martedì 1 luglio 2014

Lì morì la mia giovinezza .

Una Citroen verde pistacchio sfreccia nella tangenziale, direzione aeroporto. L'autista corre un po troppo per i miei gusti e per l'incolonnamento di mezzi sul largo nastro grigio. La percezione è che abbia fretta, togliersi un pacco di sopra.
Discorsi di incolonnamenti, incidenti ed ore perse in auto si susseguonoi mentre fuori una nebbia attanaglia tutto e morde i lineamenti della campagna, ieri produttiva, oggi inerte pronta ad esser preda della cementificazione .
Un'uscita dal nastro grigio attraversa una carreggiata a tre corsie, regolata da un tenue semaforo che “gestisce” lo svincolo. Il guidatore taglia sfrecciando la carreggiata ed Io mi afferro alla maniglia dello sportello. Troppa fretta, cosa celerà? Sono troppo preso da discorsi per far breccia sul futuro, ma una cortina di nebbia impenetrabile cela le intenzioni altrui.
Parcheggiamo l'auto, l'ennesima sbuffata su “si deve pagare anche il parcheggio”. Lascio scorrere, penso tra me e me “ti offrirò un caffè”. Guadagniamo l'entrata della stazione, nuovamente questo casermone nero dai lineamenti rifugio post – nucleare anni '80 inghiotte le nostre sagome.
Andiamo al BAR, cerco di capire il volo e scopro che è già in ritardo. Lo comunico a chi mi sta accanto, ma Lei preme per farmi superare il gate ed andarsene. Non passeremo dell'altro tempo assieme. Le propongo un caffè e rifiuta, gli dico che potrebbe essere l'ultimo ed infastidita lo accetta. Dallo sconforto mi metto a parlare addirittura con dei poliziotti, tanto è l'ermetismo di chi mi sta accanto. Pure il barrista/cassiere mi sembra più propenso al dialogo.
Il caffè senza zucchero scende per la gola, ma amara è la sensazione provata in quell'aereoporto piuttosto che il caffè non zuccherato. “E' una bevanda della pace Araba”, ripeto tra me e me, ma dall'altra parte vedo una persona con il cappello calato, una sciarpa avvolta al collo, quasi a voler celare il volto.
Gli dico che ho del tempo prima di dovermi imbarcare, mi risponde che il parcheggio si paga e tra non molto scadrà. A quel punto basta, non ce la faccio più, lascio le rendini e capisco che è andata, Un bacio stampato sulle labbra strette come una saracinesca è il preludio dell'incamminamento verso i cancelli di controllo. Mi volto una prima volta e scorgo un volto tagliato da un sorriso cinico sul volto, incorniciato da cappello e sciarpa. Faccio altri metri, mi volto e non vedo più nessuno alle spalle. Arrivo al cancello, supero i controlli, guardo ancora indietro e davvero sono solo.
Come un malato all'ospedale, cerco il parcheggio dove era messa l'auto, guardando da dietro le giganti finestre a vetro. Vuoto.
Sento una parte di me morire. La mia Giovinezza affoga nella melma della pianura del Serio per una persona sbagliata.
Ciao ragazzo mio, ciao.

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