripiegando sullo sproloquio, cioè discorso prolisso, inconcludente, confuso e pronunciato con enfasi.
Se per esempio si dovesse piantare un chiodo, sul da fare finiscono argomenti che non ci stanno nulla, vedi i legami, il modo di intendere le cose, vecchi e lontani argomenti con rancori non assopiti, politica, cultura, società e mentre ci siamo mettiamoci pure le organizzazioni. Alla fine sei nel bel mezzo del discorso nebbioso, così rincoglionito che non solo non pianti il chiodo, ma ti dai pure una martellata sulle dita nel cercare di piantarlo.
Sarà una prerogativa del posto dove nascono le persone, magari gente nata nella nebbia. L’unica nebbia che abbia mai visto è stata nel Mugello e di certo non è che sia molto bella o interessante a vedersi, dato che non ti fa vedere bene le cose e rischi di farti male ( prendi un palo ). Fermo restando che anche noi siciliani ( abituati al sole 365 giorni l’anno ), facciamo discorsi nebbiosi, o meglio “oscuri”, ma questo sarà argomento di un altro post.
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