I momenti più salienti dell'avventura .
Domenica 01 Marzo, per la meteorologia inizia la primavera ed io non ho proprio voglia di starmene a casa a rincoglionirmi.
Spolvero un paio di buoni propositi fatti per il 2009, ricordandomi di gustarmi il territorio dei Peloritani. L'idea in altre occasioni accarezzata di prendere il vespone e farmi un giro sui monti prende consistenza dentro di me. Scambio 4 chiacchiere con mio padre e detto fatto: l'obiettivo Colle San Rizzo è tracciato. Finisco di pranzare e preparato l'occorrente nello zaino delle avventure, salgo a cavalcioni sul vespone e parto.
La strada si apre sotto ai piedi, insieme ad una serie di cose che vorrei fare, luoghi da visitare, persone da contattare, posti da scoprire. E' come un'esplosione di cose da voler fare, ma scendo a patti con me stesso e cerco di puntare all'obiettivo, senza scordare di concedermi un piccolo strappo.
Lo strappo è per cercare di percorrere la strada accanto al mare, ma dopo un paio di tentativi andati a male, demordo e scrutato per l'ultima volta la distesa di acqua mi butto a percorre la Strada Statale 113 o anche detta “Settentrionale Sicula”.
La SS attraversa Scala Toregrotta, Venetico, Rometta ed infine Villafranca Tirrena. Prendo una deviazione e mi ritrovo già ad arrampicarmi sui Peloritani. La strada non è nelle migliori condizioni, ma qualche macchina si vede. Più salgo e meno sento quel vago senso di caldo che provavo prima a Milazzo, tanto che mi domandavo: Non è che esagero con l'abbigliamento? Manco finisco di pensarlo, che un vento pungente mi riporta alla situazione reale.
Giungo a Gesso e lo supero, il cuore si rimpicciolisce nel vedere il grado di abbandono in cui versano le frazioni di Messina, praticamente è come se si sentisse la miseria della cittadina propagarsi fin su alle frazioni, con le strade scassate, i bidoni della spazzatura ammaccati e puzzolenti, i marciapiedi in pessimo stato, le case simili a baracche in calcestruzzo ed un paesaggio spoglio.
Toccata la frazione “Locanda” la SS è interrotta per un pesante smottamento. Scendo dal vespone, procedo a piedi e supero l'ostacolo, mitico mezzo che permette di affrontare situazioni davvero difficili.
Entro nel Demanio dei Peloritani, ho come l'impressione che il posto rispecchi la solita aria Messinese precedentemente narrata. Non mi sbaglio proprio, i sacchi di plastica li trovi a bordo strada e sotto gli alberi. Faccio una foto ricordo della tappa e riprendo ad arrancare per la montagna.
Il bosco mi abbraccia con tutta la sua ombra, ma qualcosa mi delude. Sono i primi alberi incontrati: Eucaliptus macchiati qua e la da pini silvestri. Un pococ contrariato continuo per la strada.
Arrivato in località “4 strade”, il registro della montagna finalmente comincia a cambiare. Faccio una sosta da Don Minico ed il mitico panino alla disgraziata finisce in sacca a far compagnia alla mimosa, per poi avventurarmi in direzione del santuario Dinnammare.
La sensazione negativa dell'inizio lascia posto alla curiosità: pini silvestri a bordo strada, aree di picnic ben attrezzate, strade pulite e ben tenute, numerosi percorsi per bici e trekking, cartelloni ben visibili ed accuratamente compilati. In poco tempo l'impressione negativa se ne va per la sciare posto a qualcosa di piacevole.
Cerco di vedere in lontananza il Tirreno o il Mar Ionio, ma niente da fare. Una coltre di nebbia mi abbraccia e non mi fa vedere a più di un paio di metri di distanza.
Arrivo a Portella Chiarino. Vi vedo un cospicuo numero di auto parcheggiate. Cerco di capire che ci fanno, sole non ce n'è, mare non se ne vede... Poi seguendo i movimenti di una sagoma all'interno dell'abitacolo, capisco che il motivo della sosta è lo stesso motivo per cui i Milazzesi vanno a Ponente. Mi metto a ridere e riprendo la mia strada.
La nebbia si fa più fitta e qualche goccia di acqua ticchetta sul casco. Incrocio fuoristrada che da dentro ai loro abitacoli asettici mi guardano con occhi sorpresi , sorrido e mi godo l'aria carica di profumo di bosco umido.
Inizio a trovare la neve a bordo strada, faccio qualche foto e la saggio con i piedi. Non è fresca ma dura e scivolosa, vorrà dire che dovrò stare attento.
I tornati si fanno sempre più stretti, mentre la neve abbonda ai bordi. Gli alberi sono fitti e la nebbia meno penetrabile all'occhio.
Arrivo ad una curva dove uno non troppo furbo ha parcheggiato in mezzo ai piedi. Scanso il mezzo, ma finisco sulla parte innevata / ghiacciata della strada. Saggio per la prima volta nella mia vita cosa voglia dire vespone e strada innevata e capisco sulla mia pelle le parole del cugino Giovanni quando mi raccontava che il vespone è ingestibile quando il manto stradale è ghiacciato, usandolo solo in primavera inoltrata ed in estate, ma mai con il freddo. In pratica la ruota motrice posteriore mi scivola, parte il mezzo in diagonale e se non l'avessi ripreso subito, rischiavo di andare dietro al vespone nel precipizio.
Superato il momento “da brivido”, trovo le grandi antenne che si scorgono da Milazzo guardando in direzione di Messina. Accanto c'è il cartello stradale indicante il percorso per il santuario di Dinnammare.
Tutto allegro e speranzoso svolto in direzione della chiesa, ma fatti 100 metri pianto una vigorosa frenata. La strada è completamente coperta di neve ghiacciata ed il vespone non ha aderenza sul terreno. Faccio dietrofront e riprendo la via del ritorno.
Scatto foto qua e la, per avere un ricordo della bella giornata trascorsa e della piccola avventura passata. Ero partito da casa alle 15 ed ho ri-messo piede alle 19 ed un quarto. Una bella esperienza rimarrà scritta nei miei annali personali.
Spero proprio che questa bella esperienza abbia dei seguiti, anche perché il posto è bello ed io la Domenica a casa mi annoio.
Domenica 01 Marzo, per la meteorologia inizia la primavera ed io non ho proprio voglia di starmene a casa a rincoglionirmi.
Spolvero un paio di buoni propositi fatti per il 2009, ricordandomi di gustarmi il territorio dei Peloritani. L'idea in altre occasioni accarezzata di prendere il vespone e farmi un giro sui monti prende consistenza dentro di me. Scambio 4 chiacchiere con mio padre e detto fatto: l'obiettivo Colle San Rizzo è tracciato. Finisco di pranzare e preparato l'occorrente nello zaino delle avventure, salgo a cavalcioni sul vespone e parto.
La strada si apre sotto ai piedi, insieme ad una serie di cose che vorrei fare, luoghi da visitare, persone da contattare, posti da scoprire. E' come un'esplosione di cose da voler fare, ma scendo a patti con me stesso e cerco di puntare all'obiettivo, senza scordare di concedermi un piccolo strappo.
Lo strappo è per cercare di percorrere la strada accanto al mare, ma dopo un paio di tentativi andati a male, demordo e scrutato per l'ultima volta la distesa di acqua mi butto a percorre la Strada Statale 113 o anche detta “Settentrionale Sicula”.
La SS attraversa Scala Toregrotta, Venetico, Rometta ed infine Villafranca Tirrena. Prendo una deviazione e mi ritrovo già ad arrampicarmi sui Peloritani. La strada non è nelle migliori condizioni, ma qualche macchina si vede. Più salgo e meno sento quel vago senso di caldo che provavo prima a Milazzo, tanto che mi domandavo: Non è che esagero con l'abbigliamento? Manco finisco di pensarlo, che un vento pungente mi riporta alla situazione reale.
Giungo a Gesso e lo supero, il cuore si rimpicciolisce nel vedere il grado di abbandono in cui versano le frazioni di Messina, praticamente è come se si sentisse la miseria della cittadina propagarsi fin su alle frazioni, con le strade scassate, i bidoni della spazzatura ammaccati e puzzolenti, i marciapiedi in pessimo stato, le case simili a baracche in calcestruzzo ed un paesaggio spoglio.
Toccata la frazione “Locanda” la SS è interrotta per un pesante smottamento. Scendo dal vespone, procedo a piedi e supero l'ostacolo, mitico mezzo che permette di affrontare situazioni davvero difficili.
Entro nel Demanio dei Peloritani, ho come l'impressione che il posto rispecchi la solita aria Messinese precedentemente narrata. Non mi sbaglio proprio, i sacchi di plastica li trovi a bordo strada e sotto gli alberi. Faccio una foto ricordo della tappa e riprendo ad arrancare per la montagna.
Il bosco mi abbraccia con tutta la sua ombra, ma qualcosa mi delude. Sono i primi alberi incontrati: Eucaliptus macchiati qua e la da pini silvestri. Un pococ contrariato continuo per la strada.
Arrivato in località “4 strade”, il registro della montagna finalmente comincia a cambiare. Faccio una sosta da Don Minico ed il mitico panino alla disgraziata finisce in sacca a far compagnia alla mimosa, per poi avventurarmi in direzione del santuario Dinnammare.
La sensazione negativa dell'inizio lascia posto alla curiosità: pini silvestri a bordo strada, aree di picnic ben attrezzate, strade pulite e ben tenute, numerosi percorsi per bici e trekking, cartelloni ben visibili ed accuratamente compilati. In poco tempo l'impressione negativa se ne va per la sciare posto a qualcosa di piacevole.
Cerco di vedere in lontananza il Tirreno o il Mar Ionio, ma niente da fare. Una coltre di nebbia mi abbraccia e non mi fa vedere a più di un paio di metri di distanza.
Arrivo a Portella Chiarino. Vi vedo un cospicuo numero di auto parcheggiate. Cerco di capire che ci fanno, sole non ce n'è, mare non se ne vede... Poi seguendo i movimenti di una sagoma all'interno dell'abitacolo, capisco che il motivo della sosta è lo stesso motivo per cui i Milazzesi vanno a Ponente. Mi metto a ridere e riprendo la mia strada.
La nebbia si fa più fitta e qualche goccia di acqua ticchetta sul casco. Incrocio fuoristrada che da dentro ai loro abitacoli asettici mi guardano con occhi sorpresi , sorrido e mi godo l'aria carica di profumo di bosco umido.
Inizio a trovare la neve a bordo strada, faccio qualche foto e la saggio con i piedi. Non è fresca ma dura e scivolosa, vorrà dire che dovrò stare attento.
I tornati si fanno sempre più stretti, mentre la neve abbonda ai bordi. Gli alberi sono fitti e la nebbia meno penetrabile all'occhio.
Arrivo ad una curva dove uno non troppo furbo ha parcheggiato in mezzo ai piedi. Scanso il mezzo, ma finisco sulla parte innevata / ghiacciata della strada. Saggio per la prima volta nella mia vita cosa voglia dire vespone e strada innevata e capisco sulla mia pelle le parole del cugino Giovanni quando mi raccontava che il vespone è ingestibile quando il manto stradale è ghiacciato, usandolo solo in primavera inoltrata ed in estate, ma mai con il freddo. In pratica la ruota motrice posteriore mi scivola, parte il mezzo in diagonale e se non l'avessi ripreso subito, rischiavo di andare dietro al vespone nel precipizio.
Superato il momento “da brivido”, trovo le grandi antenne che si scorgono da Milazzo guardando in direzione di Messina. Accanto c'è il cartello stradale indicante il percorso per il santuario di Dinnammare.
Tutto allegro e speranzoso svolto in direzione della chiesa, ma fatti 100 metri pianto una vigorosa frenata. La strada è completamente coperta di neve ghiacciata ed il vespone non ha aderenza sul terreno. Faccio dietrofront e riprendo la via del ritorno.
Scatto foto qua e la, per avere un ricordo della bella giornata trascorsa e della piccola avventura passata. Ero partito da casa alle 15 ed ho ri-messo piede alle 19 ed un quarto. Una bella esperienza rimarrà scritta nei miei annali personali.
Spero proprio che questa bella esperienza abbia dei seguiti, anche perché il posto è bello ed io la Domenica a casa mi annoio.
Nessun commento:
Posta un commento